Preiscrizione al Liceo scientifico “E. Fermi” di Sant’Eufemia d’Aspromonte: il 31 gennaio scadono i termini

Il 31 gennaio scadono i termini per la preiscrizione alle scuole secondarie di secondo grado. A Sant’Eufemia abbiamo una bella realtà, il liceo scientifico “E. Fermi”, che ha attivato anche l’indirizzo scienze umane. È un patrimonio della comunità, che va sostenuto con tutte le nostre forze.
Molto spesso non si apprezza ciò che si ha, salvo lamentarsi quando ci si rende conto che alcuni servizi ci vengono tolti. È sotto gli occhi di tutti la spoliazione subita da Sant’Eufemia negli ultimi anni: la chiusura della banca costituisce l’ultimo tassello di un impoverimento progressivo ed inesorabile. La gente parte in misura ancora maggiore rispetto al passato: non soltanto giovani, ma anche intere famiglie hanno di recente abbandonato il paese. Molte saracinesche si sono abbassate.
Dobbiamo cominciare noi, darci da fare senza attendere miracoli che non esistono. La difesa del buono che abbiamo rientra tra le azioni possibili e necessarie. Il liceo rimane tra le ultime positività del nostro territorio. Difendiamolo, teniamocelo stretto. Non serve andare fuori: abbiamo la fortuna (che è una costante del liceo sin dalla sua istituzione) di potere affidare i nostri figli ad una classe docente preparata e innamorata del proprio lavoro, che dedica ogni energia possibile per la crescita culturale e sociale dei nostri ragazzi.
Facciamone tesoro e cerchiamo di volere bene al nostro paese con gesti concreti. Iscrivere i propri figli nel liceo di Sant’Eufemia significa esattamente questo.

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SP2 un anno dopo

Esattamente un anno fa come gruppo consiliare di minoranza “Per il bene comune”, denunciavamo lo stato disastroso in cui versa la Strada Provinciale 2 che collega Sant’Eufemia all’ex svincolo autostradale. Da allora niente è cambiato. Il manto stradale cosparso di pericolosissime buche lungo i suoi 7 chilometri certifica l’abbandono delle istituzioni che dovrebbero provvedere all’inserimento dei comuni pre-aspromontani nel novero dei paesi civili. Così non è e le “prediche inutili” di chi non può non segnalare la vergogna delle condizioni della viabilità restano lettera morta. I disagi inaccettabili per le centinaia di automobilisti del comprensorio, che quotidianamente percorrono questa importante arteria viaria per lavoro o per qualsiasi altra incombenza, non dovrebbero fare dormire i responsabili di uno sfascio che è sotto gli occhi di tutti. E invece si dorme. Regione Calabria, Città metropolitana: dove siete? Non ne possiamo più di rari e insufficienti interventi di riparazione alla meno peggio delle buche più pericolose: qualche badilata di asfalto che la prima pioggia porta via facendo ogni volta tornare tutto al punto di partenza.
Intanto sono iniziate le grandi manovre in vista delle elezioni regionali e puntualmente si torna a parlare della possibilità di ripristinare lo svincolo autostradale di Sant’Eufemia. I lavori di compensazione/risarcimento che erano stati promessi per mettere un po’ a tacere la protesta provocata da quello scippo che fine hanno fatto? L’intervento “straordinario” da 7,1 milioni di euro dove si è incagliato? O si tratta soltanto di uno specchietto per le allodole da rispolverare nell’imminenza di qualche appuntamento elettorale?
Più di un anno fa un comunicato stampa dell’amministrazione comunale di Sant’Eufemia informava che il 27 ottobre 2017 c’era stata una riunione presso la sede Anas di Cosenza, nella quale si era convenuto che “sarà cura della Regione Calabria provvedere alla progettazione dell’intervento di messa in sicurezza e manutenzione straordinaria della ex Statale 112, nel tratto che va dall’abitato di Sant’Eufemia d’Aspromonte al bivio di Solano” e che “Anas, al termine della fase progettuale, procederà quindi all’esecuzione dei lavori previsti”. Inoltre, si leggeva: “si rappresenta che è in corso una convenzione tra Anas, Regione Calabria e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, da sottoscrivere presumibilmente entro la fine del corrente anno”. Il corrente anno era il 2017: qualcuno, dopo tutto questo tempo, è in grado di dare qualche risposta a queste popolazioni dimenticate da Dio e dagli uomini?

