E vissero tutti felici e contenti

L’incontro in prefettura con il presidente Pietro Ciucci ha avuto esito positivo: lo svincolo di Sant’Eufemia si farà. Questa la promessa del numero uno dell’Anas nell’incontro odierno. Con una postilla al vetriolo: entro cinque anni.

Tempi burocratici, si dirà, necessari per consentire l’approvazione e il finanziamento di un nuovo progetto.

Tutti soddisfatti, quindi: la regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria, i sindaci del comprensorio, il Comitato per il mantenimento dello svincolo.

Mesi di lotte, ma il risultato c’è. Tangibile. E vai con la corsa ad intestarsi l’esito positivo della vicenda.

Nell’attesa che la promessa venga mantenuta, verrà messa in sicurezza l’arteria che collega il vecchio svincolo di Sant’Eufemia con quello di Bagnara nel nuovo tracciato. Una soluzione che conferma la tesi iniziale di “vox populi”: alla fine della fiera, occorrerà battersi il petto se si potrà continuare a transitare sul vecchio tracciato, per il quale si temeva la demolizione.

Un’ipotesi oltremodo penalizzante e dalle conseguenze disastrose anche da un punto di vista logico: si provi soltanto ad immaginare tir e autobus bloccati in qualche tornante di Pellegrina. Impensabile.

“Vox populi” maliziosamente sosteneva anche che l’avvicinarsi delle elezioni avrebbe ammorbidito la posizione di Anas. E così è stato.

Ora se ne riparlerà tra cinque anni. Allegria.

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Una bella notizia

Ho ricevuto una email di Antonello Zucco che mi ha reso molto felice, nella quale mi comunica che l’amministrazione comunale ha approvato la delibera necessaria per potere accettare la donazione delle opere di Nino Zucco.
Ritengo che si tratti di una bella notizia, per due motivi: perché toglie dall’oblio un personaggio che dà lustro a Sant’Eufemia e perché essa è indice di attenzione e sensibilità nuove sul tema della cultura. [D. F.]

Egregio dottore,
La voglio informare che domenica sera mi ha telefonato il Sindaco di Sant’Eufemia comunicandomi che la Giunta del paese aveva approvato una delibera concernente la donazione delle opere di mio padre. Devo dire che sono contento che l’attuale amministrazione abbia preso in considerazione un suo cittadino che sicuramente ha reso onore al suo paese. Il Sindaco mi ha anche detto che ci sentiremo per stabilire una data per ricordare mio padre.
L’autorizzo fin da ora a pubblicare questa email sul suo blog.

Ringraziandola ancora le invio i miei più cordiali saluti nella certezza che presto potremo incontrarci a Sant’Eufemia.
Antonello Zucco

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La lettera di Monsignor Giorgio Costantino

Ritengo opportuno condividere con chi segue il blog l’email che ho trovato poco fa nella mia casella di posta elettronica, ovviamente dopo avere avuto il consenso dell’autore. Monsignor Giorgio Costantino, personaggio di primo piano della Chiesa calabrese, è eufemiese nonché nipote di Nino Zucco. Mi ha scritto a proposito dell’articolo pubblicato qualche giorno fa e il contenuto fa ben sperare sulla possibilità di organizzare qualcosa per ricordare degnamente questo nostro grande artista e letterato. Ho immediatamente contattato telefonicamente Monsignor Costantino e ci siamo ripromessi di risentirci ancora per cercare di realizzare qualcosa di interessante e utile. La nostra idea è quella di coinvolgere il liceo scientifico e l’amministrazione comunale. Speriamo bene.
[D.F.]

Ho letto con una certa sorpresa, ma con vero piacere e soddisfazione in Messaggi nella bottiglia: “Nessuno è profeta in patria: Nino Zucco”.
Sono il nipote, Mons. Giorgio Costantino, anch’io nato a S. Eufemia d’Aspromonte. Vorrei solo comunicarle che con mio cugino Antonello Zucco, figlio dell’artista, ci siamo recati al Comune di S. Eufemia mercoledì 16 gennaio, a parlare con il Sindaco per una eventuale donazione, allo stesso Comune, di alcune opere di pittura e scultura di Nino Zucco. Il Sindaco era fuori sede, ma ci siamo sentiti, tramite l’assessore ai lavori pubblici, per telefono. Il Sindaco insieme con il Vice Sindaco sono venuti a Reggio Calabria il giorno successivo nella mia parrocchia, dove con mio cugino abbiamo loro presentato la donazione che consiste in:

due calcografie della via Crucis di S. Sperato,

un busto dello scultore,

4 opere di pittura.

