Carlo Muscari, figlio di Francesco e Lavinia Pugliatti, nacque a Sant’Eufemia d’Aspromonte il 17 marzo 1770. Il ramo paterno apparteneva ad una ricca ed aristocratica famiglia di proprietari terrieri originaria di Melicuccà, che si era trasferita a Sant’Eufemia alla fine del XVII secolo, mentre la madre era una nobildonna reggina. Tra i suoi avi si segnalano un Mercurio Muscari laureatosi a Napoli in diritto pontificio e civile nel 1694 e Giuseppe Maria Muscari (1713-1793), “legato in affettuosa amicizia con Papa Braschi” (Pio VI), che fu procuratore generale dell’Ordine di San Basilio e rettore del convento eufemiese di San Bartolomeo, andato distrutto nel terremoto del 1783 (circostanza nella quale perì anche Francesco Muscari), quando già da due anni era abate perpetuo della chiesa di San Basilio a Roma. E proprio alle cure dello zio paterno fu affidato il giovane Carlo, che nella capitale pontificia compì gli studi umanistici prima di trasferirsi a Napoli, dove si laureò in legge e dove già si trovava il fratello maggiore, avvocato Giuseppe, che curò la formazione anche di un altro fratello, Gregorio: sia Giuseppe che Gregorio furono successivamente autori di opere di diritto molto apprezzate. Nella capitale partenopea, allo scoppio della rivoluzione, i tre furono raggiunti dal quarto dei fratelli, Mercurio.
Nel lavoro dedicato alla massoneria nel Regno delle Due Sicilie, Ruggiero Di Castiglione sottolinea l’adesione di Carlo a una delle logge massoniche fondate dall’abate Antonio Jerocades e il suo coinvolgimento in una congiura giacobina che nel 1794 gli procurò l’arresto e la reclusione nel carcere della Vicaria per “asportazione d’armi proibite, bestemmie, miscredenze, violenze ed altri eccessi”, oltre che per il possesso di “alcuni libri sediziosi francesi”.
Dopo la proclamazione della repubblica napoletana e la costituzione del governo provvisorio degli insorti, Carlo fu tra i sette membri della “Commissione pel piano delle Finanze” e capitano della II Compagnia della Guardia nazionale repubblicana, della quale faceva parte anche un altro eufemiese, il futuro medico Gaetano Capoferro, allora studente presso l’Università di Napoli. Il 20 gennaio 1799 partecipò alla presa del castello di Sant’Elmo, si distinse nelle operazioni che portarono all’arresto di numerosi seguaci del regime borbonico e infine fu trasferito alla Legione Bruzia. Con il fratello Gregorio fu componente della Commissione “degl’informi”, che si occupava dell’epurazione della burocrazia borbonica e della sua sostituzione con un personale fedele al nuovo corso.
Lo storico Vittorio Visalli riferisce che Carlo “combatté aspramente a Torre Annunziata contro Pandigrano e Sciarpa” (rispettivamente: Nicola Gualtieri, un criminale comune condannato all’ergastolo, scarcerato e arruolato nell’esercito sanfedista del cardinale Ruffo, e Gerardo Curcio, che guidò un esercito di sbandati al servizio della causa borbonica). Il fratello Gregorio fu, invece, “l’imperterrito duce” della Legione Calabra, circa duemila calabresi posti a presidio di Castelnuovo e del forte di Vigliena, che il 13 giugno 1799 fu fatto saltare in aria dai giacobini assediati dalle truppe sanfediste. Dopo la capitolazione i repubblicani sbandarono. Carlo, Gregorio e Giuseppe Muscari si asserragliarono nei Castelli. Mercurio, che inizialmente aveva trovato rifugio in un convento, da lì fu costretto a scappare. Carlo e Gregorio furono condannati a morte; Giuseppe e Mercurio all’esilio fuori dal regno. Per i loro beni fu disposta la confisca.
Il trattato di capitolazione sottoscritto il 19 giugno concedeva agli insorti la facoltà di trasferirsi in Francia. Carlo fu così imbarcato sul vascello inglese “Audace”, ma appena arrivato a Napoli l’ammiraglio Nelson ordinò la sospensione del trattato. Mentre Gregorio riuscì a scampare alla forca e a riparare in Francia con gli altri due fratelli, Carlo fu incarcerato e sottoposto a processo. Assolto dalla Giunta di Stato, si scontrò con la volontà del sovrano Ferdinando IV di Borbone, al quale spettava l’ultima parola. Vincenzo Cuoco indica nella condanna di Muscari il paradigma del clima giustizialista instauratosi con il ritorno dei Borboni: «Le sentenze erano fatte prima del giudizio. Chi era destinato alla morte doveva morire […]. Dal processo di Muscari nulla si rilevava che potesse farlo condannare; ma troppo zelo avea dimostrato Muscari per la Repubblica, e si voleva morto. La Giunta, dicesi, ebbe ordine di sospender la sentenza assolutoria e di non decidere la causa finché non si fosse trovata una causa di morte. A capo di due mesi è facile indovinare che questa causa si trovò».
Tra gli ultimi patrioti ad essere giustiziato, Carlo Muscari fu impiccato il 6 marzo 1800 a piazza Mercato e poi sepolto nella chiesa di Santa Caterina ai Funari.
A cent’anni dalla sua morte, l’amministrazione comunale di Sant’Eufemia ne onorò il sacrificio e la memoria: il consigliere provinciale Michele Fimmanò tenne il discorso commemorativo a conclusione del quale, all’interno del municipio, fu scoperta una lapide in marmo: «Tradita la fede dei patti/ da bieca voluttà di tiranni/ CARLO MUSCARI/ milite della Repubblica Partenopea/ moriva strangolato a Napoli/ il 6 marzo 1800/ I cittadini eufemiesi dopo 100 anni/ a ricordo ed esempio».
Andata distrutta dopo il terremoto del 1908, una riproduzione dell’iscrizione fu collocata alla fine degli anni Venti nel palazzo municipale da poco edificato. Purtroppo tra le macerie del palazzo demolito alla fine degli anni Ottanta, è incredibilmente finita anche la lastra di marmo che ricordava un grande eufemiese: nessuno ha pensato di salvarla, nessuno ha sentito il dovere di riprodurla.
*Fonti:
– Vincenzo Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Editore Laterza (1980)
– Ruggiero Di Castiglione, La massoneria nelle Due Sicilie e i “fratelli” meridionali del ’700, vol. III: Dal legittimismo alla cospirazione, Gangemi editore (2009)
– Michele Fimmanò, Carlo Muscari. Commemorazione nel centenario della sua morte, Tipografia Adamo D’Andrea (1900)
– Domenico Forgione, Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte, Nuove edizioni Barbaro (2013)
– Rocco Liberti, Il nucleo familiare di un martire della repubblica napoletana: Carlo Muscari da Santa Eufemia, in “Rivoluzione e antirivoluzione in Calabria nel 1799”, Atti del IX Congresso storico calabrese, Laruffa editore (2003)
– Vincenzo Mezzatesta, Carlo Muscari di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Capolegione, in “Calabria Sconosciuta”, n. 30 (1985)
– Vittorio Visalli, I Calabresi nel Risorgimento italiano. Storia documentata delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862 , G. Tarizzo e figlio (1893)