Sant’Eufemia d’Aspromonte – Gruppo consiliare “Per il bene comune”
Domenico Forgione (capogruppo)
Pasquale Napoli

*In foto, la sintesi della nota pubblicata sulla Gazzetta del Sud del 10 gennaio 2019

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La rivista “Incontri” nella storia culturale di Sant’Eufemia d’Aspromonte

Tra il 1988 e il 2005 la rivista “Incontri” e l’Associazione culturale “Sant’Ambrogio” svolsero un ruolo centrale nelle dinamiche culturali e sociali della società eufemiese. Merito principale del presidente della “Sant’Ambrogio” Vincenzino Fedele e dei collaboratori della rivista fu l’avere dato avvio ad una stagione di studi sulla storia di Sant’Eufemia culminata con l’importantissimo convegno per il bicentenario dell’autonomia (1990), i cui atti furono successivamente pubblicati (1997), a cura di Sandro Leanza, in un prezioso volume edito da Rubbettino per l’Istituto di Studi su Cassiodoro e sul Medioevo in Calabria. Quasi contemporaneamente (1999), l’Associazione ristampò inoltre la Breve biografia su Sant’Eufemia d’Aspromonte di Vincenzo Tripodi (arricchita dalla nota introduttiva di Antonino Fedele), la cui prima edizione, pressoché introvabile, risaliva al 1945. Due eventi culturali significativi, che in un certo senso segnano uno spartiacque decisivo. Fino a quel momento, la storia di Sant’Eufemia era materia semioscura e in ogni caso priva di un carattere organico. Era possibile recuperare pezzi di storia eufemiese attingendo a volumetti biografici, ma nulla di più. A cavallo del XX secolo Vittorio Visalli aveva scritto del contributo eufemiese alla causa risorgimentale, all’interno di due volumi di ampio respiro che tutt’oggi costituiscono punto di riferimento imprescindibile per lo studio del Risorgimento calabrese: I Calabresi nel Risorgimento italiano (1893) e Lotta e martirio del popolo calabrese (1928). Successivamente (1935), Luigi Visalli compendiò in Vitaliano Visalli ed i suoi figli. 1790-1860 il contributo della sua famiglia alla causa risorgimentale. Mentre informazioni sparse andavano ricercate nelle commemorazioni dei personaggi illustri di Sant’Eufemia: il discorso tenuto da Michele Fimmanò nel 1900 per il centenario della morte di Carlo Muscari, martire della rivoluzione napoletana del 1799; la commemorazione dello stesso Michele Fimmanò, tenuta dal sindaco Pietro Pentimalli nel 1913, e quella del maggiore Luigi Cutrì, medaglia d’argento nella prima guerra mondiale, ad opera di Bruno Gioffrè nel 1916. Sulla storia del paese in generale, bisognava poi quasi esclusivamente affidarsi all’opuscolo inviato al governo nazionale nel 1911 dalla giunta comunale guidata da Pietro Pentimalli, in occasione delle polemiche sulla ricostruzione dopo il devastante sisma del 1908 (Per la riedificazione di Sant’Eufemia d’Aspromonte). Infine, per la ricostruzione di alcuni aspetti della società eufemiese, i ricordi di Bruno Gioffrè pubblicati nel 1941 (Quarant’anni in condotta), i racconti e le poesie di Nino Zucco, don Luigi Forgione, Domenico Cutrì.
La rivista “Incontri” approfondì il filone degli studi sulla storia, il costume e le tradizioni di Sant’Eufemia, grazie alla passione di collaboratori qualificati: Peppino Pentimalli (che si alternò nella direzione della rivista con Nino Giunta), Isabella Loschiavo, Luigi Crea, Nino Caserta, Pino Fedele, Carmelita Tripodi, Bruno Rugolino, Antonino Luppino, Rosalba Arcuri, Daniele Cassone, Pino Pirrotta.
Fu un impulso decisivo, che aprì la strada a pregevoli lavori. Sul finire degli anni Novanta, Caterina Iero diede alle stampe Sancta Euphemia, Cenni storici, vita civile e costume di Sant’Eufemia d’Aspromonte (1997), mentre Carmela Cutrì ed Eufemia Tripodi pubblicarono Cosma e Damiano. Medici – Martiri – Santi nella storia del culto in S. Eufemia d’Aspromonte (1998). Il resto è cronaca dell’ultimo decennio, nel corso del quale diversi sono stati i lavori dedicati alla storia di Sant’Eufemia da Peppino Pentimalli e da chi scrive.
“Incontri” fu anche una vetrina importante per il territorio, poiché riuscì a dare visibilità al fermento culturale e sociale delle associazioni locali, ad ognuna delle quali fu riservato uno spazio da riempire con il resoconto delle attività svolte o con la presentazione di quelle in programma. Da ultimo, ma non certo per importanza, l’aspetto di filo ideale tra la comunità e i tanti eufemiesi sparsi in Italia e nel mondo prima che l’avvento dei social network annullasse le distanze. Moltissimi erano infatti gli emigrati abbonati alla rivista e seguitissime le rubriche sulle nascite, le morti, i matrimoni o altri eventi particolari (lauree, battesimi). Né mancavano le lettere dall’estero, con la pronta risposta della redazione: puntualissime, in particolare, le corrispondenze dal Messico di Peppino Ortuso.
Sono molto affezionato a quella stagione. Nel lontano 1992 scrissi per “Incontri” il primo articolo della mia vita e, successivamente, vi collaborai più o meno regolarmente fino alla sua chiusura.
Il blog “Messaggi nella bottiglia” è lo spazio che nel 2010 mi sono dato per continuare a scrivere, dopo che avevo tentato senza successo di fare rivivere l’esperienza di “Incontri” con il sito “santeufemiaonline”. Negli anni ho cambiato qualcosa, anche sulla scorta delle reazioni dei lettori: in particolare, rispetto agli esordi, ora cerco di dare più spazio alla storia, agli avvenimenti apparentemente secondari, ai personaggi più o meno illustri di Sant’Eufemia. L’apprezzamento per questo genere di articoli sta a significare che i lettori avvertono il bisogno di sentirsi raccontare, di conoscere le proprie radici, di sentirsi parte di una storia comune. Di riscoprire e di valorizzare la propria identità eufemiese. Da questo punto di vista, la rivista “Incontri” costituisce una fonte inesauribile di ispirazione per gran parte degli scritti da me dedicati a Sant’Eufemia, sul blog o nei libri.

