E vissero tutti felici e contenti

L’incontro in prefettura con il presidente Pietro Ciucci ha avuto esito positivo: lo svincolo di Sant’Eufemia si farà. Questa la promessa del numero uno dell’Anas nell’incontro odierno. Con una postilla al vetriolo: entro cinque anni.

Tempi burocratici, si dirà, necessari per consentire l’approvazione e il finanziamento di un nuovo progetto.

Tutti soddisfatti, quindi: la regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria, i sindaci del comprensorio, il Comitato per il mantenimento dello svincolo.

Mesi di lotte, ma il risultato c’è. Tangibile. E vai con la corsa ad intestarsi l’esito positivo della vicenda.

Nell’attesa che la promessa venga mantenuta, verrà messa in sicurezza l’arteria che collega il vecchio svincolo di Sant’Eufemia con quello di Bagnara nel nuovo tracciato. Una soluzione che conferma la tesi iniziale di “vox populi”: alla fine della fiera, occorrerà battersi il petto se si potrà continuare a transitare sul vecchio tracciato, per il quale si temeva la demolizione.

Un’ipotesi oltremodo penalizzante e dalle conseguenze disastrose anche da un punto di vista logico: si provi soltanto ad immaginare tir e autobus bloccati in qualche tornante di Pellegrina. Impensabile.

“Vox populi” maliziosamente sosteneva anche che l’avvicinarsi delle elezioni avrebbe ammorbidito la posizione di Anas. E così è stato.

Ora se ne riparlerà tra cinque anni. Allegria.

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Una bella notizia

Ho ricevuto una email di Antonello Zucco che mi ha reso molto felice, nella quale mi comunica che l’amministrazione comunale ha approvato la delibera necessaria per potere accettare la donazione delle opere di Nino Zucco.
Ritengo che si tratti di una bella notizia, per due motivi: perché toglie dall’oblio un personaggio che dà lustro a Sant’Eufemia e perché essa è indice di attenzione e sensibilità nuove sul tema della cultura. [D. F.]

Egregio dottore,
La voglio informare che domenica sera mi ha telefonato il Sindaco di Sant’Eufemia comunicandomi che la Giunta del paese aveva approvato una delibera concernente la donazione delle opere di mio padre. Devo dire che sono contento che l’attuale amministrazione abbia preso in considerazione un suo cittadino che sicuramente ha reso onore al suo paese. Il Sindaco mi ha anche detto che ci sentiremo per stabilire una data per ricordare mio padre.
L’autorizzo fin da ora a pubblicare questa email sul suo blog.

Ringraziandola ancora le invio i miei più cordiali saluti nella certezza che presto potremo incontrarci a Sant’Eufemia.
Antonello Zucco

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La lettera di Monsignor Giorgio Costantino

Ritengo opportuno condividere con chi segue il blog l’email che ho trovato poco fa nella mia casella di posta elettronica, ovviamente dopo avere avuto il consenso dell’autore. Monsignor Giorgio Costantino, personaggio di primo piano della Chiesa calabrese, è eufemiese nonché nipote di Nino Zucco. Mi ha scritto a proposito dell’articolo pubblicato qualche giorno fa e il contenuto fa ben sperare sulla possibilità di organizzare qualcosa per ricordare degnamente questo nostro grande artista e letterato. Ho immediatamente contattato telefonicamente Monsignor Costantino e ci siamo ripromessi di risentirci ancora per cercare di realizzare qualcosa di interessante e utile. La nostra idea è quella di coinvolgere il liceo scientifico e l’amministrazione comunale. Speriamo bene.
[D.F.]

