Tanto bella quanto complicata. Anzi, bella proprio perché complicata la colonia estiva dell’Agape edizione 2016. Ma i latini, con il loro per aspera ad astra, sapevano già tutto e pazienza se questo dispettoso agosto ci ha fatto penare con le sue nuvole cariche di sconforto. Setacciare il positivo nelle situazioni di difficoltà è esercizio virtuoso che aiuta a capire come va il mondo, tutto il resto è questione di volontà e di fantasia.
Nel caleidoscopio delle emozioni regalate dai nostri otto specialissimi amici ci mettiamo le parole di M., disarmanti nella loro semplicità, profonde come soltanto possono essere quella pronunciate da chi vive in una dimensione altra rispetto a quella terra terra della nostra scontata quotidianità: «Non fa niente se oggi non siamo potuti andare al mare, l’importante è stare in compagnia». Lei, sollevata perché era stato soltanto un brutto sogno il litigio con una volontaria; lei che quest’anno forse non doveva esserci, eppure è stata ancora una volta tra di noi: con il suo “time out!” per fermare gli schizzi dell’acqua e con le danze davanti alla Wii-U o tra le onde del mare, ritmi latini che sanno di sole e di allegria, di pizzette e dolci che arrivano come per miracolo sulla spiaggia di Favazzina, perché l’amore tra vicini di ombrellone è contagioso. “Paparazzina”, dove tutto ha avuto inizio quasi due decenni fa e dove quest’anno siamo stati “costretti” a tornare. Posto delle fragole vociante di bambini oggi adulti per le strade del mondo, un album di visi sfumati nel ricordo e assenze dolorose che ciascuno custodisce nel petto come dentro un’urna sacra.
Giorni a scrutare il cielo tentando di interpretare il cielo minaccioso, un occhio verso l’alto e l’altro sul display alla ricerca degli aggiornamenti meteo più attendibili. O forse soltanto più incoraggianti. Come se un po’ di pioggia avesse potuto rovinare lo spettacolo straordinario che ad ogni estate si ripete. Un’apnea lunga una settimana che in chiusura fa dire a G.: «I giorni per me sono stati tutti uguali, anche quei due trascorsi a casa: non faccio differenze». Il nostro supereroe che non era mai andato sull’altalena, ma si è fidato di quattro braccia e finalmente ha provato. Una fiducia totale che non ha bisogno di parole, che fa incrinare la voce e vela gli occhi. D’altronde, se qualcuno lo sorregge da dietro pronto ad intervenire quando le sue gambe si afflosciano, G. riesce anche a calciare il pallone. Con la forza che ha. Con tutta la forza che ha. Un destro più potente dei siluri di Cristiano Ronaldo, altroché.
Il chiasso allegro dei viaggi sul pullman della felicità, limousine giocosa per la nostra “lady” vanitosa nei suoi bikini perfetti e nella ricerca di una spalla sulla quale appoggiare la testa in posa davanti alla fotocamera, ci conferma che festa è stata. Ed è già tempo di nostalgia, anche se siamo certi che “ancora un’altra estate arriverà” e che “la voglia di cantare tanto non ci passerà”. Come nel gran finale in piazza per i 25 anni dell’Agape, con una comunità che si stringe attorno all’associazione e scrive il suo pensiero sul libro dei ricordi, mentre una volontaria non fa niente per nascondere lacrime calde di emozione.