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Incontri di ieri e di oggi

Nel dicembre del 1988 usciva in edicola il primo numero della rivista “Incontri”, edita dall’Associazione culturale Sant’Ambrogio. Per 18 anni “Incontri” ha raccontato la cronaca e la storia di Sant’Eufemia, divenendo uno strumento culturale importante per diversi motivi: è stato il filo rosso che ha tenuto in contatto la comunità locale con i molti eufemiesi sparsi in Italia e nel mondo, prima dell’avvento dei social; ha offerto spunti significativi a chi come me ha avuto voglia di approfondire la storia di Sant’Eufemia.
Mi fa pertanto particolarmente piacere che l’Amministrazione comunale e la Consulta cittadina abbiano voluto raccogliere la mia proposta di dedicare un incontro-dibattito per onorare questa ricorrenza. Sarà l’occasione per parlare della nostra storia e per cercare di capire che direzione sta prendendo l’informazione oggi, quali le opportunità e quali i rischi prodotti dai nuovi strumenti di comunicazione.
L’incontro, moderato da Maria Luppino in rappresentanza della Consulta comunale, mi vedrà tra i relatori insieme al Giuseppe Pentimalli, scrittore e per diversi anni direttore di “Incontri”; Giuseppe Fedele, corrispondente storico per il quotidiano “Gazzetta del Sud”; Monia Sangermano, giornalista ed esperta di informazione e comunicazione on-line; Francesco Martino, curatore del blog “Pont’iCarta”. Concluderà il sindaco Domenico Creazzo.
Appuntamento a domani, 4 gennaio, a partire dalle ore 17.00 presso il palazzo municipale.

