Il cavallo di Chiuminatto – Errata corrige

Nel corso della presentazione del libro fatta qualche giorno fa mi è sorto il dubbio di avere commesso una svista relativamente alla voce “via sergente Crea”.
Sono andato a controllare e in effetti è così. Il tratto di via sergente Crea che oggi ricade all’interno della Pineta comunale è compreso tra via Fimmanò e via De Nava. A pagina 48 del libro ho invece scritto “tra via Fimmanò e via tenente Tropeano” (che è la parallela sopra via De Nava).

Come potete vedere dalla foto, io ho già corretto l’errore.
Se volete, passo casa per casa e provvedo di mio pugno!

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Il cavallo di Chiuminatto alla pineta comunale

La presentazione del 18 maggio presso la sala del consiglio comunale si era svolta appositamente di mattina, per privilegiare la partecipazione dei ragazzi del liceo scientifico “Enrico Fermi”.

Già in quella occasione avevamo però preannunciato una replica da tenere nel mese di agosto, per dare la possibilità di essere presente a chi per impegni di lavoro aveva dovuto rinunciare, ma soprattutto per offrire una serata all’insegna della memoria ai tanti eufemiesi emigrati, che in questi giorni sono rientrati per trascorrere in paese le vacanze estive.

L’appuntamento quindi è per le 19.00 di domenica 11 agosto, al fresco della pineta comunale.

Vi aspetto

D.F.

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Il cavallo di Chiuminatto sulla Gazzetta del Sud

Grazie al bel lavoro pubblicato dallo studioso Domenico Forgione

Adesso S. Eufemia d’Aspromonte conosce per intero la sua storia

– di Giuseppe Fedele [Gazzetta del Sud, 23 giugno 2013]

La sala consiliare del palazzo municipale ha ospitato la presentazione dell’ultima opera di Domenico Forgione, “Il cavallo di Chiuminato” – Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte, edito da Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro. Dottore di ricerca, giornalista pubblicista e blogger, con interessi per la storia e la letteratura, il volontariato, la politica e lo sport, già autore de “Il ’68 a Messina” (1999), “Fascismo e Prefetti a Catanzaro 1922-1943” (2005), e “Sant’Eufemia d’Aspromonte. Politica e amministrazione nei documenti dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria. 1861-1922” (2008), Domenico Forgione ha dedicato la sua ultima opera al prof. Rosario Monterosso, che fu suo docente al liceo ma soprattutto suo maestro di vita, di recente scomparso, ed ai fratelli Mario, «che da queste strade è partito», e Luigi, che in questa cittadina è tornato.
Con la pubblicazione de “Il cavallo di Chiuminatto” – Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte, il cui contenuto è costituito da vicende vere che messe insieme formano la storia vera della città, lo scrittore ha inteso mettere a disposizione dei propri concittadini il frutto delle sue ricerche stimolandoli, così, a recuperare ricordi, personaggi e memorie della loro comunità, spesso non conosciuti. Come nel caso del Chiuminatto riportato nel titolo del libro, che altri non è se non il nome del titolare della ditta che, in territorio di S. Eufemia d’Aspromonte, costruì il ponte in ferro e la galleria nel tratto ferroviario che collegava Gioia Tauro a Sinopoli.

L’opera di Forgione, sulle strade, i toponimi delle strade e le storie dei personaggi che naturalmente i toponimi sottintendono, è un affresco degli ultimi tre secoli di storia del paese. Naturalmente, accanto ai toponimi delle strade e alla storia dei personaggi, c’è anche un riferimento specifico a usi e costumi del paese, agli antichi mestieri che non ci sono più ed anche naturalmente al modo di vivere che si è evoluto nel tempo e che comunque è stato fotografato nel libro dall’autore. In definitiva, “Il cavallo di Chiuminatto” costituisce un complesso di storia nazionale mista a storia locale per cui, ad un certo punto, ci si imbatte in una panoramica sul Risorgimento e sull’apporto che ad esso è stato dato dagli eufemiesi, impegnati eroicamente anche nella grande guerra.

Pur senza fornire ulteriori anticipazioni e approfondimenti, al termine della cerimonia di presentazione Domenico Forgione ha annunciato l’imminente pubblicazione di una nuova opera da lui realizzata assieme al prof. Giuseppe Pentimalli, autore fra l’altro del “Vocabolario ragionato del dialetto femijotu”.

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Il cavallo di Chiuminatto. La recensione di Antonio Ligato (Gazzetta del Sud)

È raccontata ne “Il cavallo di Chiuminatto” di Domenico Forgione
Una storia che sottrae all’oblio i nomi di tanti eufemiesi illustri 
– di Antonio Ligato  (“Gazzetta del Sud”, 20 giugno 2013 – Pag. 23)

