La notte che te ne sei andato, ti ho sognato. Eri con uno dei tuoi amici più cari: alcuni mesi fa vi avevo visti insieme: non guidavi più da molto tempo ormai, e lui ti portava in giro con la macchina. Per distrarti, o soltanto per starti vicino: senza il bisogno di tante parole, con il gesto silenzioso che è il dono dei veri amici. Allora pensai a quanto amore, a quanta attenzione, a quanta delicatezza contenga il sentimento dell’amicizia. Capace di bastarsi e di brillare nel buio più nero.
Nel sogno giocavate a biliardo nella sala dell’ex cinema, cosa che credo non abbiate mai fatto. Mi sei passato davanti e a me, che ti guardavo stupito, la tua amata sorella Sara ha detto: «Lo vedi, ora sta bene». Al risveglio, ho appreso la triste notizia.
Una coincidenza. Una coincidenza come quella che ti vede raggiungere, dopo appena due settimane, un altro tuo grande amico. Due coincidenze che però fanno riflettere sulla bellezza di questo sentimento. Avevi molti amici perché sapevi farti volere bene, perché nella compagnia avevi la battuta pronta, perché la tua presenza in questi troppo pochi anni è stata discreta ma sostanziale. Io stesso ho avuto modo di sperimentarlo, quando ti sei fatto fermare davanti al bar per salutarmi, alla fine di una mia spiacevole esperienza. Non potevi scendere dall’auto, non ce la facevi già: eppure, dal tuo calvario hai pensato a me. Avevi sofferto per me e ora eri felice per me.
Hai abbracciato la Croce e l’hai portata sulla cima del Golgota, con coraggio e dignità. Senza cedimenti. L’ha abbracciata con te tua moglie Maria, infaticabile: una lottatrice dal volto gentile anche mentre il mondo le stava crollando addosso, che ha dato a tutti noi una lezione su come si possano affrontare le tempeste della vita senza perdere la tenerezza. Senza lasciarsi andare allo sconforto; senza commiserarsi. L’ha abbracciata con te Rita. I suoi occhi grandi e neri non avrebbero dovuto assorbire tutta questa sofferenza: «C’era tutto un programma futuro/ che non abbiamo avverato». Chissà. Noi, stretti dalle corde dei nostri limiti umani, non possiamo decifrare gli imperscrutabili disegni di Dio. Cosa la sua matita ha disegnato e quale sia l’interpretazione degli schizzi sul foglio.
Sappiamo però che il dolore di questi anni ha avuto il suo luminoso contraltare in un amore altrettanto grande. Quello che ha tenuto avvinghiati in un unico abbraccio te, Maria e Rita. E con voi i vostri familiari: un battito solo, le ali spiegate al di sopra delle angosce quotidiane.
Ha scritto un Poeta: «La morte è la curva della strada, morire è solo non essere visto. Se ascolto, sento i tuoi passi esistere come io esisto».
La tua vita è volata via in fretta, ma ora tu sei lì, dietro la curva della strada. Chi ti ha voluto bene sentirà ancora i tuoi passi. La vita, nei momenti decisivi, sgrossa del superfluo e riduce all’essenziale. A ciò che conta veramente: l’amore di chi ci lascia, l’amore di chi resta.
Fai buon viaggio, Cosimo