Ho letto con una certa sorpresa, ma con vero piacere e soddisfazione in Messaggi nella bottiglia: “Nessuno è profeta in patria: Nino Zucco”.
Sono il nipote, Mons. Giorgio Costantino, anch’io nato a S. Eufemia d’Aspromonte. Vorrei solo comunicarle che con mio cugino Antonello Zucco, figlio dell’artista, ci siamo recati al Comune di S. Eufemia mercoledì 16 gennaio, a parlare con il Sindaco per una eventuale donazione, allo stesso Comune, di alcune opere di pittura e scultura di Nino Zucco. Il Sindaco era fuori sede, ma ci siamo sentiti, tramite l’assessore ai lavori pubblici, per telefono. Il Sindaco insieme con il Vice Sindaco sono venuti a Reggio Calabria il giorno successivo nella mia parrocchia, dove con mio cugino abbiamo loro presentato la donazione che consiste in:

due calcografie della via Crucis di S. Sperato,

un busto dello scultore,

4 opere di pittura.

Mio cugino, inoltre, ha promesso di regalare le fotocopie di tutti i libri scritti dallo zio. Da parte mia ho delle cartelle con articoli e commenti sull’opera di Nino Zucco e un opuscolo che abbiamo pubblicato in occasione del centenario della nascita.

Con il Comune di Palmi siamo rimasti d’accordo che il 5 aprile 2013, in occasione della conclusione del venticinquesimo della morte, ci sarà a Palmi, nel salone Consiliare, una Solenne Commemorazione.

Sarebbe bello che qualche giorno prima si facesse anche a S. Eufemia.

Qualche anno addietro avevamo tentato di interessare l’Amministrazione Comunale di S. Eufemia d’Aspromonte a una eventuale donazione che sarebbe stata più ricca se qualcuno si fosse degnato di rispondere; mio cugino ha donato 20 delle opere di scultura e pittura alla Casa della Cultura di Palmi che gli ha dedicato uno spazio permanente nella sala dedicata a Michele Guerrisi.

Veramente “Nemo propheta in patria”.

Tuttavia siamo in attesa che il Sig. Sindaco e la Giunta facciano una delibera nella quale accettano la donazione e decidono di conservare le opere donate, in dignitosa collocazione, nella Casa Comunale.
Spero che l’entusiasmo suscitato in lei e nella signora Carmela possa contagiare tanti altri eufemiesi.
Con vera simpatia e stima,
Mons. Giorgio Costantino

E quella di Antonello Zucco

Un paio d’ore più tardi è arrivata anche l’email di Antonello Zucco, figlio dell’artista eufemiese. Tra le righe traspare una giustificata amarezza, ma confido sul fatto che Sant’Eufemia faccia ancora in tempo a porre rimedio alle gravi disattenzioni del passato. È il mio auspicio. [D. F.]

Avvertito da mio cugino Monsignor Giorgio Costantino ho letto quanto da Lei scritto riferito a mio padre Nino Zucco in “nemo propheta in patria” e La ringrazio vivamente per le parole e i giudizi che ha voluto esprimere nei confronti dell’artista Nino Zucco. Purtroppo è vero. “Nemo propheta in patria”. E mio padre non è stato particolarmente fortunato con il suo paese Sant’Eufemia d’Aspromonte che lui, invece, ha sempre amato e nel cui comune ha voluto essere sepolto. Infatti le sue spoglie sono a Sant’Eufemia nella tomba di famiglia, accanto al padre e alla madre e ad un fratello, perché ha voluto così perpetuare il suo attaccamento non solo alla terra d’origine, la Calabria, ma in particolar modo al suo paese natale.

Sant’Eufemia e la sua amministrazione hanno solo posto un suo profilo nel sito del comune, pure errato in origine, confondendo il nome della madre, mia nonna Rosina Lirosi di Sinopoli, con quello di mia madre Cinzia Massera, sua moglie, di Roma. Ho dovuto insistere più volte perché l’errore fosse rimosso. Anche da queste piccole cose si può notare la scarsa attenzione.

Ho più volte contattato le varie amministrazioni che si sono succedute nel tempo specificando che avrei fatto una donazione al comune natale di mio padre senza oneri, quindi, per il comune stesso, senza tuttavia aver alcuna risposta. Ultimamente ho riproposto al sindaco del paese la stessa donazione, ma aspetto ancora una risposta.