Si deve ad Aurelio Rigoli, etnologo dell’Università di Palermo, la definizione, che è esplicativa di un nuovo modo di fare storia: «etnostoria» come metodo d’indagine storica che utilizza tutte le fonti a disposizione dello studioso, non soltanto quelle “ufficiali”, ma anche quelle sommerse degli archivi comunali e delle chiese, delle carte private delle famiglie illustri, senza trascurare le fonti orali, la cultura e la sapienza popolare. Anche Cesare Pavese, aveva scritto che un paese senza la provincia non ha nerbo. Queste considerazioni ci vengono in mente leggendo il volume di Domenico Forgione, dottore di ricerca, giornalista pubblicista, fresco di stampa: Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storia di Sant’Eufemia d’Aspromonte (Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro, Delianuova (RC) Aprile 2013). Partendo dall’espressione «Poti quantu o cavaddu i Chiuminati» riferito ai cavalli impiegati, negli anni Venti, per i lavori di costruzione del ponte della ferrovia e della galleria, nel tratto eufemiese delle linee Taurensi, eseguiti dalla ditta genovese di Giacomo Chiuminatto, il testo di Forgione dimostra che accanto agli storici di professione c’è un esercito di storici locali. Costoro, con pazienza, scavano negli archivi dimenticati dei paesi e delle parrocchie, inseguono indizi, e rispolverano pagine dimenticate di storia. Non si tratta soltanto di storia locale, di «microstoria», perché essa si intreccia con la «macrostoria», la integra e spesso la corregge. Così Forgione non si limita a pubblicare uno stradario di Sant’Eufemia. Attraverso i nomi delle strade ricostruisce, innanzitutto, la storia di una comunità, che gli stessi abitanti del luogo non conoscono. A tutti è capitato di imbattersi nel nome di una strada e di non saper risalire al riferimento storico ch’esso senz’altro contiene. Così emergono dall’oblio i nomi di tanti eufemiesi illustri con le loro vicende: Carlo Muscari, uno dei quindici calabresi giustiziati a piazza Mercato dopo il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 e la caduta della Repubblica Partenopea; Ferdinando De Angelis Grimaldi, graduato dell’esercito borbonico, napoleonico e nuovamente borbonico ai primi dell’Ottocento, guardia urbana e sindaco di Sant’Eufemia, comandante dell’esercito della Terza Divisione calabro-sicula durante i moti del 1848 e in quanto tale condannato a morte in contumacia; Michele Fimmanò, protagonista assoluto della storia politica e amministrativa del Comune di Sant’Eufemia per sessant’anni; Luigi Cutrì, maggiore dell’esercito ed eroe della prima guerra mondiale; Bruno Gioffrè, medico condotto, poeta, e testimone diretto del terremoto del 1908; Vittorio Visalli, lo storico più autorevole del Risorgimento in Calabria. Agli avvenimenti storici si alternano gli aneddoti particolari, le piccole curiosità, che consentono di ricostruire il costume di un tempo e fanno “rivedere” il paese così com’era cinquanta, cento, centocinquanta anni fa, con il suo mercato, i suoi artigiani, i suoi cinema, la sua vita economica, culturale, sociale. Dalla rivisitazione compiuta da Domenico Forgione emergono pure pagine semisconosciute di letteratura eufemiese. La sua opera, già per tutto questo, sarebbe encomiabile. Ma essa va oltre, perché attraverso le vicende dei vari personaggi locali evocati con maestria si risale ai grandi avvenimenti storici del Risorgimento, della prima guerra mondiale, dei decenni successivi, ai quali la Calabria ha senz’altro dato un notevole contributo. Il volume di Domenico Forgione rappresenta, in conclusione, un valido esempio di quel metodo «etnostorico» ben delineato da Aurelio Rigoli.

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Il cavallo di Chiuminatto sul mensile La Piana

Presentato a S. Eufemia d’Aspromonte un pregevole libro di Domenico Forgione 

L’aula consiliare del municipio di Sant’Eufemia d’Aspromonte ha ospitato il quinto appuntamento di “Pagine di storia”, attività culturale fortemente voluta dall’amministrazione comunale guidata da Domenico Creazzo, che nell’occasione ha promosso la presentazione del libro scritto dallo storico eufemiese Domenico Forgione, edito ad aprile dalla casa editrice Nuove edizioni Barbaro di Delianuova: “Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte”.
Ha aperto l’incontro il moderatore della manifestazione Cosimo Petrolino, che ha sottolineato la caratteristica più importante del volume, lo studio della toponomastica come strumento per fare opera di memoria, utile per conservare e tramandare alle future generazioni un patrimonio culturale e sociale che altrimenti andrebbe disperso. Subito dopo, i saluti del primo cittadino eufemiese, che ha assicurato il pieno appoggio a tutte quelle iniziative che mirano alla valorizzazione delle competenze e delle professionalità locali.
Un’attitudine che di recente l’Amministrazione comunale ha in un certo senso “istituzionalizzato” con la creazione della Consulta comunale, che entro l’estate dovrebbe essere pienamente operativa.
L’editore Raffaele Leuzzi si è invece soffermato sul valore didattico delle pubblicazioni di carattere regionale, provinciale e comunale, dato che i libri di scuola “ufficiali” ignorano completamente la dimensione locale della storia e, per alcuni versi, anche della letteratura: un settore nel quale si è ormai da tempo specializzato Nuove edizioni Barbaro, con le ristampe anastatiche di pregevoli e introvabili opere di autori calabresi del Novecento.
E’ seguita poi la presentazione vera e propria del volume, curata dal professore Giuseppe Pentimalli, autore del “Vocabolario del dialetto femijotu” e dal professore Francesco Arillotta, deputato di storia patria per la Calabria, che ha sottolineato il valore scientifico del volume, realizzato sulla base di una corposa documentazione archivistica e bibliografica e l’importanza storica dell’evento. “Il libro – ha detto Arillotta – è un atto d’amore che Forgione manifesta nei confronti del suo paese; ma è soprattutto un regalo fatto all’intera comunità che fa riscoprire il senso di identità, l’orgoglio di sentirsi eufemiesi e l’importanza di coltivare la memoria collettiva”. Un concetto che Arillotta aveva già sottolineato nella stessa prefazione del libro: “Troviamo la dimostrazione che ‘toponomastica’ non è solo ‘nomi di strade’. Dietro quelle scritte, spesso modeste, in nerofumo, o appena leggibili, ci sono sempre storie importanti, che ‘devono’ essere raccontate, perché ‘devono’ essere ricordate”.
In conclusione, l’intervento dell’autore, commosso quando ha voluto dedicare la manifestazione alla memoria del professore Rosario Monterosso, suo docente ai tempi del liceo, scomparso nel novembre del 2012.
Forgione ha ripercorso la “marcia di avvicinamento” alla pubblicazione del libro, dall’elaborazione dell’idea, allo sviluppo della ricerca, alla stesura finale, sottolineandone gli aspetti “curiosi” ma anche le difficoltà che non sono poche quando si tratta della individuazione e della fruizione del materiale documentario locale. Infine il senso della pubblicazione: “Il libro – ha detto – è la tessera di un mosaico più grande che è la storia di Sant’Eufemia. Dare il mio contributo per ricostruirla e restituirla agli eufemiesi (uso volutamente il verbo “restituire”, perché la storia è di tutti, non di chi la scrive) è per me motivo di grande orgoglio”.

