Natale eufemiese 2013

Calendario delle manifestazioni:

22 dicembre: “A Natale puoi…”
Canti, balli, crespellata e… l’arrivo di Babbo Natale!

A cura dell’Associazione “Terzo Millennio”
– Piazza Municipio, ore 16.00

28 dicembre: “Pagine d’Avvento tra musiche e parole”

Concerto dell’Orchestra Giovanile di fiati “Paolo Ragone” di Laureana di Borrello – Lettura di poesie natalizie e di tradizione popolare

A cura dell’Amministrazione Comunale e della Residenza Sanitaria per Anziani “Mons. Prof. Antonino Messina” – Sala del Consiglio Comunale, ore 18.00

29 dicembre: “Una donna per le donne e per la vita”

Sala del Consiglio Comunale, ore 17.30

30 dicembre: “Tombolata di solidarietà”

Raccolta fondi per sostenere le spese mediche di una famiglia in difficoltà

A cura dell’Associazione di Volontariato Cristiano “Agape”
– Ristorante “Le Macine”, ore 21.00

04 gennaio: “Cuntandu e Cantandu u Natali”

Concerto del Coro Polifonico Parrocchiale “Cosma Passalacqua”

Chiesa Parrocchiale di Sant’Eufemia V.M., ore 18.30

06 gennaio: “Befana in piazza”
Musica, giochi, divertimento e… l’arrivo della Befana!

A cura dell’Amministrazione Comunale

Piazza Municipio, ore 16.30

Queste le manifestazioni di cui si ha notizia “ufficiale”. Però è molto probabile che vi sia anche altro.

Ad esempio, è certo che sabato 21 dicembre alle 9.30 i volontari dell’Agape effettueranno le visite domiciliari agli anziani per fare gli auguri e consegnare un ricordino, mentre nel pomeriggio (ore 16.00) si recheranno presso la Residenza Sanitaria per Anziani “Mons. Prof. Antonino Messina”.
Il blog è a disposizione di tutti per eventuali integrazioni.

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Sud e legalità, il nervo scoperto della storia italiana

Aldo Varano ha “approfittato” della nomina di Pina Picierno nella segreteria del Pd, con delega alla legalità e al Mezzogiorno, per toccare uno dei nervi scoperti della storia d’Italia, forse il suo peccato originale: “Al Sud non manca solo la legalità” (L’Ora della Calabria, 15 febbraio). Come non essere d’accordo? Eppure, centocinquanta e passa anni dopo l’Unità si continua a trattare la questione meridionale come questione criminale, a lottare contro l’illusione che, sbattuto in galera il delinquente di turno, non ve ne siano altri dieci in agguato. Se così fosse, per risvegliarsi nel migliore dei mondi possibili, in Calabria basterebbe commissariare tutti i Comuni (e siamo sulla strada buona), quindi passare alle Province e infine concludere il lavoro di bonifica con la Regione.

È l’idea che animava la Destra storica e i prefetti dell’unificazione investiti della “missione” di guadagnare alla causa nazionale le lontane e recalcitranti regioni meridionali attraverso le questure, il controllo asfissiante sull’attività degli enti locali, lo scioglimento delle amministrazioni per motivi di ordine pubblico, la manipolazione delle elezioni. È l’ispirazione della legge sulla repressione del brigantaggio, la famigerata “legge Pica”, che ignorava la considerazione “sorprendente” contenuta nella relazione (3 maggio 1863) del deputato pugliese Giuseppe Massari, segretario della Commissione d’inchiesta parlamentare sul brigantaggio meridionale: “Il brigantaggio è stato considerato come questione di forza, e quindi per combatterlo non si è saputo far altro di meglio se non contrapporre forza a forza. Ma in cosiffatta questione la parte militare è accessoria, è secondaria”.

Da allora, poco sembra essere cambiato. Se si escludono i laureati sfornati, che scappano o non vedono l’ora di scappare (o restano, conficcando a forza nei cassetti pergamene e sogni), il gap con il Nord è sempre materiale e culturale. Mancano infrastrutture per spezzare l’isolamento fisico e favorire la liberazione in loco delle tante energie e progettualità autoctone; manca la determinazione necessaria per riuscire a scacciare, in settori non marginali della società, la sensazione che l’antistato possa offrire più opportunità dello Stato.

