Con Tina (Fortunata) Ciccone Sturdevant ci siamo conosciuti su Facebook nel 2016. Grazie allo strumento della condivisione dei post era finita sul mio blog, interessata comāera a tutto ciĆ² che riguardava la storia di SantāEufemia, dovāera nata nel 1931 e da dove era partita nel 1950 insieme alla mamma per raggiungere negli Stati Uniti il padre, due fratelli e una sorella. Successivamente sposĆ² Ernest Sturdevant e diede alla luce quattro figli: Gary, Donna, Lisa e Linda. Era ritornata a SantāEufemia nel 1970 e aveva recuperato per caso, in fondo ad un baule, lo straordinario racconto del padre Giuseppe sullāesperienza vissuta nella Prima guerra mondiale. Il testo, in inglese con a fronte le pagine originali del diario-poema scritte in un calabrese-italiano stentato, ĆØ stato pubblicato grazie anche alla preziosa collaborazione dellāadorato nipote Richard Ciccone, professore di Psichiatria presso lāUniversitĆ di Rochester. Through the circles of hell: a soldierās saga. Giuseppe Ciccone ā questo il titolo ā ĆØ lāunica testimonianza diretta di un fante eufemiese sulla carneficina delle trincee del Carso.
Ho avuto il privilegio di recensire il libro per āIl Quotidiano del Sudā e di consegnarne una copia allāArchivio di Stato di Reggio Calabria e alla biblioteca comunale di SantāEufemia. Recensione in seguito pubblicata nel mio SantāEufemia dāAspromonte e la Grande guerra.
Stamattina ho saputo che Tina ci ha lasciati tre giorni fa. Ci eravamo scritti lāultima volta per gli auguri di Pasqua, chiudendo entrambi lāemail con la nostra consueta formula āyour long distant friendā.
In questi otto anni siamo rimasti sempre in contatto: allāinizio utilizzavamo entrambi lāinglese, poi qualche volta io lāitaliano e lei lāinglese, infine entrambi lāitaliano. Lingua che, mi ripeteva spesso, aveva sepolto insieme a radici e ricordi: Ā«Ero diventata piĆ¹ americana che italianaĀ». Me ne parlava spesso nelle email e nelle lettere da Silver Spring (Maryland), nonna e bisnonna felice che āal tramonto della vitaā (altra frase che utilizzava di frequente), era riuscita a fare in qualche modo pace con un passato piĆ¹ o meno volontariamente dimenticato.
Con il nipote Richard aveva anche tradotto in inglese e pubblicato la Breve monografia su SantāEufemia dāAspromonte di Vincenzo Tripodi e, infine, aveva approfittato della clausura del Covid nel biennio 2020-2021 per ordinare i suoi ricordi nel prezioso Once upon a time in Calabria: stories of SantāEufemia, uno spaccato su personaggi e consuetudini degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso a SantāEufemia dāAspromonte: Ā«Appena ho appoggiato le dita sui tasti del computer, le storie si sono scritte da sole. Tutte le memorie, nomi e luoghi ā mi scrisse ā sono ritornati in modo straordinarioĀ».
Tina era curiosa di sapere come il paese era cambiato. Apprezzava le attivitĆ di volontariato dellāAgape e si entusiasmava per i giovani che si spendono per fare crescere SantāEufemia. Da Oltreoceano mi ĆØ stata accanto quando mi candidai nelle elezioni comunali e nei sette mesi bui del 2020. Leggevo con piacere le sue email, le sue domande, le sue considerazioni, i suoi progetti. Pensava al futuro con una grande energia vitale, preoccupata non per sĆ© ma per i giovani. Non temeva la morte perchĆ© ā diceva ā aveva avuto una vita piena di soddisfazioni e di affetto. Era in pace. Mi mancherĆ .
