Soddisfazioni. Per esempio, sentirsi degnamente rappresentati. Nel consiglio regionale, al Parlamento italiano, a quello europeo. Perché i nostri politici sanno sempre distinguersi. Hai voglia a pensare che, in fondo, gli altri ci sopportano a stento, con la tipica puzza sotto il naso di chi avverte un evidente senso di superiorità per quattro “straccioni” che contano quanto il due di coppe quando cade a bastoni.
E invece no. Arriva Gino Trematerra e riscatta un’intera classe politica. Di più. Un’intera regione.
Fresco incoronato “assenteista d’oro” (solo il 35% di presenze alle sedute del Parlamento europeo, secondo la classifica pubblicata da Andrea D’Ambra), l’europarlamentare dell’Udc si è trovato suo malgrado coinvolto nell’edificante vicenda che ha visto protagonista il collega Raffaele Baldessarre (Pdl), beccato con le mani dentro il vasetto della marmellata da un giornalista “ienista” di una televisione olandese.
Baldessarre stava “soltanto” certificando la propria presenza ai lavori del Parlamento, alle 18.30 (!), in modo da poter riscuotere i 300 euro di diaria che altrimenti non gli sarebbero stati corrisposti.
Non sia mai.
Nella baruffa che ne è seguita (“I don’t understand” e “non capisco”, l’arrogante arrampicata sugli specchi di Baldassarre), con tanto di tentativo di aggressione al giornalista, il “calmi, calmi” di Trematerra ci ha rassicurati. Davvero.
I nostri politici sanno sempre da che parte stare. Scopelliti difende a spada tratta uno condannato per reati che dovrebbero fare cadere la faccia. L’ex ministro Fabrizio Barca scaglia un siluro contro il Pd regionale, commissariato da tempo immemorabile e in mano a pochi “capibastone”. Sel (la vicenda della federazione provinciale reggina è emblematica) non ha dubbi nello scegliere vecchi arnesi e vecchi metodi, spingendo fuori dal partito, di fatto, una nuova classe politica ancorata ai bisogni del territorio e proiettata nel futuro. Tutto il resto è noia.
La giustizia secondo Gelmini
Maria Stella Gelmini, in riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto il legittimo impedimento chiesto dai difensori di Berlusconi nel processo Mediaset, ha pavloviamente dichiarato: “La giustizia va amministrata in nome del popolo, non contro il popolo o per correggere il popolo”.
L’illuminata dichiarazione è stata quindi integrata da un pippone sulla gravità di una decisione che mina il principio costituzionale della separazione dei poteri: la consueta solfa sulla magistratura che interviene a gamba tesa per sovvertire il risultato delle elezioni e della volontà popolare.
Due considerazioni.
La prima. Come si dice dalle nostre parti, “non ci vuole la zingara” (né, tanto meno, una sentenza della Corte Costituzionale) per capire che per Berlusconi, da 20 anni, l’impegno prioritario è la ricerca di un modo per sfuggire alla giustizia, processando a sua volta i processi o facendoli processare dai suoi giornali e dalle sue televisioni: il “metodo Boffo” sulle pagine del quotidiano di famiglia, La guerra dei venti anni in prima serata sulla rete ammiraglia dei canali Mediaset o l’intervista di Alfonso Signorini alla “nipote di Mubarak” nel programma Kalispera andrebbero studiati in tutte le scuole di giornalismo, come esempio negativo su cosa “non fare” se si vuole essere un buon giornalista e non un killer al soldo del proprio datore di lavoro.
Un’attività dispendiosa sotto ogni profilo, che ha coinvolto i ministri fatti accomodare, di volta in volta, sulla poltrona più scottante di via Arenula e gli onorevoli “nominati” nei due rami del Parlamento. Spesso con esiti apprezzabili per il Cavaliere, come testimoniano le leggi ad personam che hanno determinato la depenalizzazione o la prescrizione di qualche reato.
Seconda osservazione. Trovo semplicemente aberrante l’idea – ancor più perché espressa da una parlamentare ex ministro della Repubblica – che consenso possa essere sinonimo di impunità. Utilizzare il voto come una clava è uno sport molto praticato dalle parti di via dell’Umiltà, dove non si perde occasione per sostenere l’argomento specioso che gli “italiani vogliono Berlusconi”, al di là del merito dei suoi guai giudiziari: in fondo – si argomenta – “i problemi sono altri”; e poi, contro il voto popolare non c’è sentenza di tribunale che tenga.
La stagione politica di Berlusconi volge al tramonto. Su questo si è abbastanza concordi anche nel centrodestra. Il guaio sarà smaltire le tossine di venti anni di berlusconismo.