Ho trovato, invece, un’attenzione particolare da parte dell’amministrazione comunale di Palmi. Il sindaco dott. Barone e l’assessore alla cultura dott. Pace unitamente alla gentilissima dottoressa Mariarosa Garipoli responsabile della Casa della Cultura di Palmi, anche per l’interessamento affettuoso dell’amico professor Giuseppe Livoti, hanno tempestivamente accettato la donazione attraverso una delibera di giunta.
Ho anche letto con commozione il commento di Carmela…. e l’accenno a Caterina Iero, che evidentemente nei personaggi di Fuoco a Diambra e di Mistra hanno forse ritrovato echi e la memoria del tempo passato. Sono particolarmente grato a tutti Loro per questo riconoscimento all’opera di mio padre.
Con animo grato,

Antonello Zucco

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Nessuno è profeta in patria: Nino Zucco

Confesso che fino a un paio d’anni fa non sapevo chi fosse Nino Zucco (Sant’Eufemia, 1910 – Roma, 1987). Nessuno me ne aveva parlato e trovare i suoi libri è lavoro da segugi. Nella biblioteca comunale, aperta al pubblico da non più di dieci anni, credo se ne trovi uno solo: per gli altri, occorre rivolgersi altrove (Palmi, Polistena).

Trasferitosi a Genova a diciassette anni, Zucco lavorò come ebanista in una fabbrica di mobili e studiò da autodidatta. Dopo il servizio militare fece ritorno in Calabria, quindi ripartì alla volta di Roma, dove conseguì gli studi classici ed entrò in contatto con i massimi esponenti della cultura calabrese nella capitale: Leonida Repaci, Corrado Alvaro, Raul Maria De Angelis. Frequentò lo studio dello scultore Alessandro Monteleone e quello dello scultore e filosofo Michele Guerrisi, che commemorò in uno scritto del 1977 (Michele Guerrisi. Scultore, pittore e filosofo). Incontri (1978) è invece il quadro nitido del fermento culturale al quale Zucco partecipò e contiene i “ritratti” di importanti personalità calabresi, italiane e straniere conosciute a Roma: Leonard Bernstein, Salvator Dalì, Francesco Perri, Antonio Piromalli, Leopoldo Trieste, John Steinbeck e Domenico Rea, giusto per fare qualche nome. L’incontro più importante della vita di Zucco fu però quello con Francesco Cilea, che ritrasse al pianoforte in un celebre dipinto e del cui volto realizzò il calco in cera sul letto di morte (Francesco Cilea. Ricordi e confidenze, l’affettuoso e devoto ricordo edito nel 1981).

Zucco fu artista e intellettuale eclettico: giornalista, scrittore, pittore, scultore. Docente in diversi licei artistici (tra i quali il “Mattia Preti” di Reggio Calabria), ricoprì anche la cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti reggina. Realizzò bassorilievi in bronzo per la chiesa di San Sperato a Reggio Calabria e per il cimitero di Francavilla Marittima. Fu corrispondente per la “Gazzetta di Messina” e collaboratore per “La Voce di Calabria”, “Il Progresso Italo-Americano”, “Giustizia”, “Tribuna del Mezzogiorno”, “Airone”, “Auditorium”, “Nosside”, “Nuova Calabria”. Partecipò a importanti mostre: la “VII Quadriennale nazionale romana d’arte”, “L’arte nel Mezzogiorno d’Italia”, il premio nazionale di pittura “Marzotto”, la “Mostra d’Oltremare” di Napoli, il premio nazionale di pittura “Villa San Giovanni” e tante altre rassegne nazionali e internazionali. Il critico Arrigo Benedetti definì il suo libro di racconti Fuoco a Diambra (1956) “un tipico e genuino esempio di narrativa moderna”, mentre Domenico Zappone, recensendo I racconti di Mistra (1977), considerò: “c’è materia per un affresco grandioso degno di un grandissimo artista”.