Mio cugino, inoltre, ha promesso di regalare le fotocopie di tutti i libri scritti dallo zio. Da parte mia ho delle cartelle con articoli e commenti sull’opera di Nino Zucco e un opuscolo che abbiamo pubblicato in occasione del centenario della nascita.

Con il Comune di Palmi siamo rimasti d’accordo che il 5 aprile 2013, in occasione della conclusione del venticinquesimo della morte, ci sarà a Palmi, nel salone Consiliare, una Solenne Commemorazione.

Sarebbe bello che qualche giorno prima si facesse anche a S. Eufemia.

Qualche anno addietro avevamo tentato di interessare l’Amministrazione Comunale di S. Eufemia d’Aspromonte a una eventuale donazione che sarebbe stata più ricca se qualcuno si fosse degnato di rispondere; mio cugino ha donato 20 delle opere di scultura e pittura alla Casa della Cultura di Palmi che gli ha dedicato uno spazio permanente nella sala dedicata a Michele Guerrisi.

Veramente “Nemo propheta in patria”.

Tuttavia siamo in attesa che il Sig. Sindaco e la Giunta facciano una delibera nella quale accettano la donazione e decidono di conservare le opere donate, in dignitosa collocazione, nella Casa Comunale.
Spero che l’entusiasmo suscitato in lei e nella signora Carmela possa contagiare tanti altri eufemiesi.
Con vera simpatia e stima,
Mons. Giorgio Costantino

E quella di Antonello Zucco

Un paio d’ore più tardi è arrivata anche l’email di Antonello Zucco, figlio dell’artista eufemiese. Tra le righe traspare una giustificata amarezza, ma confido sul fatto che Sant’Eufemia faccia ancora in tempo a porre rimedio alle gravi disattenzioni del passato. È il mio auspicio. [D. F.]

Avvertito da mio cugino Monsignor Giorgio Costantino ho letto quanto da Lei scritto riferito a mio padre Nino Zucco in “nemo propheta in patria” e La ringrazio vivamente per le parole e i giudizi che ha voluto esprimere nei confronti dell’artista Nino Zucco. Purtroppo è vero. “Nemo propheta in patria”. E mio padre non è stato particolarmente fortunato con il suo paese Sant’Eufemia d’Aspromonte che lui, invece, ha sempre amato e nel cui comune ha voluto essere sepolto. Infatti le sue spoglie sono a Sant’Eufemia nella tomba di famiglia, accanto al padre e alla madre e ad un fratello, perché ha voluto così perpetuare il suo attaccamento non solo alla terra d’origine, la Calabria, ma in particolar modo al suo paese natale.

Sant’Eufemia e la sua amministrazione hanno solo posto un suo profilo nel sito del comune, pure errato in origine, confondendo il nome della madre, mia nonna Rosina Lirosi di Sinopoli, con quello di mia madre Cinzia Massera, sua moglie, di Roma. Ho dovuto insistere più volte perché l’errore fosse rimosso. Anche da queste piccole cose si può notare la scarsa attenzione.

Ho più volte contattato le varie amministrazioni che si sono succedute nel tempo specificando che avrei fatto una donazione al comune natale di mio padre senza oneri, quindi, per il comune stesso, senza tuttavia aver alcuna risposta. Ultimamente ho riproposto al sindaco del paese la stessa donazione, ma aspetto ancora una risposta.