Lāazalea della ricerca per la festa della mamma
Domenica 12 maggio, in occasione della Festa della Mamma, oltre 20.000 volontari saranno presenti in 3.500 piazze italiane con lāazalea della ricerca AIRC, che questāanno festeggia il suo quarantesimo compleanno.
Insieme allāazalea verrĆ offerta una guida che ripercorre i principali traguardi raggiunti: Ā«Le conquiste della ricerca si traducono in vite salvate e negli ultimi quarantāanni in Europa ā ricorda lāAirc ā sono state salvate dal cancro le vite di oltre due milioni di donneĀ».
A SantāEufemia dāAspromonte saranno i volontari dellāAgape ad occuparsi della distribuzione della piantina simbolo della battaglia contro i tumori femminili.
Con una donazione di 18 euro, potremo festeggiare le nostre mamme e dare un aiuto concreto alla lotta contro il cancro.
Chi volesse aderire alla prevendita, puĆ² contattare i volontari dellāassociazione.
Vi aspettiamo in piazza Matteotti, dalle ore 9.00 alle 13.00.
Il centocinquantesimo anniversario della nascita di Carmelo Tripodi
Il 28 aprile ricorreva il centocinquantesimo anniversario della nascita di Carmelo Tripodi, artista dal āmultiforme ingegnoā, secondo la calzante definizione del figlio Domenico Antonio, āLāAspromontanoā autore di opere pittoriche esposte in tutto il mondo. Capostipite della ādinastia dāarteā celebrata in un convegno tenuto a Roma nel 2001 (relatori: il fondatore e direttore de āIl Corriere di Romaā Giuseppe Gesualdi, il dantista Tullio Santelli, i critici dāarte Renato Civello e Alberto Trivellini), la sua ereditĆ ĆØ stata raccolta da altri due figli (Agostino e Graziadei, āil restauratore al servizio di Dioā, per poi giungere ai giorni nostri con le nipoti Carmelita e Roberta.
Nel 1874 lāaspetto di SantāEufemia dāAspromonte era molto diverso dallāattuale. Il censimento del 1871 attesta una popolazione di 6.252 abitanti, ammassati nelle case prive di acqua e servizi del āVecchio Abitatoā e del āPettoā, i due rioni esistenti prima dellāedificazione della āPezza Grandeā in seguito al terremoto del 1908. Nel 1872 era stato inaugurato il telegrafo elettrico, mentre lāunica strada, che consentiva un collegamento con i paesi vicini, da Bagnara attraversava il paese e proseguiva fino a Delianuova. Le classi della scuola elementare erano dislocate tra locali comunali e abitazioni private.
Figlio di Giuseppe e di Teresa Filardi, da ragazzo Carmelo Tripodi frequentĆ² la bottega dāarte di GiosuĆØ Versace. Nel 1895 si iscrisse allāAccademia di Belle Arti di Messina e, completati gli studi, aprƬ uno studio di pittura e scultura. Nel 1906 due sue opere furono presentate allāEsposizione Campionaria Internazionale di Palermo: āGalileo Galileoā e āSantāAntonio abateā. I due quadri gli procurarono le piĆ¹ alte onorificenze: Premio dellāEsposizione āGran Premio e Croce Insigneā, Premio Concorso Universale āGran Corona dāoro con medaglia al merito artisticoā, Premio Concorso Nazionale āTarga della CittĆ di Padovaā. Lāanno successivo Tripodi si impose nel Premio Concorso Internazionale āGran Coppa dāItaliaā e, nel 1912-1913, fu componente della Giuria dāOnore allāEsposizione Internazionale di Parigi.
Il terremoto del 1908 distrusse gran parte dei suoi lavori: in particolare, il monumentale altare della chiesa di Santa Maria delle Grazie, con il bassorilievo rettangolare sopra la nicchia della Madonna e le statue di San Pietro e di San Paolo poste sui due lati.
