Mi divertiva quella stretta di mano particolare, come una forbice che si incastrava con un’altra forbice. Ci siamo a lungo salutati così tra ragazzini, ripetendo il tormentone che rese famoso Robin Williams (“nano-nano”) nella fortunata serie televisiva Mork & Mindy. Williams interpretava Mork, un alieno giunto dal pianeta Ork sulla terra a bordo di un’astronave a forma di uovo (“mi chiamo Mork, su un uovo vengo da Ork”, l’attacco della sigla), in un ruolo che gli consentì di fare conoscere al grande pubblico la sua straordinaria vena comica.
Una comicità travolgente: lievemente strampalata di Adrian Cronauer in Good morning, Vietnam, film che esaltò la capacità di improvvisazione di Williams;
tenera e commovente in Patch Adams: “ridere non è soltanto contagioso, ma è anche la migliore medicina”.
Fu però serissimo il ruolo che lo consegnò alla storia del cinema, quello dell’anticonformista professore John Keating in L’attimo fuggente. La pellicola che stuzzicando la mia curiosità mi avvicinò a Walt Whitman, del quale immediatamente acquistai la raccolta di poesie Foglie d’erba.
Quel film cambiò la vita di generazioni di adolescenti: tutti avevamo il diritto (e il dovere) di rendere straordinaria la nostra vita. O almeno, bisognava tentarci: anche salendo coi piedi sul banco, se necessario.
Le prime notizie riferiscono di un probabile suicidio. L’ennesima triste conferma che dentro ogni artista c’è un uomo, dentro ogni uomo un mistero.
alla fine si è avvitato troppo su personaggi legati alla sua indole, utopista e sentimentale, questo lo ha escluso dal jet set holiwooddiano….di fama si muore.
Concordo: di fama si muore