Il voto di Peppe

«Non ce l’ho fatta a non andare a votare». Peppe ha detto proprio così, a dispetto dell’oltre 50% di italiani che, invece, a non andare ce l’ha fatta benissimo. Un astensionismo sul quale occorrerebbe una seria riflessione, se soltanto a qualcuno importassero i motivi per i quali sempre più elettori disertano le urne.
Peppe, quasi novant’anni, sul tema ha sempre avuto idee chiare, maturate in anni di duro lavoro nelle campagne e di militanza nel partito comunista. Anche se, sottolinea, oggi comunisti non ce ne sono più: «Neanche io lo sono. Mio padre era un comunista vero, non io. Nonostante le battaglie». Quel padre che Peppe seguiva all’alba, zappa in spalla, attraversando il paese – che per comodità collochiamo in Aspromonte, anche se potrebbe trovarsi in qualsiasi angolo del Meridione – per raggiungere le campagne circostanti o addirittura i comuni vicini. Per una giornata di lavoro, a zappare o a “rampare”, quando l’inclemenza del tempo non costringeva la squadra di braccianti a fare rientro a casa, a mani vuote dopo un paio d’ore di cammino all’andata e altrettante al ritorno.
Peppe non gode di ottima salute. Fino a qualche anno fa, nel suo seggio, è stato sempre il primo a votare. Quando arrivavano presidente e scrutatori, lui li aspettava già all’ingresso. Un militante d’altri tempi, che credeva nell’Idea e nella possibilità di riscatto per mezzo della scheda deposta nell’urna: «Al Partito volevo bene come a mio padre».
Questa volta Peppe non ha votato per primo, perché al seggio hanno dovuto accompagnarlo. Stava talmente male che quasi stava per svenire. E allora, in quel preciso istante, si è compiuto il miracolo del buon senso e dell’umanità. I componenti del seggio e le forze dell’ordine si sono sostituiti alla cabina elettorale e hanno fatto da paravento con le proprie spalle, consentendogli così di votare nel corridoio, seduto sulla sedia: «Non votare, per me, sarebbe come non entrare in chiesa per un credente. Lo farò finché avrò la forza di respirare».
Il dopo-voto, come sempre, è stato un profluvio di dichiarazioni azzardate, che non tengono conto della questione principale: qualsiasi percentuale fotografa una realtà minoritaria, in una nazione nella quale vota meno della metà degli aventi diritto al voto. Parole “celebrative del nulla”, direbbe De André.
Su questo vuoto e sulla disillusione che allontana soprattutto i giovani dalla politica si staglia, invece, il profondo senso civico di Peppe, il quale ci ricorda con un solo gesto e con poche parole quanto grande sia stata la conquista di un diritto oggi snobbato. Un esempio, questo sì, da celebrare.

*In foto: “I funerali di Togliatti” (Renato Guttuso)

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