Della produzione artistica giunta ai giorni nostri, oltre ai due quadri giĆ menzionati, hanno riscosso lāapprezzamento dei critici lāolio giovanile āSan Rocco e gli appestatiā (1894), i dipinti e i disegni della maturitĆ : āMarie al sepolcroā, āDeposizioneā, āGesĆ¹ che cammina sulle acqueā, āMonaco in meditazioneā, āTesta di GesĆ¹ā, āMosĆØ e il roveto ardenteā, āPadre dellāartistaā, āSuonatore sulla neveā, āTesta di frateā, āTesta di vecchiaā.
Carmelo Tripodi sviluppĆ² una sua personalissima arte nella lavorazione di stucchi, creta e cartapesta, ancora oggi apprezzabile nel āSacro Cuore di GesĆ¹ā della chiesa di SantāEufemia e nel āCristo alla Colonnaā della Processione dei Misteri. Altre sue opere sono custodite in alcune chiese della provincia di Reggio Calabria: āIl battesimo di GesĆ¹ā, āAbramo sacrifica Isaccoā, āGiuditta e Oloferneā nella chiesa di San Rocco ad Acquaro di Cosoleto; āLe pie donne al sepolcroā nella chiesa della PietĆ di Gioiosa Ionica. Per la chiesa dellāAddolorata di San Procopio realizzĆ² invece lāAltare del Crocifisso; per la chiesa del Soccorso di Palmi, quattordici pannelli raffiguranti la Via Crucis (1937) e la pala dāaltare āI miracoli di Santa Ritaā (1940). Tra i lavori di architettura va ricordata la progettazione e la costruzione della chiesa in legno della Madonna del Carmelo, a Solano (1911).
La realizzazione di numerosi ritratti, oltre a farci āvedereā i volti del tempo, costituiva una fonte importante per il sostentamento della famiglia, al pari del restauro delle tele e delle statue di diverse chiese della provincia o delle commissioni, che non erano soltanto di carattere religioso. Tra il 1926 e il 1929, Tripodi a SantāEufemia realizzĆ² in stucco lāintercolunnio e le decorazioni interne della chiesa del Suffragio e di quella del SS. Rosario; nel 1927, decorĆ² le pareti delle sale del āPodestĆ ā e della āSegreteriaā.
I suoi interessi si estendevano inoltre ai campi della musica e della fotografia, che a inizio Novecento incominciĆ² a raggiungere anche i piccoli comuni. Straordinari sotto il profilo tecnico e dallāelevatissimo valore storiografico gli scatti che testimoniano la distruzione del paese e la sofferenza della popolazione eufemiese nel terremoto del 1908.
Carmelo Tripodi ĆØ stato un artista poliedrico, la cui memoria va perpetuata: Ā«Deve rispondere a un imperativo morale ā ha scritto Renato Civello ā sottrarre alla impietosa coltre del silenzio una identitĆ che ebbe voce e sostanza totale di vita. Riscoprire personaggi come Carmelo Tripodi potrĆ concorrere, fra le devianze e gli smarrimenti del nostro tempo, a rintracciare una presenza salvifica perchĆ© tutto quello che egli creĆ² fu dono di veritĆ Ā».
Primo Maggio
Sarebbe piĆ¹ onesto parlare di commemorazione, visto che cāĆØ poco da celebrare. Non solo per il dato spaventoso dei morti sul lavoro nel 2023: 1.041, quasi tre al giorno. Mai come nel quarto articolo ĆØ evidente lo scarto tra le nobili intenzioni dei padri costituenti e lāattuazione dei principi costituzionali: Ā«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilitĆ e la propria scelta, un’attivitĆ o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della societĆ Ā». Belle parole, le piĆ¹ belle che potessero essere scritte. Buoni propositi che si scontrano perĆ² con la realtĆ .
La realtĆ dei circa 3 milioni di precari o dei 5 milioni di sottopagati (il 30% del totale).
La realtĆ di quasi 6 milioni di individui in povertĆ assoluta.