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Il Natale di solidarietà dell’Agape 2018

Il Natale di solidarietà dell’Agape ormai da anni impegna i volontari in tre iniziative molto sentite, rivolte ai soggetti più deboli e svantaggiati della comunità eufemiese. La prima ha avuto luogo il 22 dicembre presso la Residenza Sanitaria Assistenziale “Mons. Prof. Antonino Messina”, con la quale sin dalla fondazione si è instaurato un rapporto molto stretto, fatto di visite durante l’anno e di appuntamenti fissi quali la Via Crucis nel periodo pasquale, la Giornata del Malato e, appunto, il pranzo di Natale. Calda e affettuosa come sempre l’accoglienza del personale della struttura, che ha allestito la sala e preparato il pranzo, poi servito agli anziani anche dai volontari dell’Agape. Graditissima la presenza del parroco don Marco Larosa e quella dei bambini delle seconde classi della scuola elementare “Don Bosco”, accompagnati dall’insegnante Rina Bagnato, che hanno reso magico il pomeriggio con le canzoni e le poesie dedicate al Natale. È stato emozionante vedere la stessa allegria sui volti di bambini ed anziani, immaginare lo scorrere del tempo e il filo rosso che lega passato e futuro.


Giorno 24 è stata invece la volta delle visite domiciliari agli anziani e agli ammalati del paese, con la consegna di un ricordino natalizio. L’occasione per stare un po’ insieme, scambiare qualche parola, fare compagnia. Ed è sempre emozionante sentire ogni anno una frase (“vi stavo aspettando”), che infonde calore e gratifica più di ogni altra cosa.


Infine, il 29, l’appuntamento importantissimo della “Tombolata di solidarietà”, al quale la comunità eufemiese ha risposto con la consueta e generosa partecipazione. I proventi della serata consentono infatti all’associazione di “vivere” e di realizzare durante l’anno significative azioni di solidarietà: dalla consegna di buoni alimentari a nuclei familiari in condizione di disagio economico al sostegno delle spese di qualche visita specialistica di soggetti con disabilità, all’organizzazione della colonia estiva per i disabili. Sant’Eufemia è una comunità molto sensibile e solidale. La grande partecipazione che la tombolata registra ogni anno costituisce per l’Agape e per il suo presidente Iolanda Luppino un incoraggiamento per continuare ad operare nel campo della solidarietà, per riuscire a regalare un sorriso o dare un minimo di sollievo a chi vive in condizioni di difficoltà materiale e morale.

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Nino Fedele, l’eufemiese di casa al Metropolitan di New York