La Consulta comunale si tinge di rosa
La Consulta comunale diventa realtà. Dopo la votazione per il direttivo, l’importante organismo voluto dall’amministrazione Creazzo si è dotato degli strumenti necessari per avviare le proprie attività, sintetizzate nel manifesto che – circa un mese fa – invitava la cittadinanza a presentare la domanda di adesione: “favorire il raccordo e lo scambio di idee tra la cittadinanza e l’amministrazione comunale […] diffondere informazioni, promuovere lo sviluppo culturale, contribuire all’educazione democratica ed alla formazione intellettuale e civile, garantire il pluralismo, coadiuvare l’attuazione di tutte quelle iniziative idonee a migliorare le condizioni di vita delle varie categorie di cittadini, incrementare e diffondere lo studio e la conoscenza della storia, delle tradizioni locali e dei valori e dei principi sanciti dalla Costituzione Repubblicana”.
Quasi un plebiscito ha sancito l’elezione a presidente di Enzo Fedele (30 anni), consulente del lavoro con alle spalle un’esperienza già ultradecennale nel mondo dell’associazionismo locale (Associazione di volontariato cristiano “Agape” e Associazione “Terzo Millennio”). Al suo fianco, la vicepresidente Rossella Morabito (33), dottoressa in lettere spesso protagonista di interessanti eventi culturali, e Angela Gioffré (36), impiegata Inail con una lunga militanza nell’associazione culturale “Sant’Ambrogio”.
La Consulta dovrebbe fungere da camera di compensazione tra politica e società civile, una sorta di cinghia di trasmissione che permetta alle istanze della comunità di pervenire al livello politico tramite un modus operandi partecipato, trasparente e democratico. Al direttivo, in particolare, il compito e la responsabilità di realizzare ciò che sulla carta rappresenta un segnale di novità, certamente positivo perché presuppone il coinvolgimento di quanti sono disposti a mettere al servizio della collettività il proprio bagaglio di esperienza e passione per la cura del bene pubblico.
L’età media del direttivo, composto in prevalenza da donne (sei su otto), è di circa 37 anni: la più giovane è la studentessa Maria Grazia Orlando (18), che ha ottenuto il maggiore numero di preferenze; il più “anziano” Salvatore Coletta (50), impiegato presso il centro semiresidenziale di riabilitazione di Sant’Eufemia. Gli altri componenti del direttivo sono: Maria Iero (43), insegnante con la passione per le tradizioni popolari; Tita Violi (48), figura di riferimento storica per il mondo del laicato parrocchiale; Mimma Rugari (37), componente del direttivo dell’associazione “Terzo Millennio” e rappresentante dei genitori nel consiglio dell’Istituto comprensivo statale “Don Bosco”.
Di seguito, il resoconto del breve colloquio che abbiamo avuto con il presidente Enzo Fedele.
Quali sono le tue prime impressioni da presidente della Consulta?
Bisogna partire da lontano. Come idea, la Consulta nasce più di un anno fa, con la stesura del programma della lista “LeAli al paese” che poi trionfò alle elezioni comunali. Da lì in avanti è stato un percorso a tappe, con la redazione del regolamento e la sua approvazione in consiglio comunale. Fino ad arrivare ad oggi, con l’elezione degli organi che andranno a comporla. Le votazioni hanno rappresentato un momento di partecipazione attiva e di sana democrazia per la nostra comunità. Subito dopo, il mio primo pensiero è andato alle persone che mi hanno eletto e con le quali dovrò lavorare: amici di vecchia data, con i quali ho già condiviso parte del mio percorso di vita, e nuovi amici che ancora non conosco a fondo: la circostanza di ritrovarci tutti qua sta però a significare che abbiamo principi e valori comuni, e questo è un buon punto di partenza.
Qual è la tua idea di Consulta?
Penso alla Consulta come ad un cantiere, un laboratorio di idee che produca progetti da affidare all’amministrazione comunale. Sant’Eufemia ha bisogno di spazi di bellezza, di luoghi di incontri che favoriscano il dialogo e la partecipazione di tutti alla “vita” del paese: sono questi gli indicatori della crescita civile e culturale di una comunità.
Cosa ci dici a proposito della squadra che lavorerà al tuo fianco?
Come avrai notato, è una squadra a “trazione rosa”. Puntiamo molto sull’energia delle donne, a partire dalla giovanissima Maria Grazia Orlando (alla quale facciamo un grosso in bocca al lupo per gli esami di maturità che si appresta a sostenere), che avrà il compito di coinvolgere i giovani del nostro comune. Tita Violi curerà prevalentemente i rapporti con le aziende che insistono sul nostro territorio; Maria Iero si occuperà del tema a lei congeniale del recupero storico e culturale delle nostre tradizioni; Mimma Rugari di pari opportunità e di integrazione con gli stranieri, molti dei quali ormai da anni risiedono stabilmente nel nostro comune; Salvatore Coletta del coinvolgimento degli anziani in progetti che li possano vedere e rendere protagonisti.
Io, Rossella Morabito ed Angela Gioffré avremo invece il compito di coordinare e seguire da vicino i lavori dei singoli settori: giovani, cultura, pari opportunità, anziani, attività produttive.