Il centenario della nascita di Zucco era stato ricordato dall’associazione culturale “Le Muse” di Reggio Calabria (presieduta dal professore e critico d’arte Giuseppe Livoti) con il convegno Nel centenario della nascita: Nino Zucco, una vita per l’arte. E proprio oggi (ore 17), presso la Sala del consiglio comunale di Palmi, il figlio Antonello Zucco consegnerà ufficialmente al sindaco Giovanni Barone 18 opere del padre (taccuini, oggetti personali, acquarelli, grafiche, sculture), nell’ambito delle iniziative culturali organizzate dalla stessa associazione reggina per il 2012-2013.

A Sant’Eufemia, invece, non è mai stato fatto nulla. Mette tristezza constatare che il paese d’origine di una personalità così significativa nel panorama culturale nazionale non abbia pensato di perpetuarne il ricordo, anche soltanto conservandone i libri nella biblioteca comunale e affiggendo (almeno) una targa commemorativa in via Mistra, presso la fontana di Diambra o al Muraglio (Il Muraglio. Cronaca di ieri è il titolo del romanzo pubblicato nel 1983), i luoghi della memoria che hanno ispirato la produzione artistica di Zucco.

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Arriva la consulta

L’istituzione della consulta comunale era uno dei punti qualificanti del programma della lista “Leali al Paese”, tanto che più volte nel corso della campagna elettorale l’attuale sindaco Domenico Creazzo l’aveva collocata tra le prime cose da fare, una volta vinte le elezioni. Un segnale di discontinuità – si disse allora – nel rapporto tra cittadini e politica, per dare all’amministrazione comunale un profilo più inclusivo e dinamico. Un tentativo di innovare facendo ricorso agli strumenti della democrazia partecipata per migliorare la qualità dell’interlocuzione e del confronto dialettico tra amministratori, singolo individuo e collettività. Ma anche un’esigenza “pratica”, utile per rimediare agli effetti negativi causati dal ridimensionamento degli enti locali sotto il profilo della rappresentatività, dopo le sforbiciate del governo centrale che di fatto hanno scaricato nel lavandino bambino (valore della rappresentanza) e acqua sporca (costi della politica), innescando legittime perplessità sulla bontà di un’operazione che, nel nostro comune, ha trasformato in un circolo esclusivo il consiglio comunale (da sedici a sette membri, più il sindaco).

La ratio dell’approvazione del regolamento che istituisce la consulta è tutta nell’esigenza politica e sociale di un coinvolgimento attivo della cittadinanza nella gestione della cosa pubblica. La consulta dovrebbe istituire un filo diretto tra la comunità e l’amministrazione e fungere da cinghia di trasmissione per fare pervenire le istanze e i bisogni dei cittadini dalla società al livello politico. Ascolto, sintesi e azione le tre fasi di un percorso improntato sul metodo del confronto dialettico e democratico.

In dieci punti vengono illustrati i settori di intervento (oggetto): giovani, cultura, pari opportunità e terza età; le finalità: raccordo tra cittadinanza e istituzione pubblica, promozione dello sviluppo culturale e del pluralismo; le competenze: partecipazione propositiva e consultiva (pareri e proposte sulle tematiche in oggetto); la composizione e il funzionamento: un minimo di quindici componenti, tra i quali si dovranno eleggere otto membri del direttivo (compresi il presidente, il vicepresidente e il segretario).

A questi buoni propositi aggiungerei l’auspicio che a presiedere la consulta sia una donna, vista l’assenza del genere femminile dal consiglio comunale. Senza dimenticare che, affinché il passaggio dalle intenzioni alla realizzazione pratica dia esito positivo, occorreranno due condizioni: la partecipazione dei cittadini e una buona propensione all’ascolto da parte dell’amministrazione comunale. Altrimenti sarà il deja vu di dieci anni fa, quando l’istituzione della consulta giovanile realizzata dalla lista “Colomba” si risolse in un paio di incontri inconcludenti. Un’occasione persa e niente più.

