Primo Maggio

Sarebbe più onesto parlare di commemorazione, visto che c’è poco da celebrare. Non solo per il dato spaventoso dei morti sul lavoro nel 2023: 1.041, quasi tre al giorno. Mai come nel quarto articolo è evidente lo scarto tra le nobili intenzioni dei padri costituenti e l’attuazione dei principi costituzionali: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Belle parole, le più belle che potessero essere scritte. Buoni propositi che si scontrano però con la realtà.
La realtà dei circa 3 milioni di precari o dei 5 milioni di sottopagati (il 30% del totale).
La realtà di quasi 6 milioni di individui in povertà assoluta.
La realtà dei 21 punti di differenza tra il tasso di occupazione nel Nord (69,4%) e quello del Mezzogiorno (48,2%), dove il tasso di disoccupazione è circa tre volte superiore rispetto alle regioni settentrionali.
La realtà del caro affitti, che a Milano ha raggiunto l’aumento record del 19,2% nel biennio 2022-2023.
La realtà del 20% delle lavoratrici costrette a licenziarsi quando diventano madri, perché è impossibile conciliare lavoro e assistenza ai figli laddove sono scarsi i servizi di supporto, se non si può contare sul sostegno di una rete familiare.
La realtà del carovita, del calo dei risparmi e della perdita spaventosa del potere d’acquisto dei salari. Mentre i carrelli della spesa delle famiglie sono sempre più vuoti, 4,5 milioni di italiani rinunciano a curarsi, perché non ne hanno la possibilità e perché il sistema sanitario nazionale non riesce a soddisfare le richieste in tempi decenti.
La realtà di una frattura sempre più profonda tra lavoratori tutelati e lavoratori non tutelati, tra privilegiati e sfruttati.
La realtà della vittoria del capitalismo e del suo modello culturale fondato sulla società dei consumi, del suo cinismo e della sua arroganza.
La realtà della compressione progressiva di ogni spazio di sicurezza, libertà e dignità.
Alla faccia dell’articolo quattro della Costituzione.

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