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Il Santuario di Sinopoli… a Firenze

Da circa un anno sto raccogliendo gli scritti degli autori eufemiesi del Novecento. Non è semplice, perché spesso si tratta di opere dalla tiratura limitatissima, pubblicate 50-60 anni fa e oltre, più facili da trovare in possesso di collezionisti privati che presso le biblioteche pubbliche. Tra Reggio, Polistena e Palmi ho recuperato una cinquantina di pubblicazioni, che ho fotocopiato o riprodotto digitalmente. Ma ancora c’è da lavorare.
Necessariamente incompleta, ad esempio, è stata la sintesi della produzione letteraria di don Luigi Forgione, da me proposta in occasione del centenario della nascita, anche se all’appello mancavano due opere su sette: Sinopoli e il suo Santuario; Verso l’Alto.
Mancavano.
La cosa che più mi sta gratificando in questa ricerca è la disponibilità che riscontro tra gli amici ai quali necessariamente devo rivolgermi. Roberto è uno di questi, il mio asso nella manica. Lui è il protagonista di Pulp fiction: “mi chiamo Wolf, risolvo problemi”. Grazie a lui, la Biblioteca nazionale di Firenze è dietro l’angolo di casa mia. E io, sfacciatamente, ne approfitto. Gli ho addirittura affidato una lista di pubblicazioni che sono conservate soltanto in riva all’Arno!
Per tale motivo, periodicamente e compatibilmente con i suoi impegni universitari, mi arriva via email qualche “regalino”, in formato sia word che pdf: Per un prode. In onore di Luigi Cutrì, maggiore nel 12° reggimento fanteria, caduto sul campo il 30 novembre 1915, di Bruno Gioffré (Ditta D’Amico, Messina 1916) e Commemorazione del comm. avv. Michele Fimmanò, letta al Consiglio comunale di S. Eufemia d’Aspromonte nella tornata dell’11 marzo 1913, di Pietro Pentimalli (Tip. Succ. Fratelli Nistri, Pisa 1913) sono stati fondamentali per la stesura di due voci del mio libro Il cavallo di Chiuminatto.
Ieri sera, un nuovo cadeau: Sinopoli e il suo Santuario, Istituto padano di arti grafiche, Rovigo 1955. Una piccola raccolta di componimenti poetici (23 pagine) pubblicata “A ricordo dell’anno mariano e della consacrazione della parrocchia alla Madonna”, in occasione della festa dell’Immacolata del 1954: “Sinopoli”; “Breve storia del celebre santuario di Maria SS. delle Grazie – Sinopoli (Reggio Calabria)”; “Novena: A Maria SS. di tutte le Grazie – Nel celebre santuario di Sinopoli”; “Preghiera”; “Preghiera – Da recitarsi alla festa dell’8 settembre”; “Inno a Maria SS. delle Grazie”; “Canzoncina tradizionale – Da cantarsi nei sabati sacranti della Madonna delle Grazie di Sinopoli”; “La festa della Madonna delle Grazie”; “La commissione della festa della Madonna delle Grazie”.
Di seguito, riporto i leggeri e scherzosi versi dedicati ai membri della commissione della festa, a beneficio degli amici di Sinopoli che vi ritroveranno, forse, qualche vecchio parente.

La Commissione della festa della Madonna delle Grazie
Voglio dirvi, se aspettate,
se un pochino pazientate,
in che modo si compone
la solerte Commissione
della Festa di Maria,
tutta piena d’armonia.
Pronti i nomi, ecco la lista.
Bella vista, bella vista,
ma più bello il loro cuore
freme e palpita d’amore
per la Mamma di Gesù
e risplende di virtù.
E’ Domenico il Sergente
nostro bravo Presidente.
E fa Bruno il suo mestiere
di simpatico cassiere.
L’altro Bruno viene poi
e son tanti i meriti suoi.
Pur del tempo fan buon uso
i devoti e pii Caruso.
Gode infatti buona fama
quel che Angelo si chiama.
Or ricordo il caro Antonio
ed il buon Francescantonio.
Né dimentico Giovanni,
il fedel di tutti gli anni.
Antonio poi presento,
ch’è di nobil sentimento.
Due i Romeo ed un Lirosi,
sì gentili e rispettosi.
Anche il terzo Fimmanò
fede e slancio vi portò.
Condò, Sabato e Puccini,
noti ai grandi ed ai bambini,
per la Festa, in pia unione,
ora restano e Carbone.
Ahi!… rimàn quest’anno solo
l’indelebile Bartòlo.
Son carissime persone,
tanto buone, tanto buone!
O Madonna, benedici,
tutti rendili felici.
D’ogni pena li compensa
e ogni grazia a lor dispensa.
Benedici i tuoi devoti:
chi ti prega e chi fa voti.
I vicini ed i lontani
rendi sempre lieti e sani,
o dolcissima Maria,
Mamma nostra. Così sia!

