Quella di giovedì 8 giugno, a partire dalle ore 21:00, sarà la mia prima diretta Facebook. Non è mai troppo tardi, anche perché ritengo molto gratificante la possibilità di parlare dei miei studi sulla storia di Sant’Eufemia d’Aspromonte con la comunità di eufemiesi sparsi in tutta Italia e all’estero. Per questo ringrazio gli amici dell’Associazione culturale “Aspromonte” e il suo presidente Massimo Rositano, da anni impegnati in una meritoria opera di rafforzamento del filo ideale che lega alla propria terra d’origine la Sant’Eufemia più vasta, sparsa oltre i confini regionali.
Converseremo senza alcuna pretesa professorale. Il mio libro servirà da guida alla discussione, che è aperta al contributo di tutti coloro che, a Sant’Eufemia o fuori da Sant’Eufemia, coltivano la passione per la storia del nostro paese. A quest’ultima mi sono dedicato a partire dal 2008, con gli articoli sul blog e con le pubblicazioni: Sant’Eufemia d’Aspromonte. Politica e amministrazione nei documenti dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria. 1861-1922 (2008); Il cavallo di Chiuminatto. Strade e storie di Sant’Eufemia d’Aspromonte (2013); Sant’Eufemia d’Aspromonte e la Grande Guerra (2018); Sant’Eufemia d’Aspromonte nell’età contemporanea. Storia, società, biografie (2021).
Il senso del mio ultimo lavoro sta proprio nella necessità di dare organicità e sintesi in un unico volume a tre lustri di ricerche dedicate alla ricostruzione di particolari eventi storici (terremoti del 1783, 1894, 1908; Risorgimento, Prima guerra mondiale), alla “fotografia” del mondo – oggi lontanissimo – dei nostri nonni e dei nostri genitori, alla stesura delle biografie degli eufemiesi più eminenti. Altri protagonisti cittadini sarebbero stati meritevoli di un medaglione biografico e altro ci sarebbe da scrivere sulla storia di Sant’Eufemia d’Aspromonte, ma purtroppo l’attività di ricerca si scontra con difficoltà oggettive e al momento di non facile superamento.
Può darsi che in futuro ci sarà la possibilità di ampliare il raggio della ricerca storica su Sant’Eufemia. E magari ci saranno giovani che porteranno avanti un lavoro fondamentale per rinvigorire il sentimento della nostra identità. Questo è il mio auspicio.
Primavera di libri
Ci tengo a ringraziare i tantissimi che ieri sono stati al municipio per l’iniziativa “Primavera di libri”, organizzata dall’Associazione “Terzo Millennio”. L’incontro ha dato a noi relatori la possibilità di parlare dei nostri libri, e questo è scontato. Ciò che non lo era è stata la partecipazione attiva del pubblico. In circostanze simili, spesso si ha ritrosia nel prendere il microfono. Non è stato così. Ne è scaturito un dibattito interessante, moderato da Maria Luppino, che partendo dai libri ha spaziato sulle tematiche più svariate ma evidentemente molto sentite nella nostra comunità.
Lo stimolo fornito dalla presenza di due autorevoli scrittori e intellettuali come Gioacchino Criaco e Mimmo Gangemi, che presentavano rispettivamente Il custode delle parole e L’atomo inquieto, è stato indubbiamente decisivo. Ed è stato bello constatare come dopo tre ore nessuno fosse stanco e, anzi, avrebbe voluto continuare ad ascoltare e ad intervenire, tanto che alla fine il presidente Francesco Luppino ha dovuto “imporre” d’autorità la chiusura dell’incontro.
Ha ragione Gioacchino Criaco: «I calabresi non devono essere parlati ma devono parlare e parlarsi».
Io stesso avevo ancora molto da dire, ma spero che possano esserci in futuro altre occasioni per condividere il mio amore per la storia di Sant’Eufemia, la nostra storia.
