Eccoli qua i giorni e le ore tanto attese. Il momento in cui diventa quasi insopportabile il peso della responsabilità per l’esito di un processo di formazione che va oltre la semplice didattica, anche se il sigillo sarà un voto. La cifra che dovrebbe racchiudere un lustro di esperienze, gavettoni e pallonate, compiti in classe e pomeriggi sui libri, sorrisi e pianti, ciò che si era a quattordici anni e ciò che si è diventati a diciotto. Una tappa di avvicinamento alla maturità vera e propria, per chi proseguirà negli studi e per chi dirà basta.
C’è un mondo che vi aspetta. Aspetta tutti voi, perché sarà vostro. Dovrà essere vostro. Di voi che sudate al solo pensiero di questi esami. Di voi che risolvete la questione con strafottenza, perché tanto sapete che in qualche modo riuscirete a sfangarla.
La conosco l’ansia di questo momento, perché è stata la mia. Perché negli anni più volte mi è capitato di sognarmi alle prese con il compito di matematica e non vi dico il sollievo, al risveglio, nel realizzare che si trattava solo di un incubo notturno. Perché anch’io la mattina dell’orale ebbi la sensazione di andare incontro a un plotone d’esecuzione che forse mi avrebbe risparmiato, se solo fossi riuscito ad essere convincente. Solo contro tutti, con in testa un mantra che da allora mi ripeto ogni volta che la posta in gioco appare troppo alta, ogni volta che il bivio atterrisce, ogni volta che le conseguenze di una decisione o di un evento atteso tolgono il sonno: “stai tranquillo. Domani a quest’ora sarà tutto finito da un po’, comunque andranno le cose”.
Il mio auspicio è che il patrimonio di speranza che rappresentate non vada disperso. Ho avuto modo di ascoltare alcuni di voi, anche negli anni scorsi. Non tutto è perso a Sant’Eufemia: c’è del bello anche grazie a questo nostro caro liceo, ai suoi docenti e agli studenti. Perciò non mi stancherò mai di ripetere che va custodito come una gemma preziosa.
Un consiglio solo mi sento di darvi. Partecipate. Partecipate alla vita del nostro piccolo paese, nei modi che ritenete più opportuni. Però fatelo. Nelle realtà associative già presenti sul territorio o in nuove aggregazioni che inventerete voi stessi. Siate protagonisti e date libero sfogo all’entusiasmo che avete in corpo. Ci sarà tempo per le delusioni, purtroppo. Ora è il tempo della semina, la vostra.
Tra un paio d’anni ricorderete questi giorni, prima con il sorriso sulle labbra, poi con il rimpianto per un passato di leggerezza che vi costerà fatica riuscire a mantenere nel tempo. Perché la vera sfida sarà quella della vita quotidiana, con i suoi mille piccoli problemi. Sarà capire non tanto che gli esami non finiscono mai, bensì accettare con serenità che non sempre si vince. Che perdere non è un dramma, ma una possibilità a volte necessaria. Che le sconfitte servono a preparare le vittorie e che entrambe non sono mai eterne. Che il viaggio è più affascinante della meta. Che dare tutto per realizzare qualcosa in cui si crede è una virtù che prescinde dal risultato.
Non abbiate mai timore di fare domande, scavate in profondità e siate sempre curiosi, capaci di stupirvi e di emozionarvi per ogni (apparente) piccola cosa.
Capaci di sognare.