Fedele Antonino, figlio di Francescantonio e Rosa Gentiluomo, nasce a Sant’Eufemia d’Aspromonte l’11 novembre 1916. Dopo gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, vissuti tra gli orti di “Campanella”, “Crasta” e “Candelisi”, si iscrive all’Università e si laurea in Giurisprudenza e Scienze Politiche. Partecipa alla seconda guerra mondiale come tenente pilota dell’Aeronautica militare e, nel dopoguerra, vince un concorso per ispettore delle Poste e Telecomunicazioni che ne determina il trasferimento a Roma, nel 1948. Nella capitale può coltivare i suoi interessi per la letteratura e soprattutto per la musica, un retaggio di famiglia trasmesso a Nino ed ai suoi fratelli dal padre, suonatore di violino in chiesa e appassionato cultore di musica classica e lirica. Frequenta il “Teatro dell’Opera” e incomincia a scrivere i primi articoli di critica musicale. Il 31 luglio 1950 sposa Angelina Luppino, ma già l’anno successivo solca l’Oceano Atlantico. Poliglotta (conosce l’inglese, il tedesco e lo spagnolo), ben presto diventa critico musicale per il più diffuso e influente giornale statunitense in lingua italiana: “Il Progresso Italo-Americano”, fondato da Carlo Barsotti nel 1880 e pubblicato in edizione quotidiana, che conobbe il suo periodo d’oro tra le due guerre mondiali, sotto la guida di Generoso Pope. In pochi anni Nino Fedele diventa un autorevole giornalista e il 26 maggio 1959 viene naturalizzato cittadino statunitense.
Per lunghi decenni recensisce le performance degli artisti che si esibiscono a Broadway, nel celebre “Metropolitan Opera House”, anche quando il quotidiano cesserà le pubblicazioni (1988) e la sua eredità verrà raccolta da “America Oggi”, che ancora oggi viene stampato: “per trent’anni – scrive Carmelita Tripodi – è stato un osservatore preciso, quasi pignolo, del cosmo musicale americano ed internazionale, del quale ha scritto con passione innumerevoli piccole pagine di storia” (“Incontri”, gennaio-marzo 1992).
I suoi articoli “ritraggono” i più grandi artisti: la bellissima Anna Moffo, Anselmo Colzani, Luciano Pavarotti, Renata Tebaldi, Renata Scotto, Mario Del Monaco e la “divina” Maria Callas. Con alcuni di loro Fedele intrattiene anche significativi scambi epistolari. In una lettera, Renata Tebaldi (già affermatissima “voce d’angelo”, secondo la celebre definizione del direttore d’orchestra Arturo Toscanini) gli rivolge infatti parole di sincero ringraziamento, che Isabella Loschiavo riporta in un articolo per “Incontri” (aprile-giugno 1997): «Lei sa cogliere tutte le sfumature, conosce perfettamente ogni opera e sa bene quello che dice».
Moltissimi gli scritti di Fedele dedicati alle opere di Puccini. In particolare, apprezza la “Bohème” che, il 14 aprile 1975, segna l’esordio al Metropolitan di Katia Ricciarelli accanto a José Carreras. La sua acuta penna passa al vaglio la messa in scena delle opere di Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Pietro Mascagni, Francesco Cilea, che conobbe personalmente nell’abitazione romana dell’amico d’infanzia Nino Zucco, altro illustre eufemiese, in grande intimità con l’autore di Adriana Lecouvreur; ma si occupa anche di compositori non italiani: Richard Wagner, Jules Massenet, Benjamin Britten. In occasione del decimo anniversario della morte di Toscanini, celebra a tutta pagina il Maestro “simbolo imperituro del genio italiano”.
Nel 1982 gli viene assegnato il premio “Calabria d’Oro”: «Per aver portato oltre confine la sua passione di calabrese, per aver sostenuto con coraggio la voce più alta della nostra arte, per aver testimoniato l’apporto italiano al progresso americano».
Nel 1984 il presidente Sandro Pertini lo insignisce dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana.
Muore a Brooklyn il 5 gennaio 1992.

*Fonti:
– Ufficio Anagrafe e Stato civile del Comune di Sant’Eufemia d’Aspromonte, “Registro delle nascite” (anno 1916);
– Isabella Loschiavo, Scrittori, poeti e giornalisti di Sant’Eufemia d’Aspromonte (terza parte), rivista “Incontri”, aprile-giugno 1997;
– Carmelita Tripodi, Deceduto in Usa il dottor Antonino Fedele, rivista “Incontri”, gennaio-marzo 1992;
– Nino Zucco, Incontri, Edizioni E.P.A.R., Roma 1978, pp.66-68.