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Il pezzettino dell’Agape

Tempo fa mi è stata rivolta una domanda a bruciapelo: “è vero che l’Agape sta per morire?”. A me risultava che l’associazione stesse organizzando alcune iniziative per Natale, poi effettivamente realizzate. La domanda tocca però un nervo scoperto, quello delle difficoltà comuni a gran parte delle associazioni a Sant’Eufemia. Problemi di natura economica, con i costi per il mantenimento di una sede che sono ormai diventati insostenibili e che hanno costretto l’Agape a una scelta sofferta ma saggia: niente più sede “fissa”, almeno per il momento, e impiego delle entrate per lo svolgimento delle proprie attività. Ma anche la “crisi delle vocazioni” (all’Agape come al Terzo Millennio, alla Pro-Loco o a qualsiasi altra associazione) che obbliga sempre i soliti a tirare la carretta da anni o decenni perché il ricambio generazionale è pressoché inesistente, sostanzialmente fermo al “boom” registratosi all’inizio del nuovo millennio.
Un fenomeno molto frequente è infatti l’avvicinamento dei giovani all’associazionismo negli anni del liceo, mentre il passaggio all’università ne determina il distacco. Nuovi interessi, maggiori impegni, trasferimento nelle città delle sedi universitarie: a farne le spese è soprattutto il paese, sempre più povero di energie, intelligenze, freschezza e sempre più vecchio, abulico, prevedibile, immutabile. Ecco perché tutte le associazioni eufemiesi sono un patrimonio da salvaguardare. I segnali di vita della comunità provengono in massima parte da quegli ambienti.

Si fa quel che si può, con le forze che si hanno a disposizione. Nel 2012 l’Agape ha dovuto rinunciare alla tradizionale colonia estiva in favore dei disabili, ma tre matrimoni concentrati nel periodo in cui veniva solitamente svolta significano dodici braccia in meno e difficoltà organizzative insormontabili. All’attivo ci sono i progetti realizzati con l’amministrazione comunale per le aree “anziani”, “disabili” e “minori”, che saranno replicati anche nel 2013 per le aree “anziani” (assistenza domiciliare) e “disabili” (attività di affiancamento agli insegnanti di sostegno nelle scuole), e la collaborazione (confermata anche per l’anno scolastico in corso) con il liceo scientifico “Enrico Fermi” per la partecipazione al concorso “Scatti di valore”, ideato dal Centro servizi al volontariato dei Due Mari di Reggio Calabria per promuovere nelle scuole secondarie di secondo grado i valori del volontariato mediante una serie di attività (laboratori, esperienze di cittadinanza attiva, concorso fotografico “Scatti di valore. Sguardi sui valori del volontariato”). Accanto a queste attività e ai banchetti allestiti per la raccolta di fondi (l’azalea della ricerca per sostenere l’Airc nella lotta contro il cancro, in occasione della festa della mamma; i “kiwi for Kiwanis” per quella contro il tetano materno e del neonato), l’annuale pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, l’organizzazione della “giornata del malato” e le iniziative di solidarietà a Pasqua e a Natale: le visite domiciliari agli anziani, il veglione e la tombolata di solidarietà, la tombolata presso la Residenza sanitaria assistenziale per anziani “Mons. Prof. Antonino Messina”.

Ovviamente si potrebbe fare di più e si potrebbe fare di meglio. Su questo non ci sono dubbi. Ma l’importante è fare qualcosa. Teresa Sarti Strada, cofondatrice di Emergency, soleva ripetere che “se ciascuno di noi facesse il suo pezzettino, ci troveremmo in un mondo più bello senza neanche accorgercene”. È questo il senso di tante vite, di tante belle storie.

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Un tuffo nel passato, uno sguardo sul futuro

Torno sempre con gioia al liceo scientifico “Enrico Fermi”, che a distanza di venti anni continuo a considerare un po’ casa mia. Un luogo dello spirito che racchiude ciò che ero e quel che sono diventato anche grazie ai cinque anni trascorsi tra quelle mura. E poco conta se, all’epoca, l’unico istituto superiore del nostro comune non fosse ospitato negli attuali locali. Non si è mai palpitato per un vestito. Per l’anima che vi sta dentro, sempre.