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Ancora una scusa per restare

Il respiro di ogni città ha il colore della notte, quando si ripongono nell’armadio gli abiti della quotidianità e si procede nudi per le sue vie, finalmente in grado di sentire sulla propria pelle le ferite delle molte solitudini che la popolano. Spesso invisibili. Ma non per gli occhi sensibili di Katia Colica, che della vita raccattata ai bordi delle strade di Reggio Calabria ha tratto i racconti-reportage di Ancora una scusa per restare (Città del Sole edizioni, 2012): “storie di ordinaria invisibilità in una notte metropolitana”, strappate dall’autrice alle tenebre del cuore, allo sguardo distratto di quella “maggioranza” che – con Fabrizio De André – immaginiamo alla guida della “colonna di dolore e di fumo che lascia le infinite battaglie al calar della sera”.

Nei protagonisti del libro non c’è rabbia, neanche di fronte alle ingiustizie e alle inefficienze di un sistema attento più alla propaganda di eventi inutili, che al reale miglioramento della qualità della vita della comunità. Un sistema che invece di includere, tende all’espulsione, presentandosi con la faccia matrigna della “città-prigione” che non dà al diversamente abile Lorenzo “una buona ragione per restare”. Una città in cui uno straniero può sentirsi “lontano” dagli stessi vicini di casa, perché i discorsi (e le politiche) sull’integrazione durano lo spazio del finanziamento di un progetto, ma poi – nella realtà di tutti i giorni – la società è ulcerata da persistenti sacche di diffidenza e pregiudizi. “Io non conosco nessuno in questa città”: è l’amara considerazione di Milka, ventitré anni, due figli e neanche il tempo per piangere. Un destino che accomuna la ragazza serba a Rosa, che rischia l’infarto per inerpicarsi lungo la salita del “Riuniti”, trascinando sulle spalle la sdraio per “fare la notte” al marito malato; a Livio, clochard invisibile con un solo grande desiderio: consumare un caffè dentro al bar; a Rosario, venditore di rose bangladese che attraversa la città come un fantasma; a Mariya, che preferisce ascoltare il silenzio del mare o i fischi del treno che – spera – un giorno la salverà dalla prostituzione.
Solitudine è la triste condizione di molti adolescenti, nonostante le uscite in gruppo e le serate trascorse nei locali più à la page della città. Giovani permeati dall’insana subcultura dello sballo, file di chupitos trangugiati secondo le regole del binge drinking, “l’unico oggetto di interazione tra ragazzi che non si guardano, non si parlano” e “stanno lì, ognuno col proprio cellulare a scorrere chissà cosa col dito indice sullo schermo”.

Con le sue storie pescate ai margini della società, Katia Colica tocca le corde dell’emozione, dopo avere sbattuto in faccia al lettore i dati impietosi delle statistiche ufficiali su povertà, prostituzione minorile, alcolismo, condizione dei migranti, disagio giovanile e precarietà: siamo tutti Milena, una laurea inservibile inchiodata al muro e i sogni riposti nel cassetto, fregati dalla filosofia del “meglio che niente” cui ci si piega per non ribellarsi a lavori da co.co.pro che sono puro sfruttamento.

Per non cedere alla rassegnazione, occorre cercare dentro se stessi la via del riscatto. Una redenzione che ha il volto dei ragazzi con le ramazze, impegnati a pulire gli spazi all’aperto utilizzati per ballare la break dance. Gli unici, forse, ad avere ancora la forza di “credere” nella città e che ispirano il monologo finale in cui la stessa Reggio Calabria, rivolgendosi ai suoi figli, indica nella gentilezza l’àncora alla quale aggrapparsi per non affondare e per trovare, ogni giorno, un motivo per non scappare via.

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Il cavallo di Chiuminatto su Calabria Ora

“Il cavallo di Chiuminatto”

«Restituito un pezzo di storia»

Presentato il libro di Forgione sulle antiche strade di Sant’Eufemia

SANT’EUFEMIA – Quinto appuntamento di “Pagine di storia”, attività culturale fortemente voluta dall’amministrazione comunale guidata da Domenico Creazzo, che nell’occasione ha promosso la presentazione del libro “Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte”, scritto dallo storico eufemiese Domenico Forgione, edito dalla casa editrice Nuove edizioni Barbaro di Delianuova.
«La caratteristica più importante del volume – ha esordito il moderatore Cosimo Petrolino – è lo studio della toponomastica come strumento per fare opera di memoria, utile per conservare e tramandare alle future generazioni un patrimonio culturale e sociale che altrimenti andrebbe disperso».
Il primo cittadino eufemiese, Domenico Creazzo, nell’assicurare pieno appoggio a tutte quelle iniziative che mirano alla valorizzazione delle competenze e delle professionalità locali, ha ricordato la creazione della Consulta comunale, che entro l’estate dovrebbe essere pienamente operativa.

L’editore Raffaele Leuzzi si è invece soffermato sul valore didattico delle pubblicazioni di carattere regionale, provinciale e comunale, «dato che i libri di scuola “ufficiali” ignorano completamente la dimensione locale della storia e, per alcuni versi, anche della letteratura».
E’ seguita poi la presentazione del volume, curata dal professore Giuseppe Pentimalli, autore del “Vocabolario del dialetto femijotu” e dal professore Francesco Arillotta, deputato di storia patria per la Calabria: «il libro è un atto d’amore che Forgione manifesta nei confronti del suo paese; ma è soprattutto un regalo fatto all’intera comunità, che fa riscoprire il senso di identità, l’orgoglio di sentirsi eufemiesi e l’importanza di coltivare la memoria collettiva».

In conclusione, l’intervento dell’autore, che ha dedicato la manifestazione alla memoria del professore Rosario Monterosso, suo docente ai tempi del liceo, ha affermato: «Il libro è la tessera di un mosaico più grande, che è la storia di Sant’Eufemia. Dare il mio contributo per ricostruirla e restituirla agli eufemiesi (uso volutamente il verbo “restituire”, perché la storia è di tutti, non di chi la scrive) è per me motivo di grande orgoglio».