**La foto è tratta dalla rivista “Incontri”, gennaio-marzo 1992.

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Lettera dal Quirinale

Una ventina di giorni fa avevo inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella una copia del libro “Sant’Eufemia d’Aspromonte e la Grande Guerra”. Lo ritenevo un gesto doveroso nei confronti di colui che “rappresenta idealmente la storia della nostra patria”, come scrissi nella lettera di accompagnamento.
Ieri ho ricevuto la risposta dell’Ufficio di Segreteria del Presidente della Repubblica. C’è un passaggio che mi emoziona e che voglio condividere perché in poche parole racchiude il senso di tutti i miei scritti sulla storia di Sant’Eufemia: “testimonianza dell’impegno civico con cui segue la storia del Suo territorio”.
Questa è per me la più grande gratificazione. Ed è anche un riconoscimento di quanto siano preziose le piccole case editrici come “Il Rifugio” di Reggio Calabria che permettono di tirare fuori dall’oblio vicende minime, di dare a personaggi sconosciuti dignità pari a quella dei più celebrati protagonisti della Storia grande.

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Biblioteca comunale: un’occasione mancata

Secondo i dati divulgati dalla Fondazione Openopolis e riportati sul giornale online “Il Corriere della Calabria”, nell’ultimo anno due bambini/adolescenti su tre di Calabria, Sicilia e Campania non hanno letto nemmeno un libro. Un dato preoccupante, che dovrebbe fare riflettere anche sull’importanza di una presenza virtuosa e dinamica delle biblioteche nei territori.
Spiace constatarlo, ma la biblioteca del nostro comune presenta standard qualitativi molto bassi. Eppure gli strumenti per tentare di migliorare la situazione ci sarebbero, se solo si fosse più attenti. Il 23 maggio scorso la Regione Calabria aveva ad esempio emanato un avviso pubblico “per la selezione e il finanziamento di interventi finalizzati a sostenere il funzionamento delle biblioteche e degli archivi storici calabresi” (decreto dirigenziale n. 5052). L’azione 1 mirava a “sostenere il funzionamento delle biblioteche calabresi degli Enti locali, dei Sistemi Bibliotecari, delle Biblioteche scolastiche e delle biblioteche riconosciute di interesse locale con DPGR”. L’azione 2, invece, era riservata agli archivi storici. Per l’azione 2, in ogni caso, non ci sarebbe stato niente da fare, non avendo Sant’Eufemia un archivio storico comunale. Ma questo è un altro discorso, che tra l’altro ripeto inutilmente da più di dieci anni.
Veniamo all’azione 1. Pochi giorni fa la Regione Calabria ha approvato la “graduatoria provvisoria del finanziamento degli interventi finalizzati a sostenere il funzionamento delle biblioteche e degli archivi storici calabresi – annualità 2018” (decreto dirigenziale n. 12542 del 5 novembre 2018). In particolare, per l’azione 1 (quella destinata alle biblioteche) sono stati ammessi al contributo regionale 80 progetti; 15 proposte non sono state ammesse per il mancato raggiungimento del punteggio minimo; 19 sono state escluse dalla valutazione per la mancanza di requisiti o per errori formali.
Ho cercato inutilmente tra gli allegati il comune di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Non è presente in nessuno dei tre elenchi pubblicati: né tra le proposte finanziate, né tra quelle escluse. Ciò significa che l’amministrazione comunale non ha nemmeno presentato la domanda per accedere al finanziamento.
Sinceramente, tutto questo suscita amarezza. Insomma, la biblioteca comunale è là, a languire. Da poco sono stati almeno sistemati negli scaffali i volumi che per quasi due anni hanno fatto bella mostra sparsi disordinatamente un po’ ovunque, rendendo di fatto non fruibile la biblioteca stessa. Continuo a credere nella funzione culturale delle biblioteche in una comunità: luoghi che però hanno bisogno di essere animati con atti e fatti, altrimenti si riducono a cimiteri di libri.
Sappiamo bene che i fondi destinati alla cultura sono sempre striminziti. Proprio per questo è auspicabile una maggiore attenzione da parte di chi ha responsabilità amministrative per tentare di intercettare quelle poche opportunità che ogni tanto si presentano.

