Ha ragione chi ha commentato lo scatto rubato al gioco di due bambini speciali – uno affetto da una grave patologia, l’altro extracomunitario – con la considerazione che loro sì avrebbero tutti i titoli per tenere un corso di studi o una conferenza sui temi dell’integrazione e della lotta a ogni tipo di discriminazione. E viene da riflettere sulle responsabilità della società degli adulti nell’opera quotidiana di corruzione di uno stato di natura che è fatto di tolleranza, non di violenza dell’uomo contro l’uomo.
Per questo e per tanti altri motivi non è retorico ribadire che chi fa volontariato il dono lo riceve, non lo dà. Perché i maestri migliori sono quelli che ignorano di esserlo eppure riescono a insegnare l’autenticità della vita con un sorriso, un abbraccio, una carezza. A ricordarci quanto sia penoso affannarsi in inutili complicazioni quando è tutto così semplice, quasi come fare una torta di sabbia e provare emozione per un “capolavoro” che le onde del mare presto porteranno via.
La colonia estiva dell’Agape di Sant’Eufemia viaggia verso i venti anni. Alcuni volontari non ne hanno saltata neanche una, altri si sono aggiunti estate dopo estate, in un ricambio generazionale sempre più sofferto che quest’anno ha però registrato il segno positivo, grazie alla partecipazione di due nuove ragazze che hanno fatto la differenza e sulle quali l’associazione spera di fare affidamento nelle prossime edizioni, insieme a chi all’ultimo minuto ha dovuto a malincuore rinunciare e ad altri che vorranno unirsi a un gruppo affiatato, composto anche da quelli che ormai si portano dietro i figli. Bravissimi.
Anche tra i “ragazzi” in ciambelle e braccioli (dieci, di età compresa tra 6 e 63 anni) ci sono state novità. Segno che occorre continuare a tendere l’orecchio e ad osservare la comunità con occhi attenti, sentinelle dell’emarginazione, della solitudine, dell’indifferenza.
Il desiderio del mondo del volontariato è scomparire, perché ciò significherebbe che le istituzioni riescono a garantire i diritti di tutti e a soddisfare i bisogni delle categorie sociali più deboli. Purtroppo così non è, proprio per questo l’azione di supplenza del welfare sviluppata dalle associazioni rappresenta un patrimonio – non solo di umanità – prezioso e provvidenziale.
Chi ha preso parte alla colonia avrà frammenti di felicità da custodire nel segreto della propria anima: canzoni e giochi di parole, una mano che ne sostiene un’altra per girare la stecca del calciobalilla, il coro “oh-issa” per le uscite dall’acqua più impegnative, la corsa di una ragazza ebbra di gioia per salutare il pulmino dopo il ritorno a casa. Gesti semplici perché l’amore è così: semplice. Ma anche quel magone finale, da spingere e tenere giù a forza, di fronte alle domande senza risposta sul dolore degli uomini, sulle ragioni insondabili della crudele lotteria che condanna o salva lo stesso innocente.