Il tributo di sangue versato dal popolo eufemiese per la causa nazionale nella Prima guerra mondiale porta il nome di ottantotto giovani chiamati a combattere in terre lontane e sconosciute, accanto a soldati dei quali risultava complicato comprendere i discorsi, in un’epoca in cui ogni italiano parlava il dialetto della propria terra d’origine e, nella trincea, il calabrese riusciva a farsi capire dal veneto o dal sardo soltanto a gesti.
Degli ottantotto morti sul fronte o in qualche ospedale militare, quattro ebbero l’onore dell’intitolazione di una strada nel nuovissimo quartiere Pezzagrande, sorto negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, in conseguenza dell’edificazione post terremoto 1908.
La medaglia di bronzo al valor militare Salvatore Crea fu sergente presso il 161° reggimento fanteria “Ivrea”. Impegnato sull’altipiano di Asiago fino all’estate del 1916, da ottobre fu trasferito in Macedonia, dove trovò la morte a neanche 28 anni, il 12 aprile 1917, nel corso degli scontri per conquistare “quota 1.050” nel settore del Colle di Vrata-Meglenci.
Lo studente ventitreenne Antonino Rechichi prese parte alla Grande Guerra come sottotenente nel 227° reggimento fanteria “Rovigo” e morì sul Carso il 2 novembre 1916, durante la IX battaglia dell’Isonzo, in uno dei tanti assalti per la conquista di monte San Marco.
L’avvocato Emilio Tropeano, tenente nel III reggimento Genio, chiuse gli occhi in un lettino dell’ospedale militare di Messina l’11 ottobre 1917, all’età di ventinove anni.
Informazioni più dettagliate riguardano invece la biografia della medaglia d’argento al valor militare Luigi Cutrì, in virtù della pubblicazione del discorso commemorativo tenuto dal medico, poeta e scrittore Bruno Gioffré nella sala del consiglio comunale il 3 gennaio 1916 (Per un prode. In onore di Luigi Cutrì, maggiore del 12° reggimento fanteria, caduto sul campo il 30 novembre 1915) e a quella dell’orazione dell’arcidiacono Antonino Tripodi, il quale nel suo Discorso in memoria di Luigi Cutrì definì “poeta della milizia” il compagno di banco al quale i fascisti eufemiesi, nel 1922, dedicarono il fascio di combattimento appena costituito.
La carriera di Luigi Cutrì al servizio dell’esercito italiano era iniziata a diciassette anni, età in cui si arruolò volontario. A venti, nel 1889, partecipò da sottotenente alla guerra d’Eritrea e guadagnò una medaglia di bronzo, la promozione al grado di tenente e l’encomio solenne del capitano Umberto Ademollo. Nel 1911, con i gradi di capitano, fu tra i protagonisti della vittoria italiana nella guerra italo-turca (o di Libia), al termine della quale poté fregiarsi il petto della prestigiosa croce dell’Ordine militare dei Savoia. Allo scoppio della Grande Guerra, chiese di partire volontario. Ferito una prima volta il 4 luglio 1915 nell’assalto per la conquista del monte Podgora (Piedimonte del Calvario, frazione di Gorizia), fu nominato maggiore del XII reggimento fucilieri per merito di guerra e assunse il comando del battaglione. Proprio mentre attorno al monte Podgora infuriavano i combattimenti della IV battaglia dell’Isonzo, Luigi Cutrì moriva sul campo, il 30 novembre 1915.
Via maggiore Cutrì si trova nel cuore di Sant’Eufemia ed è la strada più ampia del centro urbano, una caratteristica evidenziata dall’espressione «’a quindici metri», che la definisce nel gergo popolare.
*La cartolina commemorativa dei caduti eufemiesi nella Grande Guerra è di Caterina Iero, che ringrazio per la gentile concessione.