Scopriamo l’acqua calda, ma servono politiche di sviluppo che non si risolvano nello sperpero di denaro per progetti senza prospettiva, l’affermazione del principio meritocratico sulla prassi clientelare e nepotista, la fine della confusione del diritto col favore. Ma soprattutto serve una collettiva assunzione di responsabilità, perché spesso le insufficienze dello Stato diventano l’alibi di complicità quotidiane, più o meno consapevoli, con il malaffare e con la cattiva amministrazione.

Su ZoomSud: http://www.zoomsud.it/index.php/politica/61362-l-intervento-sud-e-legalita-il-nervo-scoperto-della-storia-italiana.html

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E Renzi sia

Prima di ogni analisi, consentitemi di esprimere un ringraziamento particolare. Anzi, 102 volte grazie. Che poi sarebbero di più, perché ai 102 votanti bisogna aggiungere chi ha espresso simpatia per quello che stiamo facendo, pur non potendo o non volendo ancora aderire. Va bene anche l’appoggio morale, il riconoscimento che si è fatto qualcosa di diverso rispetto al passato.

Ci eravamo posti come obiettivo 100 partecipanti alle primarie. La risposta c’è stata e ci induce all’ottimismo. È un punto di partenza, attorno al quale speriamo di riuscire a creare ulteriore consenso. Il seme piantato che, se annaffiato con cura, diventerà pianta.
Era importante ripartire, dato che da anni a Sant’Eufemia – di fatto – non ci sono più partiti, ma soltanto comitati elettorali a sostegno di questo o quel candidato che scompaiono il giorno dopo le votazioni. Nel farlo, circa un mese fa, avevamo fatto riferimento proprio alla gestione delle primarie per spiegare quella che è la nostra idea di partito e di politica: “Noi sentiamo il dovere di testimoniare la possibilità di un’altra strada: forse non ci sarà un’affluenza di 300, 400 o 500 elettori. Ma chi verrà, l’avrà fatto consapevolmente. E se nessuno dei candidati dovesse prendere il 100% dei voti, per noi sarà un motivo di soddisfazione” (qui l’articolo completo). Questo ci premeva maggiormente, ancor più dell’esito delle primarie.

Personalmente, non ho votato Renzi, che è stato il primatista anche a Sant’Eufemia con 79 preferenze. Ho scelto Civati, che considero più vicino alla mia idea di sinistra, al quale sono andati 15 voti (insomma, come segretario sono già in minoranza!). Ultimo classificato Cuperlo (8).

La chiave di lettura è molto semplice. L’uomo d’apparato (Cuperlo) per quanto persona seria e credibile aveva poche possibilità di affermazione. Per ciò che rappresenta, più che per quello che è. Intuisco facilmente che tra i sostenitori di Renzi c’è gente che forse non ha mai votato Pd e una buona fetta di vecchia nomenclatura saltata tempestivamente sul carro del vincitore, nel momento in cui si è capito da che parte tirava il vento. Ma non credo sia un buon esercizio per la democrazia snobbare i circa tre milioni di elettori che si sono recati ai seggi.

Il tiro al Pd è uno sport nazionale, anche perché i suoi dirigenti posseggono una notoria propensione alla rissa e al tafazzismo spinto. Però, nel panorama nazionale, è il partito con il più alto grado di democrazia interna. Per cui, non si affannino i facili e interessati censori di destra e di sinistra: quelli per cui prima il Pd era un partito di comunisti e ora è diventato un convento di democristiani; quelli che parlano di democrazia dei partiti e da due decenni stanno al guinzaglio del padrone di Arcore; quelli che non trovano nulla da eccepire nelle “purghe” di Grillo.

Non ho votato Renzi, ma da ieri sera Renzi è il mio segretario, la guida di un partito che mi auguro faccia della pluralità il suo punto di forza. Senza lacerazioni, né scissioni. Un partito inclusivo, nel quale vi sia spazio per Cuperlo, Civati e per la sinistra dei movimenti. Poiché sarebbe esiziale disperdere questo patrimonio, non posso che sottoscrivere l’appello di Romano Prodi, il quale con generosità e senso di responsabilità ha rivisto la decisione di non partecipare alle primarie (e ne avrebbe avuto tutto il diritto, dopo le 101 coltellate dell’aprile scorso): “Le primarie sono il momento dello scontro democratico, ma dopo lo scontro un partito deve mettersi insieme. Quello che io raccomando è che sia il vincitore sia quelli che perderanno abbiano l’obiettivo di fare una squadra, ovviamente diretta da chi ha vinto, ma con gli equilibri e le mediazioni che rendono forte un partito politico”.

