Beati coloro che sanno emozionarsi nell’attesa del miracolo che ogni anno si compie, l’ennesima ri-nascita. Con un inizio testardo da attaccare ad ogni fine con la colla, come la coda colorata del disegno del bambino.
Tra bilanci più o meno impietosi e buoni propositi, contiamo le sedie vuote di chi non c’è più, di chi non ha voluto esserci, di chi non può esserci. Mentre i ricordi trafiggono l’anima. Mentre i ricordi accarezzano l’anima.
Natale è tempo di assenze. Ingombranti nel loro non esserci, assordanti nel loro silenzio. Un tempo sospeso, che svanisce in un giro d’orologio portando con sé addizioni e sottrazioni, successi e fallimenti. Incalzato dall’urgenza di recuperare la coperta che protegga il bambino dal gelo. Perché si è inevitabilmente chiamati a fare i conti con la realtà, non con la sua idea o rappresentazione.
Non si può scappare dalla vita, quella cosa che ti travolge proprio quando pensi di avere tutto sotto controllo. Quando il cammino ha l’aspetto ingannevole di una strada lunga e dritta: senza curve, salite, incroci. Tocca andare e vedere le carte, con il bello e con il cattivo tempo. Con in bocca la preghiera cantata da De Gregori a Gesù Bambino: «Fa che piova un po’ di meno, sopra quelli che non hanno l’ombrello».
Buon Natale