Quali saranno le prime iniziative della Consulta?
Innanzitutto ritengo sia giusto presentare la squadra all’intera comunità, in modo che ogni cittadino sappia “chi si occuperà di cosa” e, se lo ritiene opportuno, possa partecipare allo sviluppo delle idee e alla realizzazione dei progetti. Subito dopo, penso ad iniziative cha facciano conoscere qual è la storia del nostro comune e la sua vocazione; penso a convegni su tematiche particolari quali la sicurezza nel mondo del lavoro, l’importanza della raccolta differenziata, la promozione dei nostri prodotti. In ogni caso, si tratterà di iniziative che metteranno al centro del dibattito il cittadino “responsabile”, che vuole rendersi protagonista della vita sociale nel nostro comune.
Bilancio di un anno: intervista al sindaco Domenico Creazzo
Il 7 maggio 2012 la lista “LeAli al Paese” vinceva le elezioni comunali e Domenico Creazzo diventava sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte. A un anno di distanza, incontriamo il sindaco nel suo ufficio al primo piano del Palazzo municipale per stilare il bilancio di un anno di attività amministrativa.
Un anno dopo, a che punto è l’amministrazione comunale con la realizzazione del programma con il quale la lista “LeAli al Paese” si è presentata alle elezioni?
Le linee programmatiche sulla base delle quali siamo stati votati dai nostri concittadini rappresentano la nostra stella polare. Quei punti orientano le nostre scelte amministrative e della loro realizzazione dobbiamo prioritariamente rendere conto agli eufemiesi.
Abbiamo iniziato con l’istituzione della De.C.O. (denominazione comunale di origine) per la patata di Sant’Eufemia, un prodotto tipico del nostro territorio sul quale stiamo puntando molto. Sant’Eufemia è un paese a vocazione agricola: la chance più importante di sviluppo economico può venire soltanto dall’agricoltura. Studiare il territorio e proporre politiche adeguate a quel territorio. Questo deve essere il compito di amministratori seri. Sembra semplice, ma non lo è nel concreto. Anche perché l’amministrazione comunale può impegnarsi per favorire condizioni migliori di sviluppo, ma i protagonisti ultimi devono essere i cittadini, in questo caso gli imprenditori agricoli. La chiave di tutto è la sinergia, la collaborazione tra amministrati e amministratori.
Un altro concetto sul quale avete molto insistito è quello della partecipazione.
Certo, e credo che stiamo rispettando la promessa. Va in questa direzione l’istituzione della Consulta, uno dei punti qualificanti del nostro programma, che abbiamo fortemente voluto e sul quale ci siamo impegnati sin dal primo giorno di insediamento. Il processo è ora avviato: abbiamo approvato il regolamento e invitato i cittadini a presentare la domanda di partecipazione, i cui termini scadono il 16 maggio. Le domande stanno arrivando: il nostro auspicio è che siano numerose. L’abbiamo detto in campagna elettorale e lo ribadiamo oggi: la democrazia senza partecipazione è un guscio vuoto.
Partecipazione è la Commissione “mensa” che abbiamo istituito e che sarà operativa dal prossimo anno scolastico, al fine di evitare disguidi o incresciose dispute sulla qualità del servizio.
Partecipazione significa consigli comunali aperti per questioni che interessano la società eufemiese, come è accaduto di recente dopo il danneggiamento dell’automobile del dirigente scolastico Giovanni Geresia.
Partecipazione è la grande adesione riscontrata presso gli esercenti commerciali e i privati cittadini per l’iniziativa “adotta un’aiuola”. Segno che la comunità, se sollecitata, sa dare risposte positive e costruttive.
L’amministrazione comunale cerca il confronto con la società civile per riuscire a trovare una sintesi tra teoria e pratica. Il futuro di Sant’Eufemia passa dalla consapevolezza che occorre individuare, sempre, le vie praticabili per riuscire a raggiungere ciò che vogliamo raggiungere.
Nel primo anno avete realizzato diverse iniziative culturali.
Sì, stiamo investendo molto sulla cultura e abbiamo già realizzato iniziative molto interessanti: “Pagine risorgimentali”, con la commemorazione del 150° anniversario dei fatti d’Aspromonte; “Pagine di democrazia”, con la presentazione del libro dell’assessore regionale Mario Caligiuri (La formazione dell’élite); “Pagine di memoria”, sulla tragedia della Shoah; “Pagine di storia eufemiese”, con il convegno su Nino Zucco e l’inaugurazione della pinacoteca comunale. Grazie a un contributo dell’Ente Parco è stato possibile bonificare l’area archeologica di Serro di Tavola, a costo zero per il comune. Ciò ha determinato inoltre l’instaurazione di proficui rapporti con la Sovrintendenza per i beni culturali e con la Regione Calabria, che ha riconosciuto Serro di Tavola zona di interesse archeologico.