Una buona notizia
Come nel fortunato programma televisivo Viva Rai2!, a Sant’Eufemia “è arrivata una buona notizia”, solo che a differenza di ciò che accade ogni mattina nel glass di via Asiago 10, a Roma, con gli scanzonati Fiorello, Biggio e Casciari, nessuno l’ha comunicata. Un articolo di giornale, un comunicato, un post sui canali social istituzionali o personali. Niente di niente. A mio parere, invece, si dovrebbe dare rilievo alle notizie positive per una comunità, se non altro per tentare di pareggiare quelle negative, che sicuramente ci sono e non hanno problemi di visibilità e di diffusione.
La buona notizia è che circa una settimana fa la Regione Calabria ha pubblicato la graduatoria dell’avviso pubblico “Misure di sostegno per Biblioteche e Archivi storici pubblici”, al quale il nostro comune ha aderito per la Macro Area 1 – Tipologia A (Biblioteche di Ente pubblico locale e statale) con il progetto “B.A.N.G.! – Biblioteca Aspromonte Nuove Generazioni”, che ha ottenuto il contributo massimo concedibile: 60.000 euro. Tra i 61 (su 157) progetti finanziati dalla Regione, quello presentato dall’amministrazione di Sant’Eufemia, con 89 punti, si è infatti posizionato al ventiduesimo posto, a pari merito con altri cinque comuni.
Il progetto del nostro comune, che si concluderà ad ottobre, presenta aspetti interessanti: la previsione di attività (di intrattenimento, itineranti) volte ad incrementare l’attrattività della biblioteca, ma anche la valorizzazione delle tradizioni e della storia locali e il miglioramento degli standard di qualità dei servizi bibliotecari in termini di accessibilità, formazione del personale, servizi personalizzati e raccolta di materiali specifici per soggetti fragili (audiolibri, libri in Braille, DVD, riviste in formato digitale). Sono previste attività di catalogazione e di digitalizzazione delle risorse documentarie disponibili, la sistemazione di spazi specifici e attrezzati per lo svolgimento di varie attività; l’istituzione del fondo per il prestito digitale; l’allestimento della sezione di materiali in lingua straniera e quella di testi per persone con deficit sensoriali; la creazione e lo sviluppo della rete di comunità narrative; attività di intrattenimento e programmi di lettura; stage laboratoriali di teatro sociale; incontri-dibattito, programmi di alfabetizzazione e corsi di scrittura curati dalle associazioni partner.
Il settore della cultura è storicamente il parente povero, bistrattato dalle amministrazioni di ogni livello quando si decide la ripartizione dei fondi pubblici. Pertanto dovrebbe costituire ragione di soddisfazione, meritevole di divulgazione, la notizia che riguarda l’assegnazione di un finanziamento specifico.
Direttore, concedimi una telefonata
Con 84 detenuti che hanno deciso di togliersi la vita, il 2022 è stato l’anno dei suicidi in carcere. Circa uno ogni quattro giorni. Un dato allarmante che giustifica la preoccupazione di coloro che si occupano di carcere e di diritti dei carcerati, come l’associazione Antigone, secondo la quale nei penitenziari si registra una percentuale di ben 16 volte superiore rispetto al mondo esterno. Una vera e propria emergenza, “che quasi nessuno vuole vedere”, denuncia Ornella Favero (presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia e direttrice di Ristretti Orizzonti) in una lettera aperta ai direttori penitenziari.
L’appello sposa le parole dello psichiatra Diego De Leo, per ribadire il dato di fatto che il mantenimento delle relazioni familiari è fondamentale per mitigare l’opprimente senso di solitudine di chi soffre la condizione carceraria: «Aumentare le opportunità di comunicazione e le connessioni con il mondo “di fuori” non solo renderebbe più tollerabile la vita all’interno dell’istituto di detenzione, ma sicuramente aiuterebbe nel prevenire almeno alcuni dei troppi suicidi che avvengono ancora nelle carceri italiane».
