Ora che i toni della campagna elettorale si sono abbassati – si fa per dire, visti gli spot a reti unificate del Cavaliere e l’asprezza del ballottaggio meneghino –, si può spendere un po’ d’inchiostro per l’appuntamento referendario del 12-13 giugno. Non prima però di avere denunciato i sotterfugi del governo per fare saltare il quorum della metà più uno degli elettori richiesto per rendere valida la consultazione. Che il governo giochi sporco lo si è capito sin da subito, dalla decisione, economicamente dannosa per le casse dello Stato, di non accorpare i referendum alle amministrative e dalla scelta dell’ultima data utile, nella speranza che gli elettori, in una domenica quasi estiva, preferiscano concedersi una gita fuori porta. D’altronde, da tempo l’elettorato si dimostra refrattario ai referendum. L’ultima volta in cui è stato raggiunto il quorum risale al 1995. Da allora, sei appuntamenti e 24 quesiti sono stati annullati, l’ultimo con il record negativo di percentuale di votanti (poco più del 23% nel 2009).
I furbetti del quorum
Il referendum che realmente interessa Berlusconi è quello promosso da Idv per cancellare la legge del 2010 sul “legittimo impedimento”, l’istituto giuridico che consente di giustificare l’assenza dell’imputato dall’aula del processo. Non occorre essere particolarmente perspicaci per intuire la logica della legge (o meglio, la “linea difensiva” del premier). Difendersi “dal” processo e non “nel” processo, utilizzando qualsiasi mezzo per sottrarsi al giudizio di un tribunale. Da una parte si allungano i tempi del processo, dall’altra si accorciano i tempi della prescrizione con ripetuti interventi legislativi, e il gioco è fatto.
L’altro quesito promosso da Idv vuole impedire la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione nucleare. Un tema caldissimo, dopo il disastro di Fukushima, per le perplessità non infondate sulla sicurezza degli impianti, sul problema dello smaltimento delle scorie radioattive, sulla valutazione del rapporto costi/benefici. Che Berlusconi ha però pensato bene di depotenziare con un ragionamento democraticamente impeccabile: poiché l’onda emotiva del momento non farebbe passare il nucleare, è meglio rimandare la questione per evitare una bocciatura definitiva. Come? Semplice. Facendo saltare il referendum con la moratoria di un anno sull’avvio del programma nucleare italiano contenuta nel decreto Omnibus, sul quale il governo ha posto la questione di fiducia. A fine mese, toccherà alla Corte di Cassazione stabilire se si dovrà votare anche sul nucleare. Se così non dovesse essere, più in là, a babbo morto, si potrebbe riprendere il discorso da dove ora è stato interrotto.
I due quesiti promossi dal comitato referendario “2 Sì per l’Acqua Bene Comune” al grido di “vogliamo l’acqua e il sole, mica la luna”, vogliono invece scongiurare la privatizzazione dell’acqua, di fatto realizzata con le norme che ne regolamentano la distribuzione. Ma l’acqua è un bene della collettività, non una merce che il gestore del servizio idrico può sfruttare come un bene privato. Anche in questo caso, il governo ha disinnescato il referendum istituendo un’Autorità di vigilanza e regolazione dell’acqua che dovrebbe rendere superfluo il referendum.
Il “massaggio” governativo ai quesiti su acqua e nucleare punta sfacciatamente a incoraggiare l’astensionismo per impedire l’abrogazione della legge sul legittimo impedimento, l’unica questione che davvero sta a cuore al premier. È però evidente che, in queste condizioni, c’è chi picchia con due mani e chi con un braccio legato dietro la schiena. Per avere una lotta ad armi pari sarebbe necessario eliminare il quorum di validità. Gli oppositori dell’abrogazione di una legge sarebbero costretti ad andare a votare e si metterebbe così fine alle furbate di chi, unendo i propri voti all’astensionismo fisiologico, ricorre al trucco per vincere la partita. Da un buon funzionamento dell’istituto referendario, la democrazia del Paese avrebbe soltanto da guadagnarci. Una ragione in più per votare sì, contro il nucleare, contro la privatizzazione dell’acqua e contro l’ennesima legge ad personam.