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Mimì Occhilaudi

L’unico ritratto esistente, sguardo intenso e capelli indomabili, ci consegna l’immagine di un uomo tormentato da demoni silenziosi, come il ragazzo spartano richiamato da Edgar Lee Masters nei versi dedicati a “Dorcas Gustine” (Antologia di Spoon River), che “nascose il lupo sotto il mantello/ e si lasciò divorare, senza un lamento”. Domenico Giovanni Occhiuto elesse la solitudine a compagna di vita e musa ispiratrice. Figlio di Fortunato e Carmela Laudi, nacque il 24 giugno 1894 a Sant’Eufemia d’Aspromonte e, secondo quanto ricordato da Giuseppe Pentimalli sulla rivista “Incontri” (“Mimì Occhiuto, poeta dimenticato”, dicembre 1988), visse per lunghi anni in uno stato di grave indigenza: «Viveva di elemosine, nel senso che di tanto in tanto le persone più abbienti del paese lo invitavano a pranzo, vuoi per pietà vuoi per la curiosità di conoscere meglio questo tipo estroso». Un minimo di aiuto lo riceveva anche dal Comune, per il quale svolse compiti di archivista e copista degli atti amministrativi finché non fu assunto come impiegato, nel 1940.
Solitario e taciturno, Occhiuto fu autodidatta e scrisse essenzialmente per se stesso: della sua produzione è giunta ai nostri giorni la selezione di liriche “Polvere senza pace. Il rogo, la cenere, il vento”, pubblicata nel 1968. Un anno dopo, moriva a Reggio Calabria (2 novembre 1969).
Tutte le altre sue poesie sono andate perdute, a parte il carme “Ave, Saturnia Tellus”, stampato dalla Tipografia “C. Zappone” di Palmi nel 1933 con due titoli (il secondo: “Saluto alla terra rifiorente”), che in piena epoca fascista saldava il tema poetico della rinascita della natura con quello politico della rinascita della nazione. D’altronde, anche in un coevo manoscritto inedito e pervenuto a me in fotocopia, Occhiuto esalta il mito del primato italiano, che trova occasione di grande propaganda nell’impresa transoceanica di Italo Balbo (“Per la crociera atlantica del Decennale. Ai trasvolatori degli oceani”). Un altro inedito richiama invece la tradizione della satira di costume (“Galleria degli uomini illustri del mio paese. Primo profilo della serie”) e doveva essere parte di un progetto incompiuto, o comunque andato disperso, con il quale “u poeta” si proponeva di mettere alla berlina i personaggi più in vista della comunità eufemiese. Forse una vendetta contro coloro che a volte lo schernivano (un altro suo soprannome meno nobile era “secara”: bieta); o forse il tentativo di lenire i tormenti dell’anima dedicandosi ad argomenti più leggeri e divertenti. Mimì Occhilaudi, come amava firmarsi, esplicitando nella fusione dei cognomi dei genitori il forte legame con la madre, sapeva infatti essere pure simpatico. Accadeva ad esempio con i rari compagni di passeggiata, ai quali, dopo avere declamato alcuni suoi versi, scherzosamente chiedeva: «Non ti sembra che siano superiori a questi [e li recitava, n.d.a.] scritti da Dante?».
La cifra autentica della poesia di Occhilaudi è tuttavia dolore cupo e lancinante, strappato dalle viscere con un atto liberatorio che diventa sfiatatoio e terapia. “Polvere senza pace” raccoglie 44 componimenti, più due parti del poema “Per un granello di sabbia”, rimasto incompiuto. In particolare “Episodio della morte di Cristo” (l’altra è “Episodio della eruzione del Vesuvio e della distruzione di Ercolano e Pompei”) assurge a paradigma dell’umana sofferenza: “…e ciascuno risale un suo calvario/ per esser solo sul più alto vertice/ a illuminarsi col proprio dolore/ e riscattarsi solo con la morte,/ sì che ciascuno in lui si riconosca”.
Ma è in liriche come “Attesa”, “La serie dei tramonti” e “L’ospite” che la poetica dell’autore si manifesta compiutamente come capacità di tradurre in versi solitudine e silenzi.