Paradossalmente, nella primavera del 2020 l’emergenza Covid aveva portato ad un miglioramento rispetto a quanto previsto dall’ordinamento penitenziario del 1975 e dal regolamento di esecuzione del 2000, che concedevano ai detenuti comuni una sola telefonata a settimana di 10 minuti (due mensili ai reclusi dell’Alta sicurezza). Alcuni penitenziari erano infatti riusciti a garantire una telefonata al giorno, oltre alla videochiamata settimanale sostitutiva dei colloqui in presenza (in alcune carceri anche due).
L’incremento delle telefonate fu in quella circostanza un provvedimento saggio, adottato dal DAP per raffreddare il clima arroventato a causa delle rivolte innescate dalla sospensione delle visite familiari. Un’esperienza da valorizzare come “buona prassi”, in riferimento al concetto di umanità della pena. Negare al detenuto il conforto dei propri affetti è infatti un’afflizione gratuita, imposta a chi sta già saldando con la privazione della libertà il debito che ha nei confronti della giustizia. Al netto, ovviamente, di chi paga senza avere commesso alcun reato, come troppo spesso accade con la carcerazione preventiva. E al di là della considerazione che un ambiente di lavoro più sereno conviene agli stessi operatori penitenziari, i quali ne traggono beneficio in termini di stress ridotto e di minori problemi di sicurezza.
Per queste ragioni, Favero si rivolge ai direttori penitenziari chiedendo se non sia «motivo “di particolare rilevanza” l’aver chiuso il 2022 con 84 suicidi» e conclude la lettera aperta con un accorato invito: «Gentili direttori, non fateci tornare al peggio del passato, usate il vostro “potere” per prevenire i suicidi con quello straordinario strumento che può essere sentire una voce famigliare nel momento della sofferenza e della voglia di farla finita». Oltretutto, ciò non comporterebbe alcun aumento di spesa per l’amministrazione penitenziaria, visto che le telefonate sono a carico dei detenuti.
La lettera aperta è stata raccolta da diverse associazioni, in particolare da Sbarre di Zucchero, la quale si è fatta promotrice della campagna “Direttore, concedimi una telefonata”. La raccolta firme sostiene il mantenimento delle telefonate quotidiane e l’adozione del progetto Zeromail, servizio informatico che comporta la riduzione dei tempi della comunicazione con i familiari o con l’avvocato e un considerevole risparmio economico.
*Per aderire alla raccolta firme, inviare una mail a sbarredizucchero@gmail.com
L’azalea della ricerca per la festa della mamma
Domenica 14 maggio, in occasione della Festa della Mamma, oltre 20.000 volontari saranno presenti nelle piazze italiane colorate dalle azalee della ricerca AIRC.
Nel 2022, in Italia, sono stati circa 186.000 i nuovi casi di cancro tra le donne. Il più diagnosticato è stato il tumore al seno (55.700), seguito da colon-retto (22.100), polmone (14.600), utero (10.200), tiroide (8.700). A queste vanno aggiunte forme tumorali meno diffuse, ad esempio il linfoma di Hodgkin sconfitto da Francesca, protagonista insieme alla mamma Antonella della campagna di quest’anno, che ha come slogan “La forza delle donne”.
Per il decimo anno consecutivo, a Sant’Eufemia d’Aspromonte saranno i volontari dell’Agape ad occuparsi della distribuzione della piantina simbolo della battaglia contro i tumori femminili.
Con una donazione di 18 euro, potremo festeggiare le nostre mamme e dare un aiuto concreto alla lotta contro il cancro.
Chi volesse aderire alla prevendita, può rivolgersi a Iole Luppino e a Peppe Napoli.
Vi aspettiamo in piazza Matteotti, dalle ore 9.00 alle 13.00.
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Primavera di libri
“Primavera di Libri”, una delle iniziative più qualificanti dell’Associazione Terzo Millennio, torna dopo la pausa degli ultimi anni.