La realtĆ dei 21 punti di differenza tra il tasso di occupazione nel Nord (69,4%) e quello del Mezzogiorno (48,2%), dove il tasso di disoccupazione ĆØ circa tre volte superiore rispetto alle regioni settentrionali.
La realtĆ del caro affitti, che a Milano ha raggiunto lāaumento record del 19,2% nel biennio 2022-2023.
La realtĆ del 20% delle lavoratrici costrette a licenziarsi quando diventano madri, perchĆ© ĆØ impossibile conciliare lavoro e assistenza ai figli laddove sono scarsi i servizi di supporto, se non si puĆ² contare sul sostegno di una rete familiare.
La realtĆ del carovita, del calo dei risparmi e della perdita spaventosa del potere dāacquisto dei salari. Mentre i carrelli della spesa delle famiglie sono sempre piĆ¹ vuoti, 4,5 milioni di italiani rinunciano a curarsi, perchĆ© non ne hanno la possibilitĆ e perchĆ© il sistema sanitario nazionale non riesce a soddisfare le richieste in tempi decenti.
La realtĆ di una frattura sempre piĆ¹ profonda tra lavoratori tutelati e lavoratori non tutelati, tra privilegiati e sfruttati.
La realtĆ della vittoria del capitalismo e del suo modello culturale fondato sulla societĆ dei consumi, del suo cinismo e della sua arroganza.
La realtĆ della compressione progressiva di ogni spazio di sicurezza, libertĆ e dignitĆ .
Alla faccia dellāarticolo quattro della Costituzione.
Condannati a morire in cella: quando lo Stato dimentica i detenuti malati
Novanta morti allāanno. Uno ogni quattro giorni. Una strage di malati che si consuma tra le sbarre delle carceri italiane nel silenzio quasi assoluto. GiĆ fanno fatica a guadagnare qualche titolo di giornale i casi, piĆ¹ eclatanti, dei suicidi: giĆ 32 in questo infausto primo quadrimestre del 2024. Figurarsi lo spazio che possono ricevere i detenuti morti nei penitenziari italiani per ācause naturaliā: il conteggio di Ristretti Orizzonti ĆØ al momento fermo a quota 44. Uomini e donne senza volto e senza nome, per i quali non ĆØ concesso il sentimento dellāumana pietĆ . Un dato che in realtĆ sarebbe ancora piĆ¹ drammatico, se solo si potesse disporre dei numeri sui decessi che avvengono quando, finalmente, vengono applicati gli articoli 146 e 147 del codice penale sul differimento della pena per le persone gravemente ammalate, che finiscono per morire poco dopo il loro arrivo a casa. I fautori del ābuttate le chiaviā, cinicamente, sostengono: sarebbero morte ugualmente. Eppure ĆØ notoria la correlazione tra stato detentivo e scatenamento o peggioramento delle malattie.
In prigione si muore di infarto, per le complicazioni di patologie mal curate, per malattie croniche. Muoiono i giovani; ma ancor piĆ¹ ā ĆØ ovvio ā muoiono gli anziani. In carcere si muore da soli, senza il conforto di un familiare, perchĆ© lo Stato italiano non riesce a conciliare il diritto soggettivo di morire dignitosamente con la pulsione securitaria di una larga fetta della popolazione.
Le ragioni di questa ecatombe sono molteplici. Il pregiudizio per il quale il detenuto che lamenta qualche malessere generalmente viene considerato un simulatore in cerca di qualche beneficio. La carenza drammatica di personale e attrezzature sanitarie, piĆ¹ volte denunciata sulle colonne de āIl Dubbioā da Damiano Aliprandi: medici precari e difficoltĆ nellāassegnazione sulle 24 ore, turni infernali, con un solo infermiere responsabile anche di 600 detenuti; liste di attese infinite per visite specialistiche o interventi chirurgici. A tal proposito, dovrebbero pesare come un macigno sulle coscienze dei nostri governanti le parole severissime del garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello: Ā«Credo che la nostra societĆ e le nostre Istituzioni non siano rispettose dei diritti umani dei detenutiĀ».