La cultura è alla base di tutto. Anche se non dovessimo avere riscontri immediati, siamo certi che a lungo termine una parte rilevante della comunità eufemiese sarà sensibile ai temi culturali e ciò avrà risvolti positivi, per esempio per quanto riguarda i temi della legalità.
A questo proposito, sottolineo la nomina del responsabile della Polizia municipale: per fare rispettare le regole non bastano vuote parole o la demagogia delle occasioni più o meno ufficiali; servono gesti concreti come la nomina del comandante Emilio Paturzo. Anche se a qualcuno è potuto sembrare impopolare, questo provvedimento sarà invece occasione di crescita per la comunità. Anche l’arrivo di un mezzo antincendio che, su mia espressa richiesta, la Protezione civile ha assegnato al nostro comune (in tutto, sedici a livello regionale) e la brillante simulazione di intervento realizzata nei giorni scorsi, spiegano meglio delle parole l’impegno di questa amministrazione sul tema dell’educazione civica.
Come sta affrontando l’amministrazione il crescente disagio economico di un consistente numero di famiglie?
La crisi economica diventa ogni giorno più grave e spesso ci si trova disarmati e non attrezzati a dare risposte adeguate. Ci stiamo impegnando con i progetti realizzati in collaborazione con l’Agape e con l’oratorio parrocchiale, ma abbiamo anche impiegato somme del bilancio per buoni spesa e contributi economici ai nuclei familiari più disagiati. Ci rendiamo conto che a volte si tratta di una goccia nell’oceano, ma spesso quella goccia è un’àncora alla quale aggrapparsi.
Abbiamo regolamentato e incrementato il servizio scuolabus, che è passato da 66 a 120 cartellini, e abbiamo sensibilmente abbassato la tariffa della mensa scolastica, che a seconda della tipologia delle famiglie può comportare fino a 300 euro annui di risparmio.
Sant’Eufemia è tra i comuni che meno hanno sofferto l’emergenza rifiuti. Tuttavia, il problema non è stato risolto e, prima o poi, il rischio del collasso per il sistema regionale di smaltimento si ripresenterà. Come pensa di muoversi la tua amministrazione per il futuro?
Preliminarmente, credo sia bene illustrare la situazione che abbiamo trovato al nostro arrivo. Sant’Eufemia faceva parte del Consorzio di Piana Ambiente: appena insediati ci siamo ritrovati con il paese invaso dalla spazzatura e con cinque discariche a cielo aperto: contrada Peras; via De Nava, nei pressi del 118; contrada Badia; nei pressi della Stazione; fontana Pirina. Pagavamo 25.000 euro al mese per il servizio di raccolta dei rifiuti, ma quando – dopo dieci giorni – ci siamo resi conto che Piana Ambiente non era più in grado di svolgere il servizio, l’abbiamo diffidata e successivamente abbiamo rescisso il contratto. Data la situazione di emergenza, la legge ci permetteva di affidare il servizio a un’altra ditta, a patto di non superare il costo di 25.000 euro. Da un calcolo effettuato dall’ufficio tecnico abbiamo accertato che sarebbero stati sufficienti 18.000 euro.
Abbiamo quindi preparato un bando di gara che la Sear Srl si è aggiudicato e che ci ha pertanto consentito un notevole risparmio.
Il sistema però va completamente riformato. Dopo diverse riunioni sul tema, ci siamo impegnati per la differenziata porta a porta. Sappiamo bene che la raccolta differenziata è il futuro, ma sappiamo anche che per farla funzionare bene il territorio necessita di supporti esterni adeguati: isole ecologiche e strutture in grado di retribuire i comuni che conferiscono i rifiuti differenziati. Paradossalmente, se dovessimo passare ora al porta a porta, sarebbe il comune a dovere pagare 36.000 euro mensili per lo smaltimento dei rifiuti. Per tale motivo, a breve sigleremo una convenzione per l’istituzione di un consorzio tra i comuni di Sant’Eufemia, Sinopoli, San Procopio, Melicuccà e Seminara. Quindi, grazie al contributo della Provincia e al suo supporto tecnico, sarà realizzata un’isola ecologica. Si potrà così arrivare al quantitativo di materiale differenziato necessario per accedere al contributo ambientale del Conai (Consorzio nazionale imballaggi), garantendo così ai comuni una retribuzione sulla base del differenziato singolarmente prodotto. In questo modo la raccolta differenziata sarà sostenibile. Al fine di educare i cittadini alla differenziata, nell’immediato contiamo di riuscire a fare appaltare l’avvio della raccolta porta a porta, in via del tutto sperimentale, soltanto per alcune zone del comune.
Voglio inoltre sottolineare un altro aspetto importante. Il comune si è infatti richiamato alla normativa che obbliga la società aggiudicataria alla riassunzione degli operai di Piana Ambiente che svolgevano il servizio nel nostro comune, per cui saranno mantenuti anche i posti di lavoro del passato.