Ho trovato, invece, un’attenzione particolare da parte dell’amministrazione comunale di Palmi. Il sindaco dott. Barone e l’assessore alla cultura dott. Pace unitamente alla gentilissima dottoressa Mariarosa Garipoli responsabile della Casa della Cultura di Palmi, anche per l’interessamento affettuoso dell’amico professor Giuseppe Livoti, hanno tempestivamente accettato la donazione attraverso una delibera di giunta.
Ho anche letto con commozione il commento di Carmela…. e l’accenno a Caterina Iero, che evidentemente nei personaggi di Fuoco a Diambra e di Mistra hanno forse ritrovato echi e la memoria del tempo passato. Sono particolarmente grato a tutti Loro per questo riconoscimento all’opera di mio padre.
Con animo grato,

Antonello Zucco

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Nessuno è profeta in patria: Nino Zucco

Confesso che fino a un paio d’anni fa non sapevo chi fosse Nino Zucco (Sant’Eufemia, 1910 – Roma, 1987). Nessuno me ne aveva parlato e trovare i suoi libri è lavoro da segugi. Nella biblioteca comunale, aperta al pubblico da non più di dieci anni, credo se ne trovi uno solo: per gli altri, occorre rivolgersi altrove (Palmi, Polistena).

Trasferitosi a Genova a diciassette anni, Zucco lavorò come ebanista in una fabbrica di mobili e studiò da autodidatta. Dopo il servizio militare fece ritorno in Calabria, quindi ripartì alla volta di Roma, dove conseguì gli studi classici ed entrò in contatto con i massimi esponenti della cultura calabrese nella capitale: Leonida Repaci, Corrado Alvaro, Raul Maria De Angelis. Frequentò lo studio dello scultore Alessandro Monteleone e quello dello scultore e filosofo Michele Guerrisi, che commemorò in uno scritto del 1977 (Michele Guerrisi. Scultore, pittore e filosofo). Incontri (1978) è invece il quadro nitido del fermento culturale al quale Zucco partecipò e contiene i “ritratti” di importanti personalità calabresi, italiane e straniere conosciute a Roma: Leonard Bernstein, Salvator Dalì, Francesco Perri, Antonio Piromalli, Leopoldo Trieste, John Steinbeck e Domenico Rea, giusto per fare qualche nome. L’incontro più importante della vita di Zucco fu però quello con Francesco Cilea, che ritrasse al pianoforte in un celebre dipinto e del cui volto realizzò il calco in cera sul letto di morte (Francesco Cilea. Ricordi e confidenze, l’affettuoso e devoto ricordo edito nel 1981).

Zucco fu artista e intellettuale eclettico: giornalista, scrittore, pittore, scultore. Docente in diversi licei artistici (tra i quali il “Mattia Preti” di Reggio Calabria), ricoprì anche la cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti reggina. Realizzò bassorilievi in bronzo per la chiesa di San Sperato a Reggio Calabria e per il cimitero di Francavilla Marittima. Fu corrispondente per la “Gazzetta di Messina” e collaboratore per “La Voce di Calabria”, “Il Progresso Italo-Americano”, “Giustizia”, “Tribuna del Mezzogiorno”, “Airone”, “Auditorium”, “Nosside”, “Nuova Calabria”. Partecipò a importanti mostre: la “VII Quadriennale nazionale romana d’arte”, “L’arte nel Mezzogiorno d’Italia”, il premio nazionale di pittura “Marzotto”, la “Mostra d’Oltremare” di Napoli, il premio nazionale di pittura “Villa San Giovanni” e tante altre rassegne nazionali e internazionali. Il critico Arrigo Benedetti definì il suo libro di racconti Fuoco a Diambra (1956) “un tipico e genuino esempio di narrativa moderna”, mentre Domenico Zappone, recensendo I racconti di Mistra (1977), considerò: “c’è materia per un affresco grandioso degno di un grandissimo artista”.

Il centenario della nascita di Zucco era stato ricordato dall’associazione culturale “Le Muse” di Reggio Calabria (presieduta dal professore e critico d’arte Giuseppe Livoti) con il convegno Nel centenario della nascita: Nino Zucco, una vita per l’arte. E proprio oggi (ore 17), presso la Sala del consiglio comunale di Palmi, il figlio Antonello Zucco consegnerà ufficialmente al sindaco Giovanni Barone 18 opere del padre (taccuini, oggetti personali, acquarelli, grafiche, sculture), nell’ambito delle iniziative culturali organizzate dalla stessa associazione reggina per il 2012-2013.