[Calabria Ora, 25 maggio 2013, pagina 22 dell’edizione della provincia di Reggio Calabria]

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Il cavallo di Chiuminatto: la presentazione

[Il mio intervento alla presentazione del libro – Sala consiliare del palazzo municipale, 18 maggio 2013]

Rivolgo un saluto particolare, innanzitutto, ai ragazzi del nostro liceo scientifico. In questi ultimi anni si è creato tra di noi un rapporto speciale, del quale vado fiero, per due motivi: perché il liceo “Enrico Fermi” a me ha dato molto quando ero studente e quindi credo sia giusto, per quello che posso, restituire qualcosa.
E poi perché ritengo che il futuro del nostro paese passa dalle aule delle sue scuole, da quella primaria al liceo, e non può che farmi piacere dare un piccolo contributo per la sua crescita.

Proprio per questo motivo, prima di iniziare, ci tengo a dire una cosa. Tra i relatori, a questo tavolo, oggi ci sarebbe stato certamente il professore Rosario Monterosso, così come era stato presente alla presentazione dell’altro mio libro su Sant’Eufemia. Purtroppo mancherà la sua relazione; a me mancano i suoi consigli e la sua vicinanza, perché con lui, mio professore di storia e filosofia al liceo, ho avuto un rapporto bellissimo, da studente prima e da amico dopo. Il destino ha deciso diversamente, ma consentitemi di dedicare alla memoria del professore Monterosso questa bella manifestazione.

Ringrazio il sindaco Mimmo Creazzo per l’ospitalità di oggi e per l’impegno e la sensibilità verso i temi culturali che stanno contraddistinguendo l’attività dell’amministrazione comunale. Investire nella cultura è sempre un investimento utile, che produce risultati nel presente ma soprattutto nel futuro.

Ringrazio Cosimo Petrolino, che si sta impegnando molto per la crescita culturale del nostro paese, facendosi promotore di iniziative di grande qualità. L’ho definito “la goccia che scava la roccia” e spero che gli abbia fatto piacere. Al di là di tutto, anche della simpatia e della stima reciproche, abbiamo già avuto modo di collaborare in diverse iniziative e mi sembra che qualche risultato l’abbiamo ottenuto.
Ringrazio la casa editrice Nuove Edizioni Barbaro, perché non è frequente trovare professionalità del genere nel mondo dell’editoria locale. Parlare degli altri non è mai carino, pertanto dirò soltanto del mio editore, che si è comportato da editore e non da stampatore. Chi ha avuto a che fare con qualche casa editrice sa a cosa mi riferisco. La pubblicazione di questo libro è un’operazione editoriale, voluta da una casa editrice che ha già dimostrato di essere molto attenta al discorso territoriale, alla scoperta e alla valorizzazione dei patrimoni culturali locali. Un’attività che è editoriale, ma è anche culturale e sociale, ad esempio quando produce la ristampa anastatica di opere introvabili, com’è avvenuto in passato con il saggio storico Aspromonte, di Vittorio Visalli, e più di recente con la raccolta di poesie Poco suono di Lorenzo Calogero.
Ringrazio il professore Giuseppe Pentimalli, del quale due anni fa ho presentato, proprio in questa sala, il Vocabolario del dialetto femijotu. Potremmo dire che ci presentiamo i libri a vicenda, ma la verità è più profonda e nasce da un sentimento di stima reciproca e solida, testimoniato dalla partecipazione con la quale l’uno ha seguito il percorso dell’altro.

Ringrazio infine il professore Francesco Arillotta, che molto prima di me si è cimentato in un’opera del genere: la prima edizione di Reggio e le sue strade. Briciole di storia nella toponomastica cittadina, dedicato alla città di Reggio Calabria, risale infatti al 1967. Lo ringrazio per l’intervento di oggi e per la sua prefazione al libro, che costituisce certamente un valore aggiunto perché scritta da uno tra i più autorevoli storici calabresi.

Veniamo ai motivi che mi hanno spinto a scrivere un libro sulla storia e sulle storie delle strade di Sant’Eufemia.
L’idea mi è venuta dopo il convegno organizzato dall’Associazione “Terzo Millennio” e dal liceo scientifico “Enrico Fermi” in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Mi ero reso conto che, per la maggior parte degli eufemiesi, i protagonisti della storia locale non sono nient’altro che un nome stampato agli incroci delle vie. Pensai che poteva essere interessante approfondire l’argomento e cercare di realizzare qualcosa di utile per tutti.

Perché “Il cavallo di Chiuminatto”?

Sul foglio di mappa del 1959 pubblicato nell’appendice del libro, l’attuale via XXV luglio reca la denominazione “via Giacomo Chiuminatto”. Inizialmente ho avuto grosse difficoltà a capire di chi si trattasse, poiché l’unico indizio in mio possesso erano gli estremi di alcuni finanziamenti assegnati dalla Banca Commerciale Italiana alla ditta “Chiuminatto” tra il 1923 e il 1927.

Ho conosciuto il professore Arillotta in occasione del convegno organizzato dal Comune per il centocinquantesimo anniversario del ferimento di Garibaldi sull’Aspromonte, l’estate scorsa. Quale migliore occasione per chiedere qualche consiglio, sia sulla vicenda di Chiuminatto che su altri nodi che ancora non ero riuscito a sciogliere? Mi suggerì di contattare l’archivio storico della Banca Commerciale Italiana e così scoprì che Chiuminatto era originario di Genova (Bolzaneto per l’esattezza, al cui ufficio dello Stato civile mi sono poi rivolto per i dati anagrafici) e che era il titolare della ditta che negli anni Venti del secolo scorso costruì il ponte sulla ferrovia e la galleria nel tratto eufemiese delle linee taurensi. Da questi primi indizi sono poi riuscito ad acquisire altre notizie e, infine, a collegare il dato storico con l’aneddoto sul modo di dire che ha ispirato il titolo del libro (“poti quantu o cavaddu i Chiuminati”, in riferimento a persona prestante e vigorosa: come i cavalli da tiro utilizzati per il trasporto del breccio e del materiale di costruzione necessario per effettuare i lavori della ferrovia).

