Con la corrosiva ironia che lo contraddistingueva, Leo Longanesi metteva a nudo l’endemico familismo italico sostenendo che sul tricolore andrebbe stampato il motto “tengo famiglia”. Eppure, un limite alla sfrontatezza non guasterebbe. Quando Fabrizio Cicchitto indica nel Pdl l’estremo baluardo della democrazia italiana contro l’ingerenza e lo strapotere della magistratura politicizzata, che “vuole sovvertire il voto popolare”, calpesta Montesquieu e oltre 250 anni di civiltà giuridica fondata sul principio della separazione dei poteri, non sul consenso elettorale inteso come diritto all’impunità. Da questo punto di vista, anche l’ultima uscita di Berlusconi sulla necessità di riformare la Corte costituzionale perché “boccia leggi giuste” rappresenta l’ennesimo affondo contro un organo dello Stato, oltre che il sintomo dell’allergia per quel sistema istituzionale di checks and balances che sta alla base delle democrazie contemporanee. Sull’incoerenza logorroica di Daniele Capezzone esiste ormai una sconfinata letteratura: il confronto tra le dichiarazioni rese dall’ex pupillo di Marco Pannella prima che diventasse portavoce del Pdl e quelle oltranziste a difesa del premier è davvero sconcertante (per usare un aggettivo molto gradito dall’ex enfant prodige radicale). Per non dire dell’acqua che deve essere passata sotto i ponti da quando Daniela Santanchè affermava che il Cavaliere “non ha rispetto per le donne” e le concepisce “solo orizzontali, mai verticali”. È passata molta acqua e pure qualche poltrona visto che, da sottosegretario con delega all’attuazione del programma di governo, la signora più glamour della politica italiana è diventata la più devota e ascoltata consigliera del premier, una specie di Giuliano Ferrara in gonnella e randello. Dopo la battaglia condotta contro Fini per la vicenda della casa di