Il taglio dei trasferimenti statali ha provocato la dura presa di posizione degli enti locali, che da tempo hanno denunciato il rischio di dovere chiudere. Qual è la situazione economica del nostro comune?
Il Comune di Sant’Eufemia è abbastanza solido e non corre rischi economici di rilievo. Abbiamo avuto sì dei tagli, come tutti gli enti locali, ma va detto che abbiamo ereditato una situazione di cassa positiva, certificata da un avanzo di amministrazione pari a 409.000 euro nel consuntivo 2012.
Voglio sottolineare che, nonostante i tagli dei trasferimenti statali, nel conto consuntivo 2013 l’avanzo sale a circa 419.000 euro, anche se l’esistenza di vincoli di spesa non ci consente di spendere per come vorremmo.
Consentimi però di dire qualcosa sul funzionamento della macchina amministrativa.
Prego.
Viviamo in un momento di ristrettezze economiche e di cambiamenti legislativi, per cui siamo spesso chiamati ad adeguarci a ciò che ci viene imposto a livello centrale. Da un lato, non tutto quello che vorremmo fare si può fare; dall’altro, siamo come un’automobile di piccola cilindrata che non può avere le prestazioni di una berlina. Però i dipendenti comunali stanno tutti dando il massimo e voglio qui ringraziarli pubblicamente per la disponibilità che hanno dimostrato sin dal primo giorno del mio insediamento. Dire che i nostri operai non fanno niente, è quanto di più falso si possa sostenere. Carte alla mano, rispetto al passato gli operai comunali hanno raddoppiato gli interventi.
Nel contempo, occorre però ribadire che l’amministrazione comunale farà di tutto per salvaguardare i diritti di tutti e non del singolo: nel caso in cui ciò non dovesse avvenire, non avremo alcun problema ad adottare provvedimenti conseguenti. Che nessuno si senta intoccabile: il fine ultimo deve essere l’interesse dei cittadini. Non abbiamo bisogno di grigi burocrati, ma di protagonisti attivi per la crescita del paese ispirati da un’unica finalità: quella di essere al servizio della collettività.
Alcuni giudicano l’operato di un’amministrazione comunale dai lavori pubblici che riesce ad appaltare. Qual è la situazione attuale?
Quando si parla di lavori pubblici, bisogna considerare anche l’aspetto burocratico, che non è affatto secondario. Difatti, spesso i risultati si vedono nel lungo termine, perché ci sono dei tempi burocratici inevitabili.
Sulla viabilità comunale abbiamo ad esempio beneficiato l’anno scorso di un finanziamento di 200.000 euro ed entro il 19 giugno dovremo fornire alla regione il progetto definitivo. Per quanto riguarda l’isola ecologica, al nostro insediamento abbiamo incontrato ostacoli burocratici che hanno rallentato l’iter per mandare in appalto il lavoro e che poi siamo riusciti a superare.
Abbiamo inoltre reperito 75.000 euro di economie che andranno ad ultimare la strada Peras, mentre dovremmo finalmente essere riusciti a risolvere l’annosa questione relativa alla sede del liceo scientifico, grazie all’approvazione (all’unanimità) di una convenzione con la Provincia: il comune dà in concessione la struttura dell’ex scuola elementare situata al rione “Purgatorio” e la Provincia si impegna a costruire il nuovo liceo scientifico.
Per la scuola materna, un bando di gara di 1.250.000 euro finalizzato alla prosecuzione dei lavori si trova alla Suap, dove a breve invieremo anche il progetto definitivo per il completamento del centro polisportivo, per un importo di 900.000 euro. Progetto che non è stato ancora possibile mandare in appalto perché prima occorre risolvere alcune questioni legali, relative ai terreni espropriati, dovute a una non ottimale precedente gestione burocratica e che comporteranno delle spese per il comune.
Abbiamo inoltre approvato e inviato all’Ente Parco un progetto per la costruzione di un nuovo serbatoio in contrada Lanzo e, entro l’11 luglio, presenteremo il progetto che realizzerà il completamento della palestra della scuola elementare.
Purtroppo, qualche eredità negativa l’abbiamo avuta. Tralasciando il fatto che, appena insediato, mi sono ritrovato con il comune soccombente in una causa civile, che ha comportato un esborso di 60.000 euro, è bene che i cittadini sappiano che il comune entro agosto dovrà impegnare dei fondi per accatastare tutti gli immobili comunali costruiti negli anni passati. Ad oggi nessun immobile, Palazzo municipale compreso, è infatti accatastato. Ritardi incomprensibili, come quello dell’assegnazione del piano di sicurezza sul lavoro, obbligatorio del 2001.
Per fare un altro esempio, il 18 maggio si potrà finalmente disputare una partita di calcio a cinque nel campetto situato nei pressi della stazione, a sette anni dalla sua inaugurazione ufficiale!