ATTESA
Lume di luna penetra
tra le socchiuse imposte
e si diffonde per la muta stanza
soave, malinconica chiaria.
Sparse nell’alta quiete,
le cose s’affratellano nel sonno,
mentr’io supino, sul mio duro letto,
veglio bruciato da fuoco d’amore.
Triste, crudele, interminabil notte!
Abbandonata alla deriva l’anima,
invano invoco il balsamo del sonno
turba di larve m’affolla il pensiero
nel brulichio ondoso di penombre
sulle pupille spalancate, inerti…
E tu non vieni…
Viene solinga alla finestra l’alba.

LA SERIE DEI TRAMONTI
Murati mi sembrano gli occhi,
li sigillò la pena
che non trovò più lacrime da piangere…
Ora è deserto intorno,
arido vento mi fa cencio l’anima
e con sperduti occhi
guardo ogni sera declinare il giorno.

L’OSPITE
Nessuno m’attende la sera
– tra luce e penombra – vegliando
le care cose sparse per la stanza.
Quand’io rincaso deluso,
triste che quasi m’avvinghio alla morte,
nessuno m’accoglie.
Sopra la soglia, nella fredda notte
viva, nel fitto buio
di un infinito brulichio di stelle
e del cantare di lontane acque,
mi si richiude alle incurvate spalle
con secco schianto
la porta
coperchio di bara.

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Cent’anni dopo

«Mi affascina il mistero delle vite/ che si dipanano lungo la scacchiera…»: è l’inizio di una bellissima canzone di Francesco Guccini (“Vite”), cantautore che amo e che spesso ha ispirato le cose che scrivo. Quando iniziai la ricerca sui soldati di Sant’Eufemia che presero parte alla prima guerra mondiale, mi affascinava l’idea di soddisfare la mia curiosità; e ancor più mi affascinava la speranza di riuscire ad andare oltre le statistiche, che pure mancavano.
Volevo trovare i numeri, ma a quei numeri volevo dare un nome, un cognome e un’età. Disegnarli sul foglio: altezza, colore dei capelli e degli occhi, colorito del viso, segni particolari. Conoscere la vita che avevano in paese. E poi fare uno sforzo in più: affiancarli mentre partivano per il fronte e stare con loro sul Carso o sull’altopiano di Asiago, sul fronte francese o su quello balcanico. Nel freddo delle trincee, affamato come loro quando non arrivavano i rifornimenti. Tra gli stenti dei campi di prigionia. Vivere anch’io il dramma e gli orrori di quella immane carneficina. I boati delle cannonate, la pioggia degli shrapnel, i gas asfissianti. La follia degli attacchi “in salita” per conquistare una cima, mentre dall’alto le mitragliatrici del nemico si esercitavano in un facilissimo tiro al bersaglio. Respirare il tanfo dei cadaveri in putrefazione, nei campi di battaglia ridotti a paesaggio lunare. Sentire con le mie orecchie i lamenti dei feriti e le urla disumane degli amputati (“sembrava che scannassero maiali”); poggiare la mia mano sulla fronte degli ammalati, nei lettini degli ospedali da campo. Trascorrere i miei anni migliori con la morte accanto, come loro. Questo volevo.
Ricordare è un atto di giustizia, fare opera di memoria significa riconoscere pari dignità alle piccole/grandi pagine di storia scritte dai nostri avi. Staccare dalle ragnatele del tempo le loro vite, tirare fuori dall’ombra dell’oblio quei 580 giovani di Sant’Eufemia spediti in posti a loro sconosciuti: contadini, pastori, calzolai, falegnami, mulattieri. Erano i nostri nonni, furono fanti mandati al macello. Si beccarono polmoniti, malaria, infezioni intestinali. Patirono il congelamento dei piedi. Furono fatti prigionieri (72) e furono feriti (130). Morirono in 88 (più un soldato fucilato per diserzione): 39 sul campo di battaglia (11 dei quali dispersi), 15 in seguito alle ferite riportate in combattimento, 5 per gli effetti dei gas asfissianti, 6 nei campi di prigionia, 21 per malattia, 2 per infortunio.
Li ricordiamo oggi, cent’anni dopo, come un dovere.

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