Due parole sul referendum

Nessuna sorpresa, né delusione: raggiungere il quorum era difficile e lo si sapeva. Ho votato, come il 32% circa degli elettori, e ho votato SÌ perché credo e spero che il futuro della politica energetica dellItalia sia nelle rinnovabili.
Rispetto lopinione di chi invece ritiene ancora prematuro o comunque non opportuno affrancarsi completamente dallutilizzo dei fossili e, coerentemente, ha votato NO.
Rispetto anche chi non è andato a votare perché è stanco di questa politica e ne ha le scatole piene; così come rispetto quelli che sono rimasti a casa perché dellavviso che tocchi alla classe dirigente di questo nostro Paese affrontare con competenza e responsabilità una materia così complessa. Comprendo le loro ragioni, che sono fondate.
Rispetto di meno chi invece ha deciso di disertare le urne esclusivamente per fare saltare il quorum, al termine di un “calcolo” politico che niente doveva avere a che fare con il contenuto del quesito referendario. Non si votava pro o contro Renzi e, per quanto mi riguarda, sono allergico ai plebisciti. Il trucchetto di unire il proprio NO con la percentuale (ahinoi sempre crescente) di astensionismo fisiologico che si registra ad ogni elezione è unazione da “furbetti del quartierino” poco dignitosa, come tutte le “furbate”.
Rispetto meno ancora i dirigenti del Partito Democratico travestiti da ultras che si sono lasciati andare a battute da bar dello sport, con espressioni offensive nei confronti di chi non ha fatto altro che esercitare un diritto costituzionalmente riconosciuto, nonché una conquista di libertà ereditata dai nostri padri e nonni.
Non si scrive mai una bella pagina di democrazia quando così poca gente va a votare. Comunque la si pensi.
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