“L’Aspromontano”, appellativo con il quale il pittore Domenico Antonio Tripodi è noto nei circoli culturali nazionali e internazionali, non ha mai nascosto le sue origini, che affondano le radici nella “Nucarabella”, una delle zone più antiche del paese. Accanto alla fontana e al pubblico lavatoio dove le donne si recavano con bumbuli e cortare da riempire d’acqua e per fare il bucato, mentre gli uomini, la sera, godevano della ritemprante frescura della fiumara, al termine di una dura giornata di lavoro nei campi.
Domenico Antonio Tripodi, che oggi compie 92 anni, è nato in una delle poche abitazioni non rase al suolo il 28 dicembre 1908, casa e bottega d’arte del padre, Carmelo, che fu pittore, scultore, musico e fotografo (suoi gli scatti con le immagini spaventose del disastro provocato dal terremoto). Crebbe nella stradina dalla quale, nel 1906, erano partite sopra un carretto trainato dai muli “Galileo Galileo” e “Sant’Antonio abate”, due opere del padre premiate all’Esposizione Campionaria Internazionale di Palermo e successivamente presentate all’Esposizione Internazionale di Parigi, dove a Carmelo (componente della Giuria d’Onore nel 1912-1913) fu conferita una medaglia d’oro.
Partendo dal pavimento in tavole della casa di via Nucarabella, sul quale riproduceva con un pezzo di carbone sottratto al braciere i disegni che il padre eseguiva al cavalletto, Domenico Antonio Tripodi (il quale, dopo avere girato l’Italia, dal 1995 risiede a Roma) ha conquistato il mondo. Le sue opere sono state esposte a New York, Tokio, Istanbul, Parigi, Londra, Stoccolma, Mosca e in tante altre città del continente, ottenendo riconoscimenti, premi e il giudizio entusiasta della critica sui tre periodi della sua lunga carriera artistica: il mito e l’uomo (culminato con “Il filosofo”), la natura e, infine, il monumentale ciclo pittorico dedicato a Dante (150 opere, tra disegni e pitture).
Da anni si dedica inoltre ad un prezioso lavoro di riscoperta e valorizzazione della “dinastia dei Tripodi” (secondo l’efficace definizione di un quotidiano romano): il padre Carmelo, ma anche i fratelli Graziadei (restauratore, tra gli altri, di Giotto, Solimena e Cavallini) e Agostino, meno noto al grande pubblico.
Domenico Antonio Tripodi è un uomo mite e gentile, capace di incantare l’interlocutore con il fascino di una cultura vastissima, impreziosita da raffinate citazioni letterarie. Il nostro rapporto è fatto di lunghe telefonate, di pacchi postali contenenti ritagli di giornali, fascicoli e libri accompagnati da lettere intinte nell’inchiostro di una cortesia, di un garbo e di un’umiltà d’altri tempi.
Ma Tripodi è soprattutto il più grande ambasciatore eufemiese in Italia e all’estero: «Porto avanti il nome di Sant’Eufemia nel mondo», ripete sempre, rimarcando con orgoglio le sue radici.
Per questo noi eufemiesi non dovremmo mai smettere di ringraziarlo.
Buon compleanno, Maestro.
*Nel mio ultimo libro (“Sant’Eufemia d’Aspromonte nell’età contemporanea”) ho dedicato tre distinti paragrafi a Carmelo, Domenico Antonio e Graziadei Tripodi.