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Le primarie del partito democratico a Sant’Eufemia d’Aspromonte

Domenica 8 dicembre, dalle ore 8.00 alle ore 20.00, si vota per scegliere il segretario e i componenti dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico.

Il circolo “Sandro Pertini” di Sant’Eufemia d’Aspromonte allestirà il seggio elettorale all’interno del Palazzo Municipale.

Per partecipare al voto occorre presentarsi al seggio muniti di un documento d’identità valido e della tessera elettorale.
Votano sia gli iscritti che i non iscritti al partito: ai secondi, come partecipazione alle spese organizzative, verrà chiesto un contributo di 2 euro.

Previa registrazione, da effettuare online entro le ore 12.00 del 6 dicembre, possono inoltre votare: cittadini/e di età compresa tra 16 e 18 anni, cittadini/e fuori sede per motivi di lavoro o di studio, immigrati/e in possesso del permesso di soggiorno.

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Decadenza sì, ma senza ola

Non sono tra quelli che stanno facendo il trenino per la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore della Repubblica. E non perché il leader della rinata Forza Italia mi ispiri alcuna simpatia. In quasi quattro anni di blog, non ho mai perso occasione per manifestare la mia avversione politica, oltre che la condanna etica del berlusconismo, il virus che ha infestato la società italiana nell’ultimo ventennio.

Non esulto perché le macerie sono evidenti ovunque e occorreranno parecchio olio di gomito e pazienza infinita per ricostruire il tessuto morale di questo Paese.
Non esulto perché la contrapposizione tra tifoserie ci ha portato al lutto esibito da rappresentanti delle istituzioni privi di alcun pudore. Come se il Senato fosse stato chiamato a giudicare sulla colpevolezza o sull’innocenza di Berlusconi, un pregiudicato condannato in via definitiva, e non ad applicare una legge, la Monti-Severino, che gli stessi parlamentari forzisti avevano sollecitato e approvato. Feroce contrappasso per chi ha utilizzato il potere per sfornare leggi ad personam senza ritegno, certo. Ma tant’è: la legge, questa volta, è stata uguale per tutti.

Non esulto perché stamattina, da Londra, Mario mi ha inviato un articolo apparso su “Metro”, giornale che viene distribuito gratuitamente su metropolitana, tram e bus, dal titolo eloquente: “Nonostante l’espulsione dal Senato Silvio continua a lottare, senza vergogna”. Nel solco di ciò che prima delle elezioni del 2001 l’Economist sparò in copertina: “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy”.

Non esulto perché in qualsiasi parte del mondo un Berlusconi sarebbe stato incandidabile sin dal 1994 e perché la sinistra non ha mai fatto nulla di concreto per risolvere il nodo del conflitto d’interessi, pur avendone avuta la possibilità già nel 1996. Anche se, in effetti, ci sarebbe finalmente da rallegrarsi, considerato che in questi due decenni Berlusconi, prima ancora che avversario politico, è stato il formidabile alibi di una sinistra spesso inconcludente, a volte complice (più o meno volontaria), di certo deludente.

Non esulto perché il mio pensiero va anche agli amici che hanno creduto sinceramente alla “rivoluzione liberale” promessa da Berlusconi nel 1994, a chi ha compromesso relazioni personali nell’assurda guerra tra il bene e il male che ci hanno fatto combattere, per poi ritrovarci, tutti, con le pezze al culo. Più poveri e più sfiduciati.

Non esulto perché ripenso alla profezia di Indro Montanelli: “Tutto finirà male, malissimo, nella vergogna e nella corruzione. E sarà stato inutile avere ragione”.

E quindi, rimbocchiamoci tutti le maniche e ripartiamo. Senza più giustificazioni, né capri espiatori. Da qui. Dal disastro di questi venti anni.