Non possono esserlo, quando i Tribunali si rifugiano in dichiarazioni di compatibilitĆ con lo stato di detenzione perchĆ© āil quadro polipatologico ĆØ caratterizzato da patologie di natura cronica, certamente meritevoli di controlli periodici, alcuni anche quotidiani, agevolmente (il sottolineato ĆØ mio) gestibili allāinterno del circuito penitenziarioā. CosƬ agevolmente che un detenuto puĆ² morire appena ottiene la sostituzione della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, o andarci vicino.
Lāaccanimento dello Stato nei confronti dei detenuti malati ĆØ a volte indecente, oltre che incostituzionale, se si tiene a mente il senso di umanitĆ cui fa riferimento lāarticolo 27 della nostra Carta. Senza che si abbia nemmeno lāonestĆ di ammettere che in Italia ĆØ ancora in vigore la pena di morte, in una variante ipocrita, vigliacca e per questo ancora piĆ¹ intollerabile.
LāEufemiese ĆØ ritornata
La nostra Pasqua in cella con la pasta al forno di Cosimo e il limoncello di Saro
Oggi Giovanni veste lāabito buono, non la solita tuta sportiva che ĆØ la nostra divisa ufficiale. Per il passeggio nel cortile ha tirato fuori dalla ābilancettaā il maglioncino e i pantaloni che indossa nei colloqui con i familiari, ha lasciato sotto la branda le scarpe da tennis e calzato gli sneakers, ha stretto le spalle dentro un giubbottino casual invece del consueto smanicato. Invidio la sua abilitĆ nel mettere sottovuoto i capi di abbigliamento, affinchĆ© non occupino troppo spazio nellāarmadietto. Li spruzza con un poā di profumo, li richiude nelle buste che adagia sullo sgabello e vi si siede sopra, lentamente. Lāoperazione dura diversi minuti, ma alla fine lo spessore non supera il mezzo centimetro.
Pure per noi carcerati ĆØ Pasqua. Nel cortile ci scambiamo gli auguri, nonostante lāanima in pena e la testa altrove. Nelle nostre case ci sarĆ poco da festeggiare e la metafora del Calvario vale per noi e per i nostri cari. Portiamo insieme la croce: e chissĆ chi ne soffre di piĆ¹ il peso.
In galera i giorni festivi opprimono il doppio. Non viene consegnata la posta, il gancio con lāesterno che fa sentire vivo chi si trova sepolto qua dentro e la chiusura della saletta, alla quale si puĆ² accedere per unāora dopo il passeggio, appare un gratuito supplemento di afflizione. Usciamo dalla cella solo per le ore dāaria e, al momento di rientrare in sezione, alle quattro del pomeriggio ci diamo giĆ la buonanotte.
Per la domenica delle Palme il cappellano ci ha fatto avere un ramoscello dāulivo, che ha suggerito di donare ai nostri familiari. Stiamo salendo con loro lāerta del Golgota, abbiamo tutti bisogno di forza e di consolazione. Il sacerdote trova sempre le parole giuste: Ā«Per rinascere bisogna morireĀ». Un poā morti lo siamo, in effetti. Ma contiamo di farcela a rinascere. Magari un poā ammaccati, ma in piedi. Ci emozionano i suoi gesti affettuosi, ci assicurano che qualcuno pensa a noi. Oggi invierĆ in carcere i bignĆØ alla crema, che consumeremo a fine pranzo con qualche fetta delle colombe pasquali acquistate e scambiate tra i detenuti. Non hanno invece superato il rigido vaglio della guardia e sono finiti nel bidone dellāimmondizia del magazzino le ācimeddeā, i biscotti pasquali della tradizione calabrese che un familiare aveva spedito al congiunto. Pazienza.
