Quale festa

Il primo maggio non è una festa.
Non è la festa di chi deve chinare la testa ed umiliarsi perché in qualche modo ha una famiglia da mantenere.
Non è la festa di chi vede calpestata la propria dignità sull’altare del cinismo: «Se non ti vanno bene queste condizioni, puoi restare a casa. Là fuori ce ne sono migliaia pronti ad accettare ciò che tu rifiuti».
Non è la festa di chi ha dovuto barattare, rinunciare, adattarsi perché “questo è il sistema”.
Non è la festa di chi è sottopagato e dequalificato.
Non è la festa di chi viene sfruttato sedici ore al giorno ed è costretto a vivere in una tendopoli.
Non è la festa di chi ha rinunciato a vivere, divorato dalla depressione nella prigione di casa. Demotivato e spento, in attesa del niente che gli riempia le giornate.
Non è la festa di chi non voleva andare eppure gli è toccato di andare.
Non è la festa di chi voleva andare eppure è dovuto rimanere.
Non è la festa dei genitori che utilizzano pacchi come ponti per accorciare la distanza dai figli.
Non è la festa di chi non poteva rivendicare le più elementari condizioni di sicurezza e sul posto di lavoro ci ha rimesso la vita.
Non è la festa di chi, ricoprendo ruoli di responsabilità, non riesce ad offrire a molti giovani un’alternativa alla delinquenza.
Il primo maggio non è una festa.
Il primo maggio è un monito.

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