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Costituito a Sant’Eufemia il circolo Pd “Sandro Pertini”

Di recente (qui) ho anticipato, seppure non esplicitamente, un’ipotesi sulla quale stavo da tempo meditando. La cautela era dettata dall’esperienza del passato, dagli avvenimenti che per ben due volte (al tempo dei Ds prima e del Pd dopo) avevano portato alla mia repentina fuoruscita dal partito. Ho riflettuto su quelle vicende, sulla politica in generale, sui suoi valori calpestati dall’esercizio quotidiano del potere. Ho sempre condiviso le mie considerazioni sul mio blog, per cui tutto è scritto, nero su bianco; e scritto resterà. Non ritengo infatti che la decisione di impegnarmi nuovamente nel partito democratico contraddica le critiche durissime che ho negli ultimi due anni espresso e che tutt’ora reputo valide.

Perché, dunque, questa svolta? E perché proprio ora, nel momento in cui l’antipolitica sembra vincere a mani basse e i partiti tradizionali pagano lo scotto di una montante quanto comprensibile impopolarità? Per un paio di semplici motivi.
Perché credo nella validità dell’articolo 49 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”), nonostante l’importanza e l’indispensabilità dei movimenti e delle associazioni impegnate anch’esse sul piano concreto dell’azione politica. Anzi, è proprio a quelle esperienze (che ben conosco per una frequentazione ultraventennale) che bisogna rifarsi, per coinvolgere “la meglio gioventù” nella gigantesca opera di distruzione di un modus operandi che non ci soddisfa affatto. Con un gruppo di amici abbiamo deciso di aderire al partito democratico per trasformarlo radicalmente, perché esso non sia più ciò che è stato fino ad ora. Nel nostro piccolo, ovviamente. Non siamo così presuntuosi o sprovveduti da pensare che a Sant’Eufemia possa avere inizio una rivoluzione. Anche perché non è più tempo di rivoluzioni che si concludono con la conquista del Palazzo d’Inverno. La vera rivoluzione è lottare giorno per giorno per cambiare le cose nel luogo in cui viviamo, lavoriamo, studiamo, ci incazziamo, sorridiamo, sogniamo. Si realizza nell’esempio che si riesce a dare agli altri e nel contributo al miglioramento di quel posto, fedeli all’insegnamento della cofondatrice di Emergency, Teresa Sarti: “se ciascuno di noi facesse il suo pezzettino, ci troveremmo in un mondo più bello senza neanche accorgercene”.

Stare fuori, guardare, indignarsi e imprecare non porta a niente. Soltanto all’irrilevanza. Mentre si finisce per lasciare campo libero a coloro che nella palude ci sguazzano da sempre. Tanto per fare un esempio: l’8 dicembre si terranno le primarie per eleggere il segretario nazionale. Ogni volta che il partito democratico ha utilizzato lo straordinario strumento delle primarie ne sono successe e se ne sono sentite di tutti i colori. Ora, può darsi che da qualche parte i signori delle tessere abbiano già predisposto la farsa e che in alcuni comuni accadrà che i votanti alle primarie siano superiori al numero di coloro che alle prossime elezioni voteranno Pd. È già successo, anche a Sant’Eufemia.

Noi sentiamo il dovere di testimoniare la possibilità di un’altra strada: forse non ci sarà un’affluenza di 300, 400 o 500 elettori. Ma chi verrà, l’avrà fatto consapevolmente. E se nessuno dei candidati dovesse prendere il 100% dei voti, per noi sarà un motivo di soddisfazione. I plebisciti sono propri delle dittature, o delle elezioni taroccate.

Bisogna cominciare a proporre modelli positivi dal basso, senza perdersi in sterili discussioni sui massimi sistemi. Il resto verrà da sé. In questa fase era importante ripartire. Proprio per non offrire il destro a possibili illazioni, si è deciso di rimandare il tesseramento vero e proprio alla prossima riapertura delle iscrizioni. In quella circostanza verrà inoltre rieletto il direttivo del circolo, del quale in via provvisoria sono segretario, con Giuseppe Gentiluomo vicesegretario e Enzo Fedele tesoriere.
L’elezione di Seby Romeo a segretario provinciale del Pd ci fa ben sperare sulla possibilità di trovare a Reggio Calabria una sponda credibile e un reale interesse per l’avvio di un nuovo, trasparente e partecipato percorso politico.