Non ho trovato i miei vecchi professori; “don” Rocco ci ha lasciati ormai da diversi anni, “don” Nino e la “signora” (mai conosciuto il suo vero nome) credo si siano pensionati. Eppure sento quell’aria e la riconosco. Odore di gioventù, di sogni e di speranze, di banchi incisi col coltellino, di scherzi terrificanti, di sicurezza ostentata per nascondere paure inconfessabili, di storie d’amore che sembravano eterne, di ansia per l’approssimarsi dell’interrogazione o del compito in classe, di entusiasmo e di noia, di frasi “storiche” riportate sul diario, di allegria per un niente e di pianti per lo stesso niente che agli occhi di un adolescente spesso diventa (ed è) tutto.
Inutile dire che ho apprezzato le parole usate nei miei confronti dal professore Pietro Violi e dalla professoressa Carmela Cutrì. E va da sé che mi ha fatto molto piacere parlare davanti a tanti giovani dei miei libri e di questo blog. Mi hanno emozionato gli interventi di Gresy e di Maria Grazia, la freschezza sui visi dei ragazzi e delle ragazze del mio paese. Sono i volti di chi ha il dovere di sognare e dare una nuova speranza ai sognatori che fummo, quand’era giusto sognare perché, come per il viaggio, non è tanto la meta ciò che realmente conta, ma il viaggio stesso, il tragitto che si compie per giungere (forse) a destinazione. La ricchezza dell’uomo è il suo eterno interrogare la realtà che lo circonda e se stesso, alla ricerca di qualcosa che talvolta non si riesce a definire e che invece, semplicemente, è vita.

Ho incontrato la Sant’Eufemia di domani e, per me, è stato il più bel regalo di Natale. Non tutto è nero, non tutto è perso.

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Sete di verità

C’è una bimba di neanche cinque anni che non rivedrà più la mamma. C’è un bimbo, nato appena due settimane fa, che quella mamma non la conoscerà mai. C’è un marito, ci sono genitori e ci sono fratelli accomunati da un unico, grande, inspiegabile dolore. C’è una comunità scossa, perché in un piccolo paese tutti conoscono tutti, direttamente o indirettamente.
C’era Patrizia Pillari, 29 anni soltanto e una vita davanti, due figli da accudire, un marito da amare. C’è invece una famiglia distrutta e le macerie di una felicità che purtroppo non è mai per sempre. E poi c’è la sensazione, terribile, che le cose non siano andate per il verso giusto e che la fatalità non sia argomento sufficiente a spiegare l’immane tragedia. Se così fosse, ci sarebbero responsabilità da accertare e sanzionare. Non perché sia possibile lenire un dolore talmente grande, ma perché non accada più che una ragazza, portata d’urgenza in ospedale dodici giorni dopo il parto, venga rispedita a casa nonostante i sintomi evidenti di problemi di circolazione, tra l’altro noti al personale medico che ne aveva seguito la gestazione.
La “Gazzetta del Sud” di oggi ha dato notizia della denuncia presentata ai carabinieri dal marito Vincenzo Oliveri e del trasporto della salma di Patrizia in ospedale, all’indomani del funerale, per lo svolgimento dell’esame autoptico.
Mai come in questo caso occorre essere cauti e attendere che la giustizia faccia il suo corso, mettendo da parte l’emotività e i tanti cattivi retropensieri. Sull’errore umano e sull’angoscia che assale noi cittadini di serie B anche quando andiamo in ospedale per un banale controllo di routine.

Senza volere anticipare alcunché, né aggiungere niente a quanto è ampiamente riscontrabile sullo stato della sanità in Calabria e in provincia di Reggio, non si possono nascondere la rabbia e lo sconcerto per il dramma di un settore che assorbe la maggior parte delle risorse finanziarie regionali e presenta standard qualitativi da terzo mondo. Non ci fidiamo dei nostri medici, né delle nostre strutture sanitarie. E non parlatemi del dramma degli ospedali costretti a chiudere. Dispiace, ovviamente, per chi ci lavora e ha una famiglia da mandare avanti. Ma sinceramente chi, avendone la possibilità, in presenza di una patologia seria si è mai fatto ricoverare in uno dei tanti ospedali della Piana e non ha invece preso il primo aereo o treno per il Nord, protagonista dei tristemente noti “viaggi della speranza”?