A Sant’Eufemia, invece, non è mai stato fatto nulla. Mette tristezza constatare che il paese d’origine di una personalità così significativa nel panorama culturale nazionale non abbia pensato di perpetuarne il ricordo, anche soltanto conservandone i libri nella biblioteca comunale e affiggendo (almeno) una targa commemorativa in via Mistra, presso la fontana di Diambra o al Muraglio (Il Muraglio. Cronaca di ieri è il titolo del romanzo pubblicato nel 1983), i luoghi della memoria che hanno ispirato la produzione artistica di Zucco.

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Arriva la consulta

L’istituzione della consulta comunale era uno dei punti qualificanti del programma della lista “Leali al Paese”, tanto che più volte nel corso della campagna elettorale l’attuale sindaco Domenico Creazzo l’aveva collocata tra le prime cose da fare, una volta vinte le elezioni. Un segnale di discontinuità – si disse allora – nel rapporto tra cittadini e politica, per dare all’amministrazione comunale un profilo più inclusivo e dinamico. Un tentativo di innovare facendo ricorso agli strumenti della democrazia partecipata per migliorare la qualità dell’interlocuzione e del confronto dialettico tra amministratori, singolo individuo e collettività. Ma anche un’esigenza “pratica”, utile per rimediare agli effetti negativi causati dal ridimensionamento degli enti locali sotto il profilo della rappresentatività, dopo le sforbiciate del governo centrale che di fatto hanno scaricato nel lavandino bambino (valore della rappresentanza) e acqua sporca (costi della politica), innescando legittime perplessità sulla bontà di un’operazione che, nel nostro comune, ha trasformato in un circolo esclusivo il consiglio comunale (da sedici a sette membri, più il sindaco).

La ratio dell’approvazione del regolamento che istituisce la consulta è tutta nell’esigenza politica e sociale di un coinvolgimento attivo della cittadinanza nella gestione della cosa pubblica. La consulta dovrebbe istituire un filo diretto tra la comunità e l’amministrazione e fungere da cinghia di trasmissione per fare pervenire le istanze e i bisogni dei cittadini dalla società al livello politico. Ascolto, sintesi e azione le tre fasi di un percorso improntato sul metodo del confronto dialettico e democratico.

In dieci punti vengono illustrati i settori di intervento (oggetto): giovani, cultura, pari opportunità e terza età; le finalità: raccordo tra cittadinanza e istituzione pubblica, promozione dello sviluppo culturale e del pluralismo; le competenze: partecipazione propositiva e consultiva (pareri e proposte sulle tematiche in oggetto); la composizione e il funzionamento: un minimo di quindici componenti, tra i quali si dovranno eleggere otto membri del direttivo (compresi il presidente, il vicepresidente e il segretario).

A questi buoni propositi aggiungerei l’auspicio che a presiedere la consulta sia una donna, vista l’assenza del genere femminile dal consiglio comunale. Senza dimenticare che, affinché il passaggio dalle intenzioni alla realizzazione pratica dia esito positivo, occorreranno due condizioni: la partecipazione dei cittadini e una buona propensione all’ascolto da parte dell’amministrazione comunale. Altrimenti sarà il deja vu di dieci anni fa, quando l’istituzione della consulta giovanile realizzata dalla lista “Colomba” si risolse in un paio di incontri inconcludenti. Un’occasione persa e niente più.