Abbiamo voluto dedicare il circolo a Sandro Pertini. Al socialista e all’antifascista, all’esule e al recluso politico, al partigiano e al combattente per la libertà, al primo presidente della Repubblica veramente popolare, non più semplice notaio e grigio custode delle regole del gioco. Per avere chiara la strada che si intende imboccare, occorre sapere da dove si proviene: le nostre radici e i valori che professiamo. Noi non crediamo al qualunquismo di chi sostiene che i politici “sono tutti uguali” e che niente distingue la destra dalla sinistra. Per noi, la lezione di Norberto Bobbio è ancora valida: inclusione, integrazione, riduzione dei fattori di diseguaglianza, uguaglianza delle opportunità. I governi delle larghe intese costituiscono un’eccezione, soluzioni d’emergenza che non sbiadiscono la nostra identità, fondata sull’antifascismo, sulla Resistenza e sulla Costituzione repubblicana. Da qui bisogna partire e dalla lezione di don Lorenzo Milani: “Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”.

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Via Roma (u Carvariu)

Mi sono ritrovato nella casella di posta elettronica una email che mi ha molto gratificato. Mi ha scritto Cosimo Oliverio, un nostro concittadino (che non conosco personalmente) emigrato in Germania a quattordici anni, nel 1969. Poche righe per ringraziarmi e per dirmi che aspetta “sempre con ansia” qualche articolo su “Sant’Eufemia D’Aspromonte e dintorni”: “Quando leggo il suo blog mi sembra di essere di nuovo ragazzino e correre per le vie del paese vecchio. Abitavo a Via Roma e a via Telesio”.

Gli attestati di stima fanno sempre piacere, soprattutto quando sono inaspettati ed espressi con la semplicità di chi quasi chiede comprensione perché, “dopo 44 anni di emigrazione”, ha “dimenticato purtroppo la nostra bella lingua”. In questo caso, ciò che conta sono i sentimenti, non la perfezione stilistica delle frasi.

Complimenti del genere danno davvero un senso alle cose che scrivo. E quindi sono io a sentirmi in dovere di ringraziare il signor Oliverio e, con lui, tutti gli amici che vivono fuori Sant’Eufemia.
Riporto dal mio libro Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte (p. 136) un brano della voce “via Roma”, donandolo idealmente al signor Oliverio, che là ha trascorso la sua infanzia:

“Via Roma è anche conosciuta come “Il Calvario”, per via del monumento raffigurante la scena delle tre croci collocato quasi in cima alla ripidissima salita che dal Vecchio Abitato porta al Petto. Dalla relazione dell’ingegnere Gaetano Oliverio, autore nel 1846 del progetto originale su incarico dell’allora sindaco Paolo Capoferro, si apprende che un’opera simile, preesistente, era andata distrutta nel corso degli anni […]”.

Al numero uno della via, in alto, si trovava la residenza di Michele Fimmanò, uno degli amministratori più longevi e influenti della storia comunale. Ma altre famiglie eufemiesi importanti avevano in via Roma le proprie dimore, ridotte oggi a ruderi irriconoscibili. Come Palazzo Greco, in origine proprietà dei Capoferro che Rosaria portò in dote a Saverio Greco e che fu ereditato dal figlio Domenico, nato a Delianuova e podestà di Sant’Eufemia nella metà degli anni Trenta, prima di essere assassinato il 19 settembre 1936.

A questa strada, che collega il “Paese Vecchio” con il rione “Petto”, sorto dopo il terremoto del 1783, il poeta Domenico Cutrì (al quale è intitolata la biblioteca comunale) ha dedicato due poesie, la prima in lingua dialettale.

“Lu Carvariu” è contenuta nella raccolta Cascami (1965):

Quantu voti passandu di sta via
m’indinucchiai vicinu a stu carvariu
sgranandu cu la menti nu rusariu
’nsuffraggiu di la morta mamma mia.

E mentri ch’iu pregava cu fervuri,

ogni divotu chi di ccà passava

cu fidi na candila ci ddumava

sutta li pedi di nostru Signuri.

St’artari misu ’mmenzu a ddù paisi

d’ogni fidili canusci li peni,

pari ca dici: «vulitivi beni

senz’odiu, senza chianti, ma surrisi».

O vecchiaredda cu la testa janca

chi ’nchiani pe la strata purvirusa,

avvicinati, o matri dulurusa,

dammi la manu si ti senti stanca…

… e quandu simu ni lu crucivia

ogn’unu pigghia pe lu so’ caminu,

s’abbrazza lu so’ pallidu Destinu,

lu bagagghiu pisanti e… Cusì sia!

“Sulla strada del Calvario” è invece tratta da L’eterno sentire (1974):

Lasciatemi salire,

arrancare ancora una volta

per questa pietraia.

