Dopo le mareggiate del 23-24 dicembre, Favazzina è uno strazio. Il mare ha travolto le sue caratteristiche e graziose spiaggette, portando via tutto. Quel che è rimasto somiglia tanto a un campo di battaglia subito dopo un bombardamento. Terra arata, rivoltata, franata. Spaccature lungo il poco di spiaggia rimasta, profonde come ferite dell’anima.
Favazzina è uno dei miei luoghi dell’infanzia. A Favazzina mio padre mi ha insegnato a nuotare, quarant’anni fa. Favazzina è stata teatro delle gare di resistenza in apnea tra bambini. A Favazzina mi sono tuffato per la prima volta dagli scogli sull’acqua limpida. Gli stessi scogli che, adolescente, ho esplorato a caccia delle patelle, da staccare con il coltello e divorare subito dopo una veloce sciacquata sulle piccole onde.
Tutte le estati degli anni 80 le ho trascorse a Favazzina, gli occhi felici e il sale sulla pelle, spruzzi e tuffi, gol e parate. Favazzina sono i miei fratelli e i miei cugini francesi, sarabanda giocosa con seguito di ombrelloni e borse frigo gigantesche con dentro frutta, panini e bibite. Favazzina è la Toyota Corolla di mio zio Carmelo, nello stereo le musicassette di Johnny Hallyday e Adriano Celentano per un mese di fila, mentre mia zia Gigì gli intima di andare piano non appena supera i 100 km/h.
Alla fine degli anni 90, Favazzina fu per me una piacevole riscoperta, fatta insieme a tanti altri amici e a tanti bambini, ospiti dell’Orfanotrofio Antoniano di Sant’Eufemia, che per tutto il mese di luglio con i volontari dell’Associazione “Agape” accompagnavamo al mare. Una colonia estiva che per un decennio abbiamo organizzato portando a Favazzina bambini di Altamura e Napoli, ma anche disabili e ragazzini di Sant’Eufemia provenienti da nuclei familiari disagiati.
Da qualche anno Favazzina mi attende a settembre, il periodo in cui preferisco andarci per lasciarmi cullare dalle onde e dal silenzio. Nella solitudine della “mia” spiaggia ho letto Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo ed è stata una doppia emozione.
Ora è tutto molto doloroso. La strada d’accesso è crollata e della stessa spiaggia non è rimasto quasi niente: una lingua ristretta di massi sputati dal mare. La furia del mare si è abbattuta anche sui miei ricordi di bambino, di adolescente, di adulto. Come se abbia portato via anche una parte di me.
Favazzina deve continuare a vivere anche per noi, suoi innamorati. Sul sito charge.org Carmen Santagati ha promosso una petizione (“Ricostruiamo Favazzina di Scilla distrutta dal maremoto”), che ho sottoscritto e che chiedo di sottoscrivere ai tanti che come me amano quest’angolo di Paradiso.