Rompo il silenzio che mi sono imposto sulle vicende politiche di Sant’Eufemia per rispondere definitivamente alle tante voci che negli ultimi mesi sono circolate rispetto ad un mio impegno nelle prossime elezioni amministrative, che dovrebbero tenersi in autunno.
Non mi candiderò, come sa bene chi ha chiesto direttamente a me; né mi fa piacere essere accostato a questo o a quel gruppo. Nel momento in cui saranno presentate le liste, se saranno più di una, leggerò i nomi dei candidati e, nel segreto dell’urna, sceglierò chi a mio avviso considero capace di dare qualcosa al paese.
Ho ricevuto diverse sollecitazioni, che mi hanno lusingato, ed ho molto riflettuto. Non nego che forte è stata la tentazione di cedere all’opera di convincimento di diversi amici, sia per ricambiare il loro attestato di stima e di affetto, sia per un senso personale di rivalsa rispetto alla disavventura che ha prodotto la mia assurda carcerazione tra febbraio e settembre 2020. L’orgoglio, però, non è mai una medicina efficace contro gli acciacchi dell’anima.
La mia decisione nasce da motivi personali e di carattere generale. Sorvolo sulle ragioni personali, mentre credo possa essere utile soffermarsi su quelle che attengono ad una questione di carattere generale molto grave, fintantoché il legislatore non produrrà una riforma che a parole è invocata da tutti, mentre nei fatti risulta ancora inevasa.
Nelle aule del tribunale si sta svolgendo il processo scaturito dall’inchiesta che ha provocato lo scioglimento per mafia del comune di Sant’Eufemia, sulla base di una legge antidemocratica che eleva a parametro di valutazione il pregiudizio e il sospetto.
Per sciogliere un comune, oggi, non è necessario accertare condizionamenti, infiltrazioni, presenza della criminalità organizzata all’interno del consiglio comunale. È sufficiente che un prefetto, sulla base di informazioni, segnalazioni, risultanze investigative, ritenga possibile che ciò accada. Possibilità che, è di facile intuizione, viene considerata elevata, se non addirittura scontata, quando viene rilevata nel territorio la presenza di una cosca.
Allo stato attuale è diventato quasi impossibile fare politica nei comuni piccoli, dove tutti conoscono tutti, si incontrano più o meno volontariamente, hanno rapporti di parentela con soggetti condannati o imputati per mafia. Fare politica, soltanto per questo, potrebbe comportare l’invio di una commissione di accesso antimafia, la cui attività generalmente si conclude con lo scioglimento del comune.
Voglio essere ancora più chiaro. Non è una questione di coraggio. Non temo niente, così come niente ho temuto nei sette mesi trascorsi ingiustamente in carcere. La verità, presto o tardi, viene sempre a galla. Così è stato per me e così sarà per molti altri, ancora in carcere o liberi ma sotto processo.
Chiunque può determinarsi come meglio ritiene nelle scelte private, mettendo in conto che ciò potrebbe avere effetti negativi sul piano personale. Altra cosa, invece, sono le decisioni che comportano conseguenze non esclusivamente individuali e che potrebbero procurare un danno alla propria comunità, facendo così passare per egoismo e irresponsabilità le proprie legittime aspirazioni.
Fuori dalle istituzioni esistono d’altronde ampi spazi di intervento per contribuire alla crescita sociale e culturale del posto in cui si vive e per condurre, forse addirittura con maggiore libertà, importanti battaglie di civiltà.
«È un tempo che sfugge, niente paura/ che prima o poi ci riprende». Nessuno può sapere cosa ci riserverà il futuro. Ma ora, in questo particolare e delicato momento storico, Sant’Eufemia ha bisogno di tornare alla normalità e di recuperare, anche lei, un po’ di serenità.