Qua dentro tutti dobbiamo qualcosa a qualcuno. Una pacca sulla spalla, un sorriso, una parola di conforto. Un biglietto da spedire per posta, scritto per chi vuole mandare gli auguri di buon compleanno alla figlia, o un disegno per i nipotini di qualche anziano. Riprendere in mano matita, gomma e colori, fa sudare. Ma almeno si sottrae alla monotonia parte di questo tempo vuoto.
Nei giorni scorsi in molti ci siamo āsegnatiā dal barbiere per una sistematina ai capelli. Bei tempi ā racconta chi cāera ā quando la sezione ebbe la fortuna di avere tra i detenuti uno del mestiere. Ora dobbiamo accontentarci di Gigi, che di professione fa lāidraulico. Si impegna, ma i risultati non sempre sono ottimali. A sua discolpa va detto che ĆØ impossibile ottenere unāacconciatura decente con un rasoio elettrico che si inceppa di continuo e con la forbicina āChiccoā.
Gigi ĆØ anche il bibliotecario della sezione, ĆØ lui a consegnare i libri richiesti con la ādomandinaā. Questa mansione la svolge con molta efficienza, almeno dal nostro punto di vista. SƬ, perchĆ© ad aspettare che la ādomandinaā venga letta e la richiesta accolta trascorrerebbero intere settimane. La richiesta alla direzione la presentiamo, ma non appena Gigi passa davanti alle celle per rientrare nella sua, o quando ci incontriamo nel cortile, gli affidiamo un āpizzinoā con i titoli. Ci penserĆ lui a farci avere i libri, alla prima occasione utile. Un azzardo passibile di punizione, come qualsiasi azione che contrasti il regolamento.
Salvatore, il lavorante, corre lo stesso rischio quando ci fa avere i guanti in lattice da utilizzare per lavare il water con la candeggina. SennĆ² ci toccherebbe farlo a mani nude: inspiegabilmente, i guanti non figurano infatti tra i beni acquistabili con la spesa settimanale. Li infila nella borsa di plastica per la frutta e per il pane che lasciamo appesa al cancello della cella e noi, una volta finito il lavoro, li facciamo scomparire nel sacco della spazzatura.
Salvatore oggi sarĆ fondamentale. Il direttore non ha concesso la āsocialitĆ ā, che permette ai detenuti di pranzare insieme nella saletta o di riunirsi a gruppi in un unico camerotto, nei giorni di festa. SarĆ pertanto compito di Salvatore consegnare la pasta al forno cucinata da Cosimo e dovrĆ farlo in fretta, prima che anche per lui arrivi il momento di rientrare in cella. Dal suo cubicolo, Cosimo lo chiama a gran voce. Ha iniziato a preparare il pranzo due giorni fa, dopo essersi fatto prestare i fornellini da campeggio e le coppie di padelle che fungono da forno, non riuscendo altrimenti a soddisfare la vasta clientela. Un detenuto lo chiama āAlessandro Borgheseā, perchĆ© ĆØ un vero fenomeno. Giorni fa ha accolto con gli occhi lucidi il disegno realizzato da un carcerato: un cappello da cuoco a strisce rosse e blu, i colori del suo Catania, accompagnato dalla didascalia āCosimo I, Re degli Chefā.
La pasta al forno di Cosimo ĆØ un capolavoro. Ma apprezziamo anche lāassaggio di quella di Roberto, il nostro dirimpettaio che ā da buon pugliese ā ĆØ specializzato nella preparazione delle orecchiette con le cime di rapa. Con la cella di fronte ĆØ piĆ¹ facile inviarsi le pietanze, per cui spesso pranziamo āinsiemeā. Basta posizionare il piatto dentro un contenitore, farlo passare con molta cautela tra le sbarre e sospingerlo con la scopa fino a metĆ corridoio. Unāaltra scopa, dalla cella di fronte, lo avvicina fino a poterlo raccogliere e il pranzo ĆØ servito.