Sono troppi i casi di malasanità denunciati e ancor di più sono quelli non segnalati. E invece va denunciato tutto, non soltanto a tragedia compiuta. Basta con il malinteso senso di rispetto che fa apparire favore l’esercizio di un sacrosanto diritto.
Chi sbaglia deve pagare. Chi sbaglia, in ospedale non ci deve mai più mettere piede.

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Sullo svincolo autostradale

Non trovo superfluo ribadire che nessun eufemiese preoccupato per le sorti del paese non può che sostenere una battaglia giusta, negli obiettivi e nei metodi, chiunque se ne faccia promotore. Questo è il punto di partenza attorno al quale deve muovere ogni altro genere di discussione. Tutti vogliamo (vorremmo) lo svincolo, su questo non si discute. Anche se la sensazione che abbia ragione Mimmo Rositano e che i giochi siano stati fatti da diverso tempo è in realtà molto forte. Bisogna comunque tentare, per non rassegnarsi a un futuro di isolamento. Non è detto che ci si riesca, ma ciò non costituisce un motivo valido per rinunciare a priori alla rivendicazione di un principio sacrosanto: lo sviluppo delle infrastrutture deve essere funzionale alla crescita di un territorio, non alla condanna a morte delle sue attività produttive e alla marginalità sociale della comunità locale.

Nelle ultime settimane, il Comitato per il mantenimento dello svincolo e le amministrazioni comunali coinvolte hanno messo in campo diverse iniziative, a volte in sinergia, altre andando in ordine sparso. Non trovo scandaloso questo approccio. E non perché io sia particolarmente persuaso della bontà della strategia del generale prussiano von Moltke (“marciare divisi e colpire uniti”), uno che comunque di battaglie se ne intendeva. Non lo trovo scandaloso perché a volte ci sono scogli caratteriali difficili da superare. L’importante è che ci sia unità di intenti, che l’obiettivo finale sia per tutti identico. Fino a prova contraria, è bene fidarsi delle persone, soprattutto di quelle che con generosità si stanno spendendo per la causa.

È questa esigenza di remare tutti nella stessa direzione che a volte non emerge con chiarezza, specialmente sulle pagine dei giornali, tra le righe di resoconti che sembrano contraddire e smentire altri articoli.

Dispettucci, normale dialettica politica, legittime ambizioni personali, medaglie da appuntarsi. Qualsiasi definizione può andare bene. E ci sta che sia così. Però c’è una bella differenza tra la “soluzione alternativa”, che non contempla (evidentemente) il mantenimento del vecchio svincolo e il “ripristino delle condizioni originarie”, con il conseguente abbattimento delle gallerie artificiali fatte costruire nel nuovo tracciato. Comunque sia, al netto di qualche colpo basso, la priorità attuale è arrivare ad una soluzione che riduca al minimo i disagi alle popolazioni locali, con il rifacimento del vecchio svincolo o con la “valida” alternativa promessa entro il 15 dicembre.

A margine, una mia personalissima osservazione. Non conosco il personaggio, né è mia intenzione difenderne l’operato. Però mi sembra che il presidente dell’Anas Pietro Ciucci sia diventato una sorta di parafulmine, il bersaglio contro il quale scagliare ogni sorta di anatema, anche al di là delle sue effettive responsabilità. Che sono quelle di un tecnico che risponde alla politica. Per dirla in maniera cruda, più che prendere decisioni, Ciucci è uno che esegue ordini.

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I voti alle primarie

Premessa: non ho votato alle primarie. L’ho fatto in passato e l’esperienza non è stata esaltante. Ho avuto però un attimo di esitazione ieri mattina. Confesso che se fossi riuscito a trovare il seggio ci sarei andato. C’era anche l’indirizzo sul sito “primarie bene comune”, ma stranamente, sul posto, neanche un’indicazione, un manifesto, niente di niente. Però stamattina abbiamo saputo di 200 voti a Bruno Tabacci (su 202 votanti). Un exploit rilevante per il candidato di Agazio Loiero in Calabria, a pochissimi voti dal risultato di Reggio Calabria, prima tra le città della provincia (215 voti, ma su 2.688 votanti). E questo mi basta per pensare che ho fatto bene a risparmiare quei due euro. Nichi Vendola ha preso un voto in meno, io ho evitato di rodermi nuovamente il fegato.

