In un piccolo centro, il bar è un microcosmo rassicurante perché frequentato sempre dalla stessa gente, tranne i casi in cui un quattro di bastoni calato al momento sbagliato, una donna di quadri scartata con troppa leggerezza o una “bevuta” colossale a biliardo non provocano fratture insanabili che poi ognuno si porta fin dentro la tomba. In quel caso, uno dei contendenti difficilmente vi metterà più piede, o se lo farà, niente sarà più come prima.
Anche chi manca per molti anni dal paese, una volta ritornato non avrà grosse difficoltà a risintonizzarsi coi ritmi lenti dei frequentatori di un bar. Un mondo pressoché immutabile. Difatti, alla domanda “che si dice?”, la risposta è inevitabile: “la solita” (o “la solita vita”, quando l’interlocutore è particolarmente loquace). Passano gli anni e si succedono i clienti (fisiologia), ma i “tipi” di avventori rimangono – più o meno – gli stessi.
L’ALLENATORE. Ogni bar che si rispetti ha un buon 90% di clienti in grado di far giocare divinamente qualsiasi squadra di calcio, di operare la sostituzione giusta al momento opportuno, di vincere a mani basse tutte le competizioni, nazionali e internazionali. A queste latitudini, il triplete sarebbe all’ordine del giorno; il campionato del mondo di calcio, poco più di una gita di piacere.
IL CUBISTA. Spara, spara, spara. Ma non è un violento. Le sue pistole – come ne Il signor Hood – sono “caricate a salve”, anzi a balle. Il cacciatore non torna a casa con meno di 20-30 tordi o due cinghiali grandi quanto un elefante. Il cercatore di funghi spiana la montagna, palmo per palmo, e riempie il cofano dell’auto di porcini. Il pilota di Formula Uno va a Reggio in quindici minuti, anche ora che l’autostrada è un interminabile doppio senso di marcia. Dalle sue dichiarazioni, occorre estrarre la radice cubica.
IL REDUCE. Generalmente è pensionato, o comunque ha un’età che prima della stretta montiana dava diritto a un meritato e retribuito riposo. Ora riposa soltanto, gratis. Inizia tutti i suoi discorsi con “ai miei tempi” e ti fa capire di avere vissuto e di conoscere il mondo meglio di chiunque altro. Mica è come te, che non hai mai fatto alcunché di memorabile. Le sue gesta meritano di essere tramandate ai posteri, affinché si sappia che il paese può vantare tra i concittadini un supereroe.
LA FAINA. Quando porta appresso il borsello, bisogna aprire gli occhi. Probabile che, in un paio di minuti, scompaia il giornale. L’informazione è importante, specie quella locale, l’unica che realmente interessi. Una particolare convenzione con l’edicolante preserva infatti dal rischio di ritrovarsi senza quotidiano nei giorni di retate importanti o fatti di cronaca nera in zona. C’è anche quello che, se ti distrai un attimo, sfila dall’espositore sul bancone un pacco di caramelle o di gomme da masticare. Ed è convinto che ti abbia fregato, solo perché tu lo lasci perdere.
IL POLITICO. Da quando sono in auge i tecnici, è stato soppiantato da un’altra figura: l’economista. In ogni caso, ha la ricetta pronta per ogni tipo di problema. Dal comune al Parlamento europeo, siamo rappresentati da una manica di incompetenti e di ladri, feccia da mettere al muro. Al loro posto farebbe però lo stesso, perché tanto “se non rubi tu, ruba un altro”. Una logica impeccabile, che giustifica il livello infimo del suo senso etico (“lo fanno tutti”; “tutti colpevoli, nessun colpevole”).
IL SOPRAMMOBILE. Non consuma, non partecipa a nessun gioco, non fa niente. Al massimo, guarda la televisione, senza neanche capirci molto. Però è sempre presente. In un mondo senza più punti di riferimento, costituisce una rara certezza. Lo alzi, togli la polvere e lo risistemi al suo posto. Ormai fa parte dell’arredamento, come il frigorifero dei gelati o l’espositore delle patatine.
LO SCROCCONE. Passa e ripassa tremila volte davanti al bar, aspettando l’attimo in cui individua la potenziale vittima. In realtà, con quello che costa la benzina, gli converrebbe fare da sé, e magari offrire lui. Il piano B è invece più temerario e spinge il nostro fino ai tavoli di gioco per salutare, nella speranza che qualcuno gli chieda “prendi qualcosa?”. Fatica sprecata, con gente ormai scafatissima.
IL LATIN LOVER. Quando ancora esisteva il telefono a gettoni, passava ore e ore a bisbigliare parole incomprensibili, coprendosi la bocca con la mano (molto prima di Fabio Capello e Antonio Cassano), sempre sul punto di strangolarsi col filo della cornetta. Oggi è diverso. Quando gli parte la suoneria di “ai se eu ti pegu”, cerca la complicità del tuo sguardo per comunicarti la fatica di essere Casanova.
IL TUTTOLOGO. È l’evoluzione del “politico”. Altrimenti noto come “la Treccani”, è in grado di guidare le conversazioni più disparate, dalla fotosintesi clorofilliana ai fiumi dell’Asia. Ha però fortemente accusato il colpo dell’avvento di internet. Con la possibilità di verificare in tempo reale ogni sua “pillola di saggezza”, l’autorevolezza è andata a farsi benedire, soppiantata da irriverenti sghignazzate.
IL MESSICANO [amarcord]. Amante della siesta pomeridiana, l’abbiocco post-prandiale sempre in agguato. Una specie ormai in via di estinzione, che ha goduto del massimo splendore negli anni Ottanta. Ne contammo fino a nove, in un caldo pomeriggio di quasi estate, ronfanti sulle sedie, a bocca aperta.