Dopo il dolce Stefano appoggia sul tavolo un bicchierino di plastica contenente un liquido giallognolo, opera di Saro. Dice che ĆØ limoncello. Non abbiamo idea di quale surrogato abbia impiegato, visto che lāalcool puro non si puĆ² acquistare. Dividiamo la bevanda in quattro, un piccolo sorso a testa. Qualsiasi cosa stiamo bevendo, ĆØ il liquore piĆ¹ buono mai assaggiato in vita nostra.
La Pasqua di solidarietĆ dellāAgape
Un piccolo pensiero per dire āci siamoā, come Agape e come comunitĆ che con la propria generositĆ consente ai volontari di āesserciā. Ć il senso della distribuzione delle uova di Pasqua, stamattina, agli amici dellāAgape e ai ragazzi che in estate partecipano alla colonia estiva. Ed ĆØ bello leggere negli occhi lāattesa di chi sa che, come ogni anno, i volontari arriveranno. La Pasqua di solidarietĆ dellāAgape ĆØ fatta di gesti, di abbracci, di parole scambiate dandosi appuntamento alle occasioni di incontro, come quello recente in pizzeria o allā estate imminente che vedrĆ tutti alle prese con ciambelle e creme solari.
MercoledƬ cāera stata la prima iniziativa pasquale, lāormai ventennale Via Crucis con gli ammalati allāinterno della Residenza sanitaria per anziani āMons. Prof. Antonino Messinaā, preceduto dalla consegna di un uovo di Pasqua. Condotti dal parroco don Marco Larosa, i volontari dellāassociazione, le operatrici della struttura e il coro āCosma Passalacquaā guidato dal Maestro Angela Luppino hanno ripercorso le tappe della Passione di GesĆ¹ in un luogo che richiama, in eguale misura, sofferenza e amore. Caterina e Iole si sono soffermate con la croce e con i cartelli delle stazioni accanto agli ospiti della struttura, disposti attorno al tavolo circolare della sala ricreativa, mentre si susseguivano le letture delle riflessioni, aventi come tema āPrima di tutto la vitaā.
La Via Crucis nella RSA tocca corde intime per ciĆ² che rappresenta e per la partecipazione degli anziani che ne seguono lo svolgimento con emozione, sia quando pregano e ascoltano, sia quando si uniscono commossi allāesecuzione dei canti della tradizione pasquale, tra i quali lo straziante āStava Maria dolenteā nellāintensa esecuzione di Noemi e Stefania.
āRadiciā a SantāEufemia dāAspromonte
SantāEufemia dāAspromonte ā āRadiciā
Grazie allāimpegno dellāAssociazione Culturale Tommaso Campanella āIl pensiero forte del Sudā, sabato scorso una troupe televisiva di Telemia ĆØ stata a SantāEufemia per realizzare alcune interviste e girare le riprese necessarie per confezionare una puntata della trasmissione āRadiciā, programma ideato e condotto da Pino Carella, che va in onda ogni giovedƬ sul canale 76 DTT alle ore 21.30 (repliche: venerdƬ ore 14.30 e domenica ore 16.30; in seguito, sarĆ inoltre visibile su YouTube).
Ā«Lāideatore del format ā si legge sul sito dellāemittente televisiva regionale ā illuminato dal lume della sua lanterna, va alla riscoperta delle piĆ¹ antiche tradizioni popolari, riportando a memoria, sapori, riti, usanze e costumi. Una rievocazione che spazia dallāenogastronomia agli antichi borghi, dalla musica popolare a fatti storici o leggendariĀ».
Tra gli altri intervenuti, anchāio ho dato con piacere la mia disponibilitĆ per due contributi di carattere storico, incentrati sulla rievocazione del ferimento di Garibaldi in Aspromonte e sul valore iconico del ponte della ferrovia.
A stasera!