Lasciatemi baciare ancora

la croce arrugginita
dell’icona.

Sarà l’ultima volta.

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Addio, Roberto

Caro Roberto,
avevamo capito tutto quando a maggio non ti vedemmo svoltare l’angolo della piazza per venirci incontro con la tua inseparabile sigaretta accesa. Avevamo saputo che non stavi bene, per cui quest’anno non ti era stato possibile trascorrere i tuoi “soliti” cinque mesi a Sant’Eufemia.
Ci piaceva la tua vita da pensionato: sette mesi a New York e cinque a Sant’Eufemia. La tua simpatia, il tuo affetto e la tua educazione: sentimenti antichi che ti rendevano giovane tra i giovani. E noi a cercarti, contendendoti ad altre comitive, per proporti qualcosa di interessante. Una gara per avere la tua presenza: “Roberto, stasera non prendere impegni: si va per un gelato”. Oppure, improvvisamente, tutti sulle macchine e via verso l’Aspromonte, per una spaghettata alle due di notte in una casetta di campagna, bibite e companatico vario racimolati nelle dispense delle nostre cucine.

Dei tanti momenti trascorsi insieme ricordo quella volta che Salvatore organizzò una serata per salutarti prima della tua partenza, un paio di anni fa: eravamo una ventina e alla fine saltò fuori una torta in tuo onore che ti fece commuovere.

Ora sei tu a farci commuovere, con la notizia di oggi, che ci ha spiazzato nonostante fosse attesa. Non ci abitueremo mai alla morte, al suo mistero e ai crateri che lascia nell’anima.

Voglio ricordarti così, a capotavola col bicchiere alzato.

Addio, amico mio.

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Più politica, meno antipolitica

È l’eterno conflitto tra impegno e disimpegno, in uno scenario per niente incoraggiante e con le spie dell’antipolitica che lampeggiano impietosamente. Da troppi anni ormai. Percentuali dell’astensionismo in crescita, movimenti di protesta come Cinque Stelle capaci di exploit imprevedibili. Anche se l’impressione è che Grillo e Casaleggio abbiano “scartato” la chiusura. Un po’ ciò che successe a Mariotto Segni dopo il trionfo nel referendum per l’abolizione della preferenza plurima alla Camera, in barba a Bettino Craxi e al suo “andate al mare”, rivolto agli elettori nel giugno del 1991.

Ci siamo passati in molti dalla scelta della diserzione dalle urne. Nell’attesa di segnali che non sono arrivati e con l’unico risultato di esserci ritrovati con un governo che non voleva nessuno e che, dicono, non ha alternative. Intanto, i morsi della crisi economica si fanno ogni giorno più laceranti sul corpo martoriato di un Paese che ha da tempo smesso di camminare. Impallato come un vecchio computer che non riesce a caricare nemmeno una foto. E la foto è sempre la stessa, quella di una transizione infinita, dalla Prima Repubblica a non si sa bene cosa: sullo sfondo, l’ombra ingombrante e decadente di Silvio Berlusconi. Ferito e braccato, incerto tra il “tanto peggio, tanto meglio” e un’uscita di scena non troppo umiliante.

E poi una crisi morale drammatica, della quale i “rimborsopoli” che si susseguono a scadenza regolare quasi ovunque rappresentano soltanto la punta dell’iceberg. Una vergogna infinita e insopportabile, al pensiero di quanti perdono la dignità rovistando nei cassonetti della spazzatura, alla ricerca di un pomodoro o di una patata, marci ma ancora commestibili.

Viene voglia di riprovarci. Forse per l’ultima volta. E non perché non ci siano al di fuori della politica energie e opportunità per incidere concretamente sui drammi quotidiani. Il meglio questo Paese lo dà nel no-profit, nell’impegno taciturno di cittadini privati, associazioni, organizzazioni di volontariato. Si tratta quindi di trasferire dalla casa, dalla scuola, dal posto di lavoro e dai luoghi di aggregazione al “livello” della politica l’impegno profuso quotidianamente per rendere migliore la società in cui viviamo.

Non è semplice e la storia insegna che i fallimenti sono in prevalenza. Ma abbaiare alla luna è fatica sprecata e l’antipolitica non riuscirà mai a risolvere i guasti della politica, che va redenta dal suo interno. Ecco perché c’è bisogno di più politica, nel suo significato più nobile di strumento volto alla realizzazione del bene comune.

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