Hai mai pensato “chi me l’ha fatto fare? ”. O rifaresti tutto?
L’ho ribadito di recente, nell’intervento svolto in occasione del convegno su Nino Zucco. Da un punto di vista razionale, per l’interesse della mia famiglia e della mia professione, a me non “converrebbe” (per usare un termine crudo) fare il sindaco. Tuttavia, il pensiero che questa mia scelta possa essere utile per il bene del mio paese mi spinge ad essere certo che, così come l’ho fatto, lo rifarei e se necessario lo rifarò.
Chiudi gli occhi e riaprili tra quattro anni. Cosa vorresti vedere?
Mi auguro di riuscire a completare il programma e di mantenere l’impegno assunto nei confronti degli eufemiesi. Spero di avere ancora, nell’ultimo giorno di mandato, la stessa identica attestazione di affetto che mi è stata rivolta nel momento in cui sono stato eletto. Sarebbe questa per me la migliore gratificazione e la certificazione che ho bene operato.
L’istituzione della Consulta comunale
Scade il 16 maggio il termine per presentare la domanda di partecipazione alla Consulta comunale istituita nei mesi scorsi dall’amministrazione Creazzo. Avevamo avuto modo di parlarne (qui) e di auspicare che essa non si risolva in un’occasione persa, come accaduto con l’esperimento realizzato dalla giunta Fedele, una decina d’anni fa.
Il significato politico dell’iniziativa va rintracciato nello sforzo di allargare i confini della rappresentanza e della partecipazione democratica, mediante un processo di inclusione che passa dalla creazione di uno spazio istituzionale di confronto tra amministratori e amministrati.
Ma la Consulta può anche diventare una valida palestra per i giovani che intendono impegnarsi nella vita pubblica, un luogo in cui allenare le capacità di confronto dialettico e di sintesi.
Lo scopo, come si legge nel manifesto pubblico fatto affiggere in questi giorni, è quello di “favorire il raccordo e lo scambio di idee tra la cittadinanza e l’amministrazione comunale”. Compito della Consulta sarà infatti “diffondere informazioni, promuovere lo sviluppo culturale, contribuire all’educazione democratica ed alla formazione intellettuale e civile, garantire il pluralismo, coadiuvare l’attuazione di tutte quelle iniziative idonee a migliorare le condizioni di vita delle varie categorie di cittadini, incrementare e diffondere lo studio e la conoscenza della storia, delle tradizioni locali e dei valori e dei principi sanciti dalla Costituzione Repubblicana”.
Cinque i settori di interessi per i quali i candidati dovranno esprimere la propria preferenza: giovani, cultura, pari opportunità, anziani, attività produttive.
Nel portale del comune è possibile scaricare manifesto, regolamento e modulo della domanda di partecipazione (qui).
Concludendo, la Consulta può rivelarsi un formidabile strumento di democrazia partecipata o uno specchietto per le allodole. Sta alla sagacia dell’amministrazione che l’ha istituita e alla volontà di coloro che vi prenderanno parte fare pendere la bilancia da un lato o dall’altro.
Il ritorno di re Giorgio
Sul suicidio politico del partito democratico, unico vero grande sconfitto nella partita incominciata con il dopo-voto di febbraio e conclusa con la riconferma di Giorgio Napolitano al Quirinale, c’è poco da aggiungere a quanto già detto in questi giorni. Il bon ton suggerisce anzi di non infierire con gli sconfitti, che ora dovranno decidere cosa fare di quel che (forse) fu un partito e che oggi – evidentemente – non lo è più. Sarebbe già il segnale di un cambio di marcia riuscire a staccarsi dall’immagine della patacca, proposta puntualmente ad ogni debacle, che produce un partito nuovo in mano alle stesse facce. Cosmesi politica pura.
Intanto, all’orizzonte si profila il governo del presidente, formula che sottintende un ruolo da protagonista assoluto per la prima carica dello Stato. Giorgio II non sarà un semplice notaio della Costituzione, ma rappresenterà il vertice politico al quale i partiti che daranno vita al già annunciato governo di larghe intese dovranno dare conto per quanto concernerà composizione, programma e timing.
L’esecutivo sarà politico perché l’assunzione di responsabilità, cui Napolitano ha richiamato gli schieramenti, passa necessariamente da una sua dimensione “politica”, nonostante la probabile riconferma di qualche tecnico del governo Monti.
Il programma, aggiustato e integrato, attingerà a piene mani dal recente lavoro dei dieci “saggi”, mentre la durata non dovrebbe superare i 12-18 mesi: d’altronde, se un governo di “salvezza nazionale” non riesce a salvare il Paese nel giro di pochi mesi, ha fallito la propria mission. Meno di due anni di tempo per cercare anche di disinnescare Grillo, mediante l’approvazione dei provvedimenti più attesi e invocati dai sostenitori del M5S (e non solo): costi della politica, riforma elettorale, riforme istituzionali.