Devo ammettere che mi sono molto divertito a scrivere questo libro, che è anche il pretesto per parlare d’altro, non soltanto dei profili biografici delle illustri personalità eufemiesi.
A volte il nome di una strada mi è servito per ricostruire le vicende storiche di Sant’Eufemia d’Aspromonte.
Penso, ad esempio, a via Milano, che rievoca il dramma del terremoto del 1908 e consente di mettere un punto fermo sul numero delle vittime (537), al di là delle cifre spesso sparate senza cognizione di causa (1000, addirittura 2000). Di questi morti conosciamo anche i nomi, uno per uno, visto che esiste l’elenco completo, redatto dall’allora arciprete Luigi Bagnato, che è conservato presso l’Archivio parrocchiale della chiesa di Maria SS. delle Grazie. Via Milano significa soprattutto solidarietà, perché porta con sé la bellissima storia degli aiuti del Comitato milanese, che ha determinato anche il gemellaggio tra le due città.
Penso a via Borgo, che identifica un intero rione e che rimanda alle dolorose pagine del dopo terremoto del 1783 (“u fracellu”). “Borgo” significa “quartiere sorto al di fuori delle antiche mura di una città”: infatti, originariamente Sant’Eufemia corrispondeva all’attuale “Paese Vecchio”. Il “Petto” fu edificato dopo il 1783; la “Pezzagrande” dopo il sisma del 1908. L’antico assetto urbano viene confermato dall’etimologia di via Scatropoli, che chiarisce ulteriormente quali erano gli antichi confini: “eschaton” (“ciò che sta al termine”) e “polis” (“città”). Al rione Borgo è legato un episodio drammatico ma un tempo frequente. Mi riferisco all’incendio che nel 1902 lo distrusse completamente, sia perché le case erano sì in muratura ma contenevano tramezzi e impalcature in legname, sia perché spegnere le fiamme alimentate dallo scirocco (cento anni fa, ma anche in seguito) era praticamente impossibile. Per cui, sviluppatesi accidentalmente in un fienile, dove un bimbo si era recato con una lampada ad olio per cercare un gattino, le fiamme in poco tempo incenerirono 125 case e ne resero inabitabili altre undici.
Penso a Via Duomo, con il suo significato di “chiesa principale di una città”, che ci offre uno spaccato della comunità religiosa eufemiese raccolta attorno all’attuale chiesa di Maria SS. delle Grazie (un tempo Santa Maria delle Grazie), a partire dal dopo 1783, quando l’antica chiesa Matrice fu rasa al suolo, e fino al 1856, anno in cui anche la chiesa al Petto fu elevata a parrocchia.
Penso poi a piazza Mercato (l’attuale piazza Purgatorio), di recente rievocata da Mimmo Gangemi nel suo romanzo di grande successo La signora di Ellis Island, laddove il protagonista, da Santa Cristina, giunge ai primi del Novecento al mercato di Sant’Eufemia e acquista due “cartate” di pasta da 5 kg, aringhe sotto sale e una “pinna” di pesce stocco.

La toponomastica offre la possibilità di ricordare aneddoti particolari o semplici curiosità, utili per ricostruire il costume di un tempo perché fanno “rivedere” il paese così com’era cinquanta, cento, centocinquant’anni fa: sia dal punto di vista urbanistico che da quello “quotidiano”, con il suo mercato appunto, i suoi artigiani, i suoi cinema, il suo sviluppo economico, culturale e sociale.
Un episodio curioso riguarda via Sergente Crea, che oggi attraversa la pineta comunale nel tratto compreso tra via Fimmanò e via De Nava. Se appena varcato il cancello si volge lo sguardo al muro di cinta della scuola elementare, è possibile addirittura vedere ancora affissa la targa, all’interno della pineta! Questo perché dopo l’edificazione della scuola, a metà degli anni Cinquanta, la pineta comunale fu evidentemente recintata, per cui una porzione della strada che prima la lambiva ricadde al suo interno.

Ma la toponomastica diventa anche una scusa per riscoprire pagine semisconosciute di letteratura eufemiese: i discorsi di Bruno Gioffrè, i racconti di Nino Zucco, le poesie di Domenico Cutrì, le ricostruzioni storiche di Luigi e Vittorio Visalli, Pietro Pentimalli, Michele Fimmanò, Vincenzo Tripodi.
Basti pensare, a proposito di via Peras, alla bellissima poesia di Domenico Cutrì (Contrada Peras del mio paese natio), che ci fa comprendere qual era la vita del contadino eufemiese. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Oppure riflettere sulla forza evocativa di via Ferrai, che rimanda a tutta una tradizione di artigianato locale che aveva una sua grandezza e notorietà nel circondario. I “mastri” eufemiesi erano bravissimi: lavoratori del ferro, ebanisti, falegnami, cestai, orafi, sarti, calzolai, tornitori, calderai (fabbricatori di recipienti), ottonieri (artigiani dell’ottone, utilizzato in genere per la realizzazione di oggetti artistici: ad esempio, candelabri). Suggestione che Nino Zucco ci restituisce intatta in un brano del suo racconto Fuoco a Diambra.