Mi fa molto piacere ed è per me motivo di orgoglio parteciparvi da protagonista insieme a Gioacchino Criaco e Mimmo Gangemi, due giganti della letteratura contemporanea, acuti intellettuali e difensori della Calabria, che sanno leggere la realtà oltre le etichette e gli stereotipi della vulgata dominante.
L’appuntamento è per domenica 28 maggio, a partire dalle ore 17:00, presso la sala del consiglio comunale di Sant’Eufemia d’Aspromonte.
Gli interventi, sollecitati dalle domande del pubblico, saranno intervallati dall’esecuzione di brani a cura della banda musicale “Thàleia”.
In ricordo del professore Elio D’Agostino
«Tìtyre, tù patulaè/ recubàns sub tègmine fàgi». Non so se ancora nelle aule del liceo si usa studiare la metrica latina, ma se sento pronunciare il nome di Elio D’Agostino il primo pensiero corre al celeberrimo attacco della prima egloga delle “Bucoliche”, all’armonia e alla musicalità dell’esametro prediletto da Virgilio nel dialogo tra Titiro, sdraiato all’ombra dell’ampio faggio, e il povero Melibeo, in procinto di partire per l’esilio dopo essere stato privato dei suoi beni. Ricordi vecchi di trent’anni, nei quali intravedo i contorni sfocati di ragazzi armati di matita che tentano di porre gli accenti sui versi latini in maniera corretta. Mentre il professore, a volte ascoltando con gli occhi chiusi, come se si trovasse nella campagna mantovana che fa da cornice alla conversazione tra i due pastori, interviene per correggere eventuali errori.
Il professore D’Agostino ci ha insegnato che il latino non è una lingua morta: essa parla al presente, ci mette in relazione con le nostre radici perché racconta una storia della quale tutti noi siamo figli e che è sempre attuale. Ancora oggi, quanta gente come il Melibeo di Virgilio perde tutto ciò che ha ed è costretta a scappare dalla propria terra, a causa di una guerra?
In un tempo in cui tutto viene bruciato nello spazio di un secondo, nell’eterno presente che caratterizza l’attuale società, dove ogni pensiero e ogni avvenimento vengono messi in discussione con esiti drammatici sotto il profilo culturale e sociale, studiare il latino rappresenta un argine al disorientamento: non si può comprendere il presente senza conoscere il passato, né – tantomeno – si può guardare al futuro con fiducia.
La più grande lezione del professore D’Agostino va rintracciata proprio nella capacità di fare “parlare” al presente gli autori che ci presentava, fossero i classici latini o gli scrittori del libro di storia della letteratura italiana, che ci affascinava per la copertina con l’opera “Il bibliotecario” del pittore Giuseppe Arcimboldo, l’inventore delle cosiddette “teste composte”, ritratti allegorici realizzati attraverso la composizione di oggetti, animali, fiori e frutta. Libro che a lui serviva come pezza d’appoggio, poiché le sue spiegazioni pescavano a piene mani da una formazione culturale personale vastissima.
Con Dante, questo aspetto emergeva in maniera luminosa. Le lezioni sulle terzine della Divina Commedia ci tenevano incollati alle sue parole, che planavano: erano esse stesse poesia. Ci ha fatto scoprire il lato nascosto o comunque meno conosciuto delle interpretazioni dei versi danteschi. Era quasi un gioco, per noi, andare a verificare se la sua spiegazione coincideva con le note di Natalino Sapegno. Anche se non ce n’era bisogno, perché lui stesso ci avvisava che per ogni terzina le interpretazioni potevano essere molteplici. Ce le proponeva tutte collegando il vicino con il lontano, l’alto con il basso, il passato con il presente. Nel suo viaggio ultraterreno, Dante è stato accompagnato da Virgilio; noi, nella scoperta dell’opera del Sommo Poeta, dal professore D’Agostino. Per mano, tra la folla di anime che popolano le tre cantiche e che allegoricamente rappresentano vizi, virtù e stati d’animo universali: custodi di insegnamenti validi in ogni tempo, che ci ricordano – riprendendo il monito di Ulisse – che siamo stati creati “per seguir virtute e canoscenza”.
Una volta arrivato a Sant’Eufemia, D’Agostino non è più andato via. Ha messo radici in una scuola nella quale mancava tutto, tranne che la passione di docenti (altri due grandi insegnanti della mia generazione sono stati Rosario Monterosso e Adoneo Strano, anch’essi rimasti al “Fermi” per lunghi anni e fino al pensionamento) animati da spirito missionario in un liceo scientifico che non aveva laboratori, palestra e neanche i riscaldamenti, soltanto una stufa elettrica in ogni classe. Altri tempi, ovvio. Inutile precisare che ogni considerazione va contestualizzata e che la scuola di oggi non è la scuola di ieri, senza per questo volere esprimere un giudizio di valore: si tratta di una realtà in continua evoluzione come la società nel suo complesso, come noi stessi.
Un aspetto è rimasto invariato rispetto a quegli anni: la natura di scuola di frontiera del liceo di Sant’Eufemia, la sua funzione di presidio di cultura e di trincea di legalità autentica e sostanziale, non di parata. Estendendo a tutti i gradi dell’istruzione le parole di Gesualdo Bufalino, è la scuola, con il suo esercito di maestri, la risorsa più efficace nella lotta alla criminalità. Elio D’Agostino ha difeso quel fortino fino all’ultimo giorno di servizio, svolto con rigore ma anche con grande comprensione. Riuniti nel suo liceo, noi alunni di ieri non possiamo che ricordare con affetto e con gratitudine il docente, l’educatore e il padre di famiglia che ha accompagnato amorevolmente il percorso di crescita dei suoi allievi.
Un convegno e una targa in onore del professore Elio D’Agostino
Sabato mattina, presso il liceo scientifico di Sant’Eufemia, si svolgerà un’iniziativa di assoluto rilievo, organizzata dal liceo e dal Comune e caratterizzata da due momenti significativi: il convegno di studi “La centralità del periferico. L’attualità dei classici”, con gli interventi degli autorevoli relatori presentati nella locandina, e lo scoprimento di una targa commemorativa in onore del professore Elio D’Agostino, che del nostro liceo è stato, a lungo, colonna portante.
Sarà importante esserci, per testimoniare la riconoscenza degli eufemiesi nei confronti di una personalità che tanto ha dato per la crescita culturale e sociale della nostra comunità.
Una nuova primavera
Ci siamo lasciati alle spalle tre anni di clausura e di scoramento, complici il Covid e le note vicende che hanno fatto piombare il paese in una sorta di abulia mai conosciuta in passato. Sant’Eufemia ha sempre avuto un tessuto sociale caratterizzato dalla particolare vitalità delle sue associazioni culturali, sportive, di volontariato e di promozione del territorio, dal dinamismo delle scuole e della parrocchia. Da questo punto di vista, il triennio 2020-2022 è stato sconfortante, ancorché comprensibile nel contesto di sbandamento generale causato anche dalla difficoltà di instaurare sinergie istituzionali. Avere privato per oltre due anni il paese di un’amministrazione comunale è stata la carognata più grave subita dalla nostra comunità, non mi stancherò mai di ribadirlo ogni volta che ne avrò occasione.
Alcuni hanno provato a reagire e a loro va riconosciuto il merito di avere tenuto accesa una fiammella, alimentata da iniziative non irrilevanti: la parrocchia, l’Agape, il “Team Bike Sant’Eufemia 1000 km”, mastro Mimmo Fedele con l’Associazione regionale sarti e stilisti calabresi, le scuole, i due cori parrocchiali “Cosma Passalacqua” e “cAntonella gioia”.