Esaurito il mandato, l’esecutivo si farà da parte, mentre Napolitano scioglierà le Camere, indirà nuove elezioni e – subito dopo – si dimetterà.
Cosa cambia rispetto a due mesi fa? Cambiano i poteri del presidente della Repubblica, che ora sono pieni, non depotenziati dal semestre bianco. Per cui, o i partiti dimostreranno di essere capaci di fare cambiare rotta al Paese, o andranno presto tutti a casa.
Si poteva fare diversamente? Ovvio che sì. E sarebbe stato anzi auspicabile un messaggio di discontinuità e di rinnovamento. Ma, per uscire dal cul de sac in cui si era precipitati dopo i primi quattro scrutini, migliore soluzione forse non c’era. E questo spiega molto dell’imbuto in cui si sta strozzando il sistema politico italiano.
E anche Romano è andato
Che Prodi non ce l’avrebbe fatta al quarto scrutinio era scontato. Non ci si aspettava però – almeno non in queste proporzioni – che il risultato avrebbe consegnato un partito completamente allo sbando. L’obiettivo di compattare il partito, dare una dimostrazione di forza e presentarsi al quinto scrutinio come “un sol uomo” per cercare di forzare la mano a qualche grillino “possibilista” è miseramente fallito. Mi chiedo, anzi mi richiedo, se questi prima di presentarsi in Aula discutano e decidano sul da farsi. Perché poi ognuno va in ordine sparso; per cui, bisognerebbe almeno avere il pudore di non indicare la “posizione ufficiale” del partito, visto che non si è in grado di garantire l’esistenza di una posizione ufficiale.
Credo che per Bersani sia arrivato il capolinea; e forse anche per il Partito democratico, a meno che la dirigenza del partito non prenda atto del fallimento, vada a godersi la pensione da qualche parte (purché lontano dal Parlamento) e lasci il partito ad una nuova generazione.
Ma non credo che accadrà. Questi non vanno via neanche con le cannonate. Piuttosto cercheranno nuovamente l’accordo con il Pdl. Ora che è sufficiente la maggioranza assoluta potrebbe rispuntare Marini o D’Alema, da molti indicato come il carnefice del Pd e il regista occulto di queste elezioni presidenziali.
Però che tristezza, noi che avevamo creduto in una sinistra moderna, in un partito democratico interprete delle istanze di cambiamento provenienti dalla società e capace di guardare al futuro con fiducia. Anche se l’abbiamo fatto a corrente alternata e con molte, troppe riserve, fa male lo stesso.
Bye bye, Marini
Il sogno è durato dodici ore appena. Poi si è tramutato in incubo. Troppo brutto per non pensare che non fosse tutto preventivato. Insomma: ne avranno parlato alla riunione di ieri sera quelli del Partito democratico. Quindi, perché spaccare il partito? Perché fare di Franco Marini l’agnello sacrificale di questo primo giro di votazioni? Non voglio pensare che Bersani sia un fesso, né che sia così masochista da disintegrare un partito che, a questo punto, non ha neanche ragione di esistere. E quindi? L’ennesima dimostrazione che i destini e le ambizioni personali vengono prima di tutto. Prima, anche, degli interessi dell’Italia e finanche del proprio partito.
Fatto sta che con un sol colpo, Bersani è riuscito nell’impresa record di rafforzare Grillo, Renzi e Berlusconi (che ci ha fatto un figurone, lasciando sbranare tra di loro i democrats e passando – lui – per responsabile uomo di Stato). Al modico costo della distruzione del propria “ditta”. Roba da guinness dei primati.
Sia chiaro che il problema non è Marini, anche se il “patto della crostata” e la responsabilità del “lupo marsicano” nell’abbattimento del primo governo Prodi fanno parte di un curriculum non invidiabile.
Il problema è la puzza di oligarchia che spande da un’operazione sfacciatamente di vertice; il problema è la strafottenza di un ceto dirigente che se ne sbatte degli umori della base e delle proteste fuori dal Parlamento. Al solito, è insopportabile la presa per il culo.
Tutto da rifare, per dirla alla Bartali. Cosa ci sia da salvare, a questo punto, è poco chiaro. Sarebbe già un risultato accettabile riuscire a non farsi insultare.
La mia terna per il Quirinale
È il giochino del momento, tanto che perfino Ruzzle ha perso il suo fascino. Beppe Grillo ha addirittura indetto le “quirinarie” per scegliere il candidato che il Movimento Cinque Stelle sosterrà a partire da giovedì 18, giorno in cui inizieranno le votazioni nel Parlamento riunito in seduta comune. E pazienza se il capogruppo alla Camera Roberta Lombardi ignora il requisito anagrafico previsto dall’articolo 84 della Costituzione (compimento del cinquantesimo anno di età): “formalismi” che nell’era della e-democracy non hanno più ragione d’esistere.