Ho impiegato un anno per effettuare la ricerca e per procedere poi alla sistemazione del materiale documentario e bibliografico, all’elaborazione e alla stesura definitiva del libro, che è composto da 106 voci, il totale cioè delle vie presenti sullo stradario attuale e sui fogli di mappa esistenti e risalenti al 1880, 1903, 1955 e 1959.

Recuperare alcune notizie è stata una vera e propria caccia la tesoro: ad esempio, la data di nascita di Ferdinando De Angelis, che ho trovato dopo avere spulciato per qualche ora un registro in latino di fine ’700 custodito presso l’Archivio parrocchiale della Chiesa di Santa Maria delle Grazie; oppure le informazioni su Giacomo Chiuminatto; o, ancora, l’individuazione del luogo e della data di morte di Giovanni Lupini, ai quali sono arrivato soltanto dopo avere visitato il cimitero di Palmi per trovare la tomba che sospettavo lì si trovasse, visto che né l’ufficio dello Stato civile di Sant’Eufemia, né quello di Palmi avevano saputo rispondere al mio quesito.

Altre volte è stato il caso e la generosità degli uomini a farmi scoprire elementi inediti della storia locale. L’ostacolo maggiore per chi conduce una ricerca è spesso l’inaccessibilità degli archivi comunali. Sant’Eufemia, purtroppo, non fa eccezione. Molte informazioni le ho recuperate presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, che conserva le copie dei registri dell’anagrafe. La stessa cosa mi era capitata, anni fa, con i verbali dei consigli e delle giunte comunali tra il 1861 e il 1922. Eppure quelle stesse fonti si trovano anche nel nostro municipio, negli scantinati, ma non sono consultabili dalla collettività e soprattutto corrono il rischio di deteriorarsi irrimediabilmente, provocando un danno gravissimo alla ricostruzione della memoria storica di Sant’Eufemia.
Si tratta di veri e propri tesori nascosti. Penso all’atto di matrimonio di Francesco Cilea, nonno del celebre compositore di Palmi: un medico originario di Pentidattilo che il 2 giugno 1822 sposò a Sant’Eufemia una giovane del luogo, Rachele Parisi. Un documento che rivela l’origine eufemiese di uno dei più grandi musicisti del Novecento, del quale io mai sarei potuto venire a conoscenza senza la generosità di Totò Orlando, che ringrazio.

Dal 1861 ad oggi i nomi di alcune strade sono cambiati, nuove vie sono state aggiunte, di altre addirittura non si ha più notizia. Scomparsi i nomi, cancellate – fisicamente – anche le vie: vico Spersi, via Giardini, vico Orso, vico Innocenti, via dell’Annunziata, vico Miceli, via Cairoli, via Oddone. Vie inghiottite da un’urbanizzazione selvaggia, oppure semplicemente diventate – per “comodità” – vichi o traverse di qualche strada più grande.

Come in tutte le città d’Italia, la toponomastica fascista è stata invece cancellata dopo l’avvento della democrazia, nel secondo dopoguerra: via XXI aprile (il Natale di Roma), via XXIII marzo (giorno di fondazione dei fasci di combattimento), piazza XXVIII ottobre (marcia su Roma), via Nicola Bonservizi, via Maurizio Maraviglia.

Va da sé che per personaggi come Dante o Cavour c’era poco da aggiungere a quanto già non sia noto. In questi casi mi sono quindi limitato a una sintesi di quanto è possibile trovare altrove, in maniera certamente più approfondita. A meno che la via in questione non avesse qualche “storia” particolare da raccontare, come ad esempio via Roma, con la vicenda della costruzione del monumento del Calvario; o via Maurizio Maraviglia, il gerarca fascista che fu ospite d’onore all’inaugurazione del nuovo palazzo municipale e alla cerimonia d’apertura del nuovo acquedotto comunale, nel 1926; o via Giuseppe De Nava, il politico reggino più volte ministro che dopo il terremoto del 1908 fu il vero artefice della pacificazione tra la fazione che spingeva per edificare nel nuovo sito della Pezzagrande (e che era capeggiata da Michele Fimmanò e dall’allora sindaco, il notaio Pietro Pentimalli) e quella che invece non aveva alcuna intenzione di spostarsi dal Paese Vecchio (con in testa gli ex sindaci Antonino Condina Occhiuto e Francesco Capoferro, il medico Bruno Gioffré, il maestro Francescantonio Cutrì). Contrasto superato proprio grazie alla mediazione di De Nava, che si fece garante della revisione della legge sulla definizione delle aree edificabili. Ciò comportò l’edificazione in Pezzagrande, ma anche la deroga al divieto di ricostruire nell’area del Vecchio Abitato.

L’interesse maggiore della ricerca è rivolto ovviamente agli eufemiesi illustri. Carlo Muscari, uno dei quindici calabresi giustiziati a piazza Mercato a Napoli, dopo il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 e la caduta della Repubblica Partenopea. Ferdinando De Angelis Grimaldi, graduato dell’esercito borbonico, poi di quello napoleonico e nuovamente di quello borbonico ai primi dell’Ottocento; guardia urbana e sindaco di Sant’Eufemia negli anni Quaranta, comandante dell’esercito della Terza Divisione calabro-siculo durante i moti del 1848 e in quanto tale condannato a morte in contumacia. Un personaggio romantico e affascinante, la cui biografia meriterebbe un maggiore approfondimento. Così come meriterebbe uno studio ad hoc la biografia di Michele Fimmanò, protagonista assoluto della storia politica e amministrativa del comune di Sant’Eufemia per sessant’anni, tra il 1854 e il 1913. E ancora: Luigi Cutrì, maggiore dell’esercito ed eroe della prima guerra mondiale; Bruno Gioffrè, medico condotto, poeta e testimone diretto del terremoto del 1908; Vittorio Visalli, lo storico più autorevole del Risorgimento in Calabria.