In Calabria le primarie hanno una credibilità prossima allo zero. Truppe cammellate e signori delle tessere gestiscono tutto. Per questo, può verificarsi (si è già verificato) che in certi paesi i voti alle elezioni politiche siano inferiori di quelli raccolti dal partito (o dai partiti) alle primarie. Per la stessa ragione, un voto “carbonaro” come quello di Sant’Eufemia, nel quale non c’è stata mobilitazione da parte di alcuno, nel quale nessun partito svolge attività politica da tempo immemorabile, può dare un esito così sorprendente. Chi doveva fare bella figura con Loiero l’ha fatta e Loiero, anche grazie a questo genere di consenso, avrà argomenti da esporre al tavolo delle candidature, perché su un 6% scarso a livello di coalizione nessuno è disposto a sputarci sopra.

Tralasciamo quindi il contesto regionale e spostiamoci su quello nazionale, basandoci sui dati ufficiosi. Hanno votato circa 3 milioni e 100 mila cittadini. Non tantissimi, ma neanche pochi, in tempi di generale disaffezione per la politica:

Bersani 8 – Ha fatto bene il suo compitino, che era quello di serrare le fila e respingere l’assalto dei rottamatori. La nomenclatura del partito si è schierata compatta in suo sostegno. Bisognerà vedere cosa, se la spunterà al ballottaggio, ciò comporterà in termini di mortificazione della richiesta di novità che sale prepotentemente dalla base e dai movimenti (44,9% in Italia; 54% in Calabria; 51,78% in provincia di Reggio Calabria).

Renzi 9 – È il vincitore morale delle primarie, capace di una mobilitazione che sfrutta al meglio le opportunità fornite dai social network. Personalmente, non mi sta molto simpatico, tranne che per l’affermazione “con noi, l’alleanza con Casini non si fa”. Sfonda in settori della società difficilmente raggiungibili dal Pd: la sua forza, ma anche il suo limite. L’interrogativo è: “cosa faranno i suoi elettori in caso di vittoria di Bersani?” (35,5% in Italia; 22,7% in Calabria; 24,19% in provincia di Reggio Calabria).

Vendola 6,5 – Bene al Sud, per fare bingo avrebbe dovuto superare il 20% e magari (il suo sogno segreto) arrivare al ballottaggio. Probabilmente è stato punito dal format del confronto televisivo: i tempi contingentati (domanda e risposta quasi secca) mal si addicono al suo stile oratorio. Era il candidato più a sinistra, ora dovrà cercare di capitalizzare il suo peso per dare, in sede di stesura del programma elettorale, risposte di sinistra alla crisi economica (15,6% in Italia; 16,5% in Calabria; 19,65% in provincia di Reggio Calabria).

Puppato 5 – Praticamente, era la “quota rosa” di queste primarie. Partiva svantaggiatissima: lei stessa ha ammesso di avere fatto solo 20 giorni di campagna elettorale e di non essere riuscita a toccare 6 regioni. Una candidatura quasi di testimonianza, che ha avuto un riscontro tutto sommato non fallimentare, se si pensa che poteva contare esclusivamente sull’endorsement dell’artista Marco Paolini (2,6% in Italia; 0,7% in Calabria; 0,85% in provincia di Reggio Calabria).

Tabacci 4 – Il più “vecchio” tra i candidati, aspirava a raccogliere preferenze tra la galassia ex e post democristiana del partito democratico e dei movimenti che a quella tradizione fanno riferimento. In Calabria, “Autonomia e diritti” dell’ex governatore Agazio Loiero. È stato un flop, appena appena mitigato dal discreto risultato ottenuto tra la Sila e l’Aspromonte (1,4% in Italia; 5,4% in Calabria; 3,74% in provincia di Reggio Calabria).

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