Gli elettori chiamati a deporre la scheda dentro la grande cesta di vimini sono 1007: 630 deputati, 315 senatori, 58 delegati regionali (tre per regione, ad esclusione della Valle d’Aosta, cui ne spetta uno soltanto), quattro senatori a vita (Emilio Colombo, Giulio Andreotti, Mario Monti e il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi). Nei primi tre scrutini è richiesta la maggioranza qualificata dei 2/3 degli elettori, pari a 671 voti; dal quarto scrutinio in poi è sufficiente la maggioranza assoluta (504 voti). Gli scenari prevedibili vanno dalla rapida elezione di un presidente di “garanzia”, un nominativo espressione della più ampia maggioranza possibile (Pd-Pdl-centristi e, possibilmente, qualche grillino), al presidente “di parte”, eletto con i voti del centrosinistra e il contributo di una frangia del M5S (sulla falsariga di quanto accaduto con Grasso al Senato).
Degli undici presidenti della Repubblica che si sono succeduti dal 1948 ad oggi, ho visto all’opera gli ultimi cinque: Giovanni Leone è infatti uno sbiadito ricordo in bianco e nero.
Sandro Pertini, il presidente partigiano, simpatico, iracondo, diretto: il primo capo dello Stato che dismette i panni di “notaio” della Costituzione e fa sentire alta la sua voce contro le inefficienze della politica (emblematica la vicenda del terremoto in Irpinia).
Francesco Cossiga, democristiano sui generis con qualche scheletro nell’armadio, che dopo cinque anni da burocrate diventa Externator e comincia a picconare quel sistema al quale era stato organico.
Oscar Luigi Scalfaro, eletto in uno dei momenti più drammatici della storia repubblicana (la strage di Capaci) e protagonista di un settennato molto controverso, caratterizzato dall’aspro scontro con Silvio Berlusconi.
Carlo Azeglio Ciampi (con Pertini il più amato: è stato l’unico ad avere visitato tutte le province italiane), il presidente che ha ridato linfa al sentimento di unità nazionale e di italianità.
Giorgio Napolitano, accusato ora di eccessiva “distrazione” (promulgazione leggi ad personam), ora di esorbitante protagonismo (operazione che ha portato Mario Monti a Palazzo Chigi).
Per i prossimi sette anni, la mia preferenza va a una candidatura femminile. Credo che i tempi siano maturi per affidare a una donna la carica più alta del nostro ordinamento. Tra i nomi che circolano, Emma Bonino è il nominativo sul quale potrebbero convergere voti trasversali agli schieramenti politici. Radicale, paladina dei diritti delle donne e protagonista delle più importanti battaglie di civiltà della storia repubblicana, ha carisma ed esperienza, sia nazionale che internazionale: commissario europeo, ministro del governo italiano, vicepresidente del Senato. In seconda battuta, Laura Boldrini, fresca presidente della Camera, da oltre due decenni impegnata negli scenari più desolanti e tragici del pianeta, dal 1998 portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu. Se invece dovesse sfumare la possibilità delle “larghe intese”, il partito democratico dovrebbe procedere a maggioranza. Dal quarto scrutinio tutto è possibile: anche una convergenza con il M5S su Romano Prodi, con il quale il Pd è parecchio in debito: due volte il professore bolognese ha condotto il centrosinistra alla vittoria, due volte è stato fatto fuori dai suoi. Il curriculum non si discute, mentre sul piano personale si tratterebbe di un risarcimento. Con buona pace di Berlusconi e delle sue minacce di espatrio: se il Cavaliere vuole andare, che vada pure.
Quelli che (reloaded)
Quelli che sono i migliori al mondo
Quelli che tutti gli altri sono schiappe
Quelli che si impegnano per il bene della collettività
Quelli che gli altri non fanno mai niente
Quelli che se lo fanno gli altri c’è sotto un tornaconto personale
Quelli che partecipano
Quelli che gli altri non hanno la statura morale per partecipare
Quelli che ci sono i soldi ma non si spendono
Quelli che i soldi non si devono spendere
Quelli che i soldi si potevano spendere meglio
Quelli che piove… governo, regione, provincia, comune ladri
Quelli che quando c’è il sole è merito loro
Quelli che è sempre colpa degli altri
Quelli che commentano i post degli altri
Quelli che cancellano i commenti degli altri
Quelli che “postano” articoli scritti da altri
Quelli che non citano la fonte e fingono sia roba loro
Quelli che con uno tocca a loro
Quelli che con due tocca lo stesso a loro
Quelli che loro sono liberi
Quelli che tutti gli altri sono schiavi
Quelli che sono pronti a morire per le loro idee
Quelli che le idee degli altri sono cazzate
Quelli che guardano il dito
Quelli che abbaiano alla luna
Quelli che gli altri non sono coerenti
Quelli che di secondo nome facevano il nome di un partito
Quelli che improvvisamente hanno cambiato partito e nome
Quelli che poi si è capito il perché