La riflessione sul passato richiede però qualche considerazione sul presente. Non possiamo infatti nascondere che la toponomastica attuale è molto datata e andrebbe aggiornata. Non per cancellare nomi e storie che ci appartengono, come è stato incautamente fatto nel passato. Da questo punto di vista concordo pienamente con la linea della Deputazione di Storia Patria che è per il mantenimento della toponomastica originaria delle strade, anche quando essa ci dice poco o niente.

Accanto a Cavour, Garibaldi, Cavallotti ci sono o c’erano nomi di personaggi oggi sconosciuti o quasi, ma che sarebbe stato bene comunque mantenere. Se non altro, questi nomi ci dicono che centocinquanta o cento anni fa i nostri amministratori erano molto attenti alle dinamiche politiche nazionali: penso alle vie dedicate a Francesco Anzani, compagno d’avventura di Garibaldi; a Carlo Poerio, patriota più volte arrestato e condannato dal Borbone a 24 anni di lavori forzati, poi deportato insieme a Luigi Settembrini, con il quale fu protagonista di una fuga rocambolesca dalla nave che li doveva portare negli Stati Uniti e che dopo l’Unità fu vicepresidente della Camera; a Pier Carlo Boggio, morto nella battaglia di Lissa nel 1866; ad Angelo Brofferio, carbonaro, poi avversario politico di Cavour, ma soprattutto storico di grande valore.

La toponomastica di Sant’Eufemia, salvo qualche sporadica eccezione (ad esempio: largo Giovanni Paolo II), è rimasta ferma al secondo dopoguerra; ma nel frattempo il mondo, l’Italia, la Calabria e la stessa Sant’Eufemia hanno prodotto personalità che meriterebbero di essere ricordate, nel campo dell’arte, della scienza, della cultura, del sociale e, perché no, della tanto vituperata politica. Non è mai simpatico fare il giochino dei nomi e non lo farò; dico soltanto che è inconcepibile che a Sant’Eufemia vi sia una sola strada dedicata a una donna, via regina Margherita: e c’è perché si trattava della regina d’Italia e perché il mito della moglie del sovrano Umberto I è stato fortissimo tra Ottocento e Novecento.

Allo stesso tempo, non posso fare a meno di evidenziare alcuni errori imperdonabili, che non sono solo quelli di confondere il cognome Settimo (via Ruggiero Settimo, dedicata al primo presidente della Camera dei Deputati dopo l’Unità d’Italia) con l’ordine di una improbabile successione dinastica.

Trovo infatti discutibili alcune decisioni prese nel passato. Su tutte, la cancellazione di piazza Aid Committee (Comitato di aiuti composto da italiani residenti negli Stati Uniti e presieduto dal commendatore Vincenzo Ascrizzi), che rappresenta una pagina importante della nostra storia: quella dell’emigrazione eufemiese, del sacrificio e della generosità, di un amore nei confronti della propria terra che non viene per niente scalfito dalla lontananza. Una storia che la crisi economica attuale ripropone in maniera drammatica e che noi eufemiesi sentiamo sulla nostra pelle, perché sono tantissime le famiglie smembrate dall’emigrazione.

Non ho la presunzione di pensare di avere scritto qualcosa di definitivo. Chi fa ricerca sa bene che la storia non è mai scritta per sempre, una volta per tutte. Basta un’informazione inedita, un dato storico, una semplice curiosità per vedersi spalancare nuovi scenari.
Revisionismo non vuol dire ribaltare o negare ciò che altri storici hanno accertato: significa, semplicemente, aggiornare quei dati con i nuovi spunti che la ricerca offre di continuo.

Ognuno di noi scrive (o dovrebbe scrivere) con umiltà la “propria” storia, sulla base delle proprie conoscenze e della propria sensibilità. È questo il senso ultimo delle pagine del libro, che poi è uguale al senso del lavoro sulla storia amministrativa e politica di Sant’Eufemia, al senso dei libri scritti da chi mi ha preceduto e da quelli che – mi auguro – scriveranno coloro che verranno dopo di me.
Il libro è la tessera di un mosaico più grande: in questo caso, la storia di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Dare il mio contributo per ricostruirla e restituirla agli eufemiesi (uso volutamente il verbo “restituire”, perché la storia è di tutti, non di chi la scrive) mi gratifica ed è per me motivo di grande orgoglio.

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Il cavallo di Chiuminatto sul Quotidiano della Calabria





Pagine di storia con il libro di Domenico Forgione

SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE – Continua il ciclo di conferenze dedicato al mondo della cultura, voluto dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Domenico Creazzo. L’aula consiliare del Municipio di Sant’Eufemia ha ospitato sabato il quinto appuntamento di “Pagine di storia”, che ha promosso la presentazione del libro scritto dallo storico eufemiese Domenico Forgione, edito ad aprile dalla casa editrice Nuove edizioni Barbaro di Delianuova: “Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte”. A moderare l’incontro è stato Cosimo Petrolino. Presente anche l’editore Raffaele Leuzzi. Sono seguiti poi gli interventi del professore Giuseppe Pentimalli, autore del “Vocabolario del dialetto femijotu”, e del professore Francesco Arillotta, deputato di storia patria per la Calabria, il quale ha posto l’accento sul valore scientifico del volume. “Il libro – ha affermato – è un atto d’amore che Forgione manifesta nei confronti del suo paese, ma è soprattutto un regalo fatto all’intera comunità, che fa riscoprire il senso di identità, l’orgoglio di sentirsi eufemiesi e l’importanza di coltivare la memoria collettiva”.

[di a.t.
– Il Quotidiano della Calabria, 20 maggio 2013, pagina 19 dell’edizione della provincia di Reggio Calabria]

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