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Il pezzettino dell’Agape

Tempo fa mi è stata rivolta una domanda a bruciapelo: “è vero che l’Agape sta per morire?”. A me risultava che l’associazione stesse organizzando alcune iniziative per Natale, poi effettivamente realizzate. La domanda tocca però un nervo scoperto, quello delle difficoltà comuni a gran parte delle associazioni a Sant’Eufemia. Problemi di natura economica, con i costi per il mantenimento di una sede che sono ormai diventati insostenibili e che hanno costretto l’Agape a una scelta sofferta ma saggia: niente più sede “fissa”, almeno per il momento, e impiego delle entrate per lo svolgimento delle proprie attività. Ma anche la “crisi delle vocazioni” (all’Agape come al Terzo Millennio, alla Pro-Loco o a qualsiasi altra associazione) che obbliga sempre i soliti a tirare la carretta da anni o decenni perché il ricambio generazionale è pressoché inesistente, sostanzialmente fermo al “boom” registratosi all’inizio del nuovo millennio.
Un fenomeno molto frequente è infatti l’avvicinamento dei giovani all’associazionismo negli anni del liceo, mentre il passaggio all’università ne determina il distacco. Nuovi interessi, maggiori impegni, trasferimento nelle città delle sedi universitarie: a farne le spese è soprattutto il paese, sempre più povero di energie, intelligenze, freschezza e sempre più vecchio, abulico, prevedibile, immutabile. Ecco perché tutte le associazioni eufemiesi sono un patrimonio da salvaguardare. I segnali di vita della comunità provengono in massima parte da quegli ambienti.

Si fa quel che si può, con le forze che si hanno a disposizione. Nel 2012 l’Agape ha dovuto rinunciare alla tradizionale colonia estiva in favore dei disabili, ma tre matrimoni concentrati nel periodo in cui veniva solitamente svolta significano dodici braccia in meno e difficoltà organizzative insormontabili. All’attivo ci sono i progetti realizzati con l’amministrazione comunale per le aree “anziani”, “disabili” e “minori”, che saranno replicati anche nel 2013 per le aree “anziani” (assistenza domiciliare) e “disabili” (attività di affiancamento agli insegnanti di sostegno nelle scuole), e la collaborazione (confermata anche per l’anno scolastico in corso) con il liceo scientifico “Enrico Fermi” per la partecipazione al concorso “Scatti di valore”, ideato dal Centro servizi al volontariato dei Due Mari di Reggio Calabria per promuovere nelle scuole secondarie di secondo grado i valori del volontariato mediante una serie di attività (laboratori, esperienze di cittadinanza attiva, concorso fotografico “Scatti di valore. Sguardi sui valori del volontariato”). Accanto a queste attività e ai banchetti allestiti per la raccolta di fondi (l’azalea della ricerca per sostenere l’Airc nella lotta contro il cancro, in occasione della festa della mamma; i “kiwi for Kiwanis” per quella contro il tetano materno e del neonato), l’annuale pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, l’organizzazione della “giornata del malato” e le iniziative di solidarietà a Pasqua e a Natale: le visite domiciliari agli anziani, il veglione e la tombolata di solidarietà, la tombolata presso la Residenza sanitaria assistenziale per anziani “Mons. Prof. Antonino Messina”.

Ovviamente si potrebbe fare di più e si potrebbe fare di meglio. Su questo non ci sono dubbi. Ma l’importante è fare qualcosa. Teresa Sarti Strada, cofondatrice di Emergency, soleva ripetere che “se ciascuno di noi facesse il suo pezzettino, ci troveremmo in un mondo più bello senza neanche accorgercene”. È questo il senso di tante vite, di tante belle storie.

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Mangino brioches

Ho letto il servizio del CORRIERE DELLA CALABRIA su quella porcata nauseabonda commessa da alcuni consiglieri regionali, l’approvazione del taglio del trattamento di fine mandato, strombazzato come il segnale inequivocabile di un nuovo modo di fare politica che non vuole privilegi, sta vicino alla gente che soffre e bla bla bla…
Non lo so se i nostri poco onorevoli rappresentanti, impegnati tra Natale e la Befana in simili toccanti esternazioni, siano poi corsi a nascondersi. Conoscendoli un po’, non credo. Dovrebbero però farlo, dopo l’articolo di Pablo Petrasso, il quale ha smascherato l’ennesimo colpo gobbo della casta, con tanto di corsa per ottenere la liquidazione dell’80% del tfm (poverelli, non era consentito richiedere tutto il “cucuzzaro”) prima che la nuova legge entrasse in vigore.

Una schifezza.