Questo per il passato. Il presente, per fortuna, ci parla d’altro. Da diversi mesi a Sant’Eufemia soffia un vento di rinascita che ispira fiducia. Piccole tracce, però incoraggianti, che vanno seguite con attenzione. Su tutte, la costituzione dell’associazione musicale “Thàleia”, composta da ragazzi giovanissimi ma già promotori di numerose iniziative (incontro sul ruolo della donna nella storia musicale, concerto per l’anniversario dell’Unità d’Italia, esibizioni varie), i quali per il solo mese di aprile hanno previsto tre incontri letterari e un concerto in piazza, per la Festa della Liberazione.
Ma anche i protagonisti storici delle manifestazioni eufemiesi sono in fermento. L’associazione di volontariato cristiano “Agape”, che pure in questi anni è riuscita a mantenere la maggior parte delle sue tradizionali iniziative, dopo lo stop dell’anno scorso organizzerà nuovamente la colonia estiva per i disabili. Il “Terzo millennio”, da oltre due decenni protagonista assoluto dell’associazionismo eufemiese, tornerà con la “Primavera di libri” e ha in cantiere ambiziosi progetti nel campo della recitazione e del teatro.
Indizi importanti, che segnalano una ricucitura del tessuto cittadino sfibrato dagli eventi dell’ultimo triennio e che occorre convogliare nella direzione di un’auspicabile ripresa culturale e sociale. I riti religiosi della Settimana Santa hanno registrato un’adesione popolare straordinaria, come non accadeva da tempo e sulla quale è necessario riflettere. Una nuova primavera può infatti sbocciare soltanto se si parte da questo diffuso desiderio di partecipazione, che trae linfa dal sentimento identitario della condivisione di un destino comune.
Terza stazione
Nella emozionante e molto partecipata Via Crucis cittadina di ieri sera, guidata dal parroco di Sant’Eufemia don Marco Larosa e animata da gruppi, associazioni, scuole e amministrazione comunale, all’Agape è stata affidata la meditazione sulla terza stazione (“Gesù cade per la prima volta”):
«Perché è capitato proprio a me?». Quante volte ci siamo posti questa domanda di fronte a un dramma che sconvolge le nostre esistenze o quella di persone a noi care? Ingiustizia, malattie, morti improvvise o al termine di lunghe sofferenze che non riusciamo a spiegare, né ad accettare. Eventi scandalosi, ma è proprio dallo scandalo delle nostre coscienze che dobbiamo partire. Dallo scandalo nell’accezione biblica di “inciampo”: ostacolo che costringe a soffermarsi e a riflettere. Come ci accade di fronte a Gesù piegato sotto il peso della croce. Gesù non dovrebbe cadere, perché Egli è Dio. Eppure Gesù cade, Egli si abbassa al nostro livello di comuni mortali e nel cadere ci indica la Via.
Don Tonino Bello ci ha insegnato che le ferite sono un’occasione speciale nella vita di ciascuno di noi, se siamo capaci di trasformarle in feritoie attraverso le quali farvi passare la luce della rinascita, la luce che ci rimetterà in piedi. La Luce di Dio.
Per amore Gesù si fa uomo e assume su di sé i peccati dell’uomo, rappresentati dalla croce che lo schiaccia a terra: sfinito, flagellato, sputato e deriso. Una volta caduto, si rialza e riprende il cammino verso il Calvario. Il suo messaggio è: «Rialzatevi e continuate a camminare».
Ogni volta che cadiamo, ogni volta che ci sentiamo umiliati, ogni volta che non vediamo via d’uscita, rialziamoci e continuiamo a camminare: confidiamo nella Sua guida per trovare la forza necessaria ad andare avanti.
Se crediamo in Lui, sopporteremo il peso delle avversità e delle ingiustizie disseminate lungo il cammino che conduce alla Verità. Se ci affidiamo alla Sua Parola, troveremo conforto e pace.