Ma questi dove vivono? Fino a quando pensano di potere continuare così senza che nessuno cominci ad andare a prenderli casa per casa? No alla violenza, per carità, ma nessuno può pensare che, stringi stringi, alla fine non si vada a finire là se non si cambia registro. Il disperato che non ha niente da perdere c’è sempre. Credo che i politici facciano male a sottovalutare la situazione. Soprattutto fanno male a continuare a prendere per i fondelli la gente con operazioni di facciata che non fanno altro che aumentare nella società la rabbia, l’indignazione e la nausea.

Forse davvero dal chiuso delle loro stanze dorate non hanno percezione dei drammi familiari che si verificano fuori per la mancanza di lavoro e per le tasche sempre più vuote. Sembrano tutti Maria Antonietta sorda alle lamentele di chi le faceva notare che il popolo moriva di fame: “Se non hanno il pane, che mangino brioches!”.

I nomi di questi galantuomini andrebbero scolpiti all’ingresso di ogni comune, perché oggi tutti sappiano e a futura memoria, se mai un giorno la politica si risolleverà, come esempio del fondo toccato in questo inizio di millennio dall’attuale classe dirigente.

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Buon 2013

Felice anno a vecchi e nuovi compagni di viaggio, a chi ho perso e a chi ho trovato, a chi ancora sogna, spera e lotta, a chi non si arrende, a chi ce la mette tutta, a chi non pensa che la vita sia una competizione in cui ci sono vincitori e sconfitti, a chi dà senza pretendere, a chi sa rispettare quel che sei e non quello che vorrebbe che tu fossi, a chi sa amare, a chi non ha capito e anche se ha capito preferisce morire d’orgoglio. Buon anno a tutti, nonostante tutto.

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Blocco 52

Il cadavere di Utopia riposa dietro una lapide del “blocco 52” del cimitero di Catanzaro, sipario della vicenda umana e politica del comunista Luigi Silipo che Lou Palanca ha recuperato negli anfratti della storia, soffiando sulla polvere accumulatasi in quasi cinquant’anni di oblio. Lo pseudonimo dell’autore collettivo (ispirato a Massimo “O Rey” Palanca, idolo giallorosso specialista del gol su calcio d’angolo negli anni Settanta-Ottanta) si rifà all’esperienza avviata negli anni Novanta in Italia da Luther Blissett e proseguita da Wu Ming, culminata con l’esperienza del New Italian Epic, genere di romanzo che mescola realtà storica e finzione letteraria.
Blocco 52. Una storia scomparsa, una città perduta, edito da Rubbettino e scritto a dieci mani (Fabio Cuzzola, Valerio De Nardo, Nicola Fiorita, Maura Ranieri e Danilo Colabraro), si snoda su più piani e offre diverse chiavi di lettura. Personaggi reali, chiamati per nome e cognome, che incastrano le proprie esistenze con la trama del romanzo (“un delitto che dalla Calabria degli anni Sessanta arriva fino a Praga”), fotografie in bianco e nero di vicende da narrare perché, “se non c’è nessuno che fa memoria, è come se le storie non fossero mai esistite”.
L’assassinio dell’eretico Luigi Silipo (1 aprile 1965), dirigente di primo piano del partito comunista in Calabria che vede progressivamente incrinarsi le certezze granitiche sulla bontà del centralismo democratico e sulla prassi del comunismo internazionale, da “omicidio impunito, dimenticato o da dimenticare” assurge a metafora del bilancio amaro di una stagione politica e di una generazione costretta a tapparsi le orecchie per non sentire “il rumore che fanno i sogni che abortiscono”.

Il passato ha l’odore dell’aria ammorbata dal fumo delle sigarette nelle sezioni di partito e nelle sale cinematografiche, il colore delle palline usate come tappo per le bottigliette della gazzosa, le inquadrature della cinepresa di Pasolini in “Comizi d’amore”, la lezione sempre attuale di don Milani, le canzoni di una generazione che avrebbe voluto scalare il cielo e sognava di portare la fantasia al potere. Blocco 52 è la Catanzaro dei “bassi” invivibili e della speculazione edilizia, delle carte di Piazza Fontana incredibilmente sepolte in uno scantinato; è la Reggio degli anni Settanta, la controcultura e le bombe, l’intreccio inquietante di fascismo, ’ndrangheta, massoneria e servizi segreti. Ma è anche la crisi materiale e morale della società attuale, sulla quale si posa lo sguardo ora amaro, ora ironico, di Vincenzo Dattilo, alter ego del “pendolare fisso” Fabio Cuzzola, dal quale prende in prestito anche il blog Terra è libertà.

Storia grande e piccole storie si intrecciano e si tengono assieme, seguendo il filo conduttore di un omicidio i cui possibili moventi (politico, passionale, affaristico-criminale) conducono a una lapide spoglia, abbandonata e dimenticata da tutti. Sullo sfondo, una serie di “vinti” (Nina, che mantiene i contatti con i futuri protagonisti della Primavera di Praga; Maria Grazia, che perde la verginità sotto lo sguardo corrucciato di Marx, Engels e Lenin; Caterina, vittima rassegnata di una società patriarcale) e il più “vinto” di tutti: Gavino Piras, funzionario del partito comunista mandato da Roma per gestire, all’indomani della morte del “Migliore”, lo scontro tra amendoliani e ingraiani e che sull’altare dell’ideale politico sacrifica amore e felicità personale.

La rivoluzione soffoca in tasca, come i pugni del celebre film di Marco Bellocchio, ed è amara consolazione rifugiarsi nell’illusione “che il cielo sia così vicino che lo puoi toccare con un dito”, parallelismo irriverente tra l’utopia comunista e l’esistenza della prostituta Assunta. Impegno politico e ricerca della verità si rivelano una battaglia persa, “ma le battaglie perse – ci ricorda Dattilo – sono le uniche che vanno combattute. O, perlomeno, le uniche che meritano il bacio sulle labbra che le trasforma in un libro”.

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Un tuffo nel passato, uno sguardo sul futuro

Torno sempre con gioia al liceo scientifico “Enrico Fermi”, che a distanza di venti anni continuo a considerare un po’ casa mia. Un luogo dello spirito che racchiude ciò che ero e quel che sono diventato anche grazie ai cinque anni trascorsi tra quelle mura. E poco conta se, all’epoca, l’unico istituto superiore del nostro comune non fosse ospitato negli attuali locali. Non si è mai palpitato per un vestito. Per l’anima che vi sta dentro, sempre.

Non ho trovato i miei vecchi professori; “don” Rocco ci ha lasciati ormai da diversi anni, “don” Nino e la “signora” (mai conosciuto il suo vero nome) credo si siano pensionati. Eppure sento quell’aria e la riconosco. Odore di gioventù, di sogni e di speranze, di banchi incisi col coltellino, di scherzi terrificanti, di sicurezza ostentata per nascondere paure inconfessabili, di storie d’amore che sembravano eterne, di ansia per l’approssimarsi dell’interrogazione o del compito in classe, di entusiasmo e di noia, di frasi “storiche” riportate sul diario, di allegria per un niente e di pianti per lo stesso niente che agli occhi di un adolescente spesso diventa (ed è) tutto.
Inutile dire che ho apprezzato le parole usate nei miei confronti dal professore Pietro Violi e dalla professoressa Carmela Cutrì. E va da sé che mi ha fatto molto piacere parlare davanti a tanti giovani dei miei libri e di questo blog. Mi hanno emozionato gli interventi di Gresy e di Maria Grazia, la freschezza sui visi dei ragazzi e delle ragazze del mio paese. Sono i volti di chi ha il dovere di sognare e dare una nuova speranza ai sognatori che fummo, quand’era giusto sognare perché, come per il viaggio, non è tanto la meta ciò che realmente conta, ma il viaggio stesso, il tragitto che si compie per giungere (forse) a destinazione. La ricchezza dell’uomo è il suo eterno interrogare la realtà che lo circonda e se stesso, alla ricerca di qualcosa che talvolta non si riesce a definire e che invece, semplicemente, è vita.

Ho incontrato la Sant’Eufemia di domani e, per me, è stato il più bel regalo di Natale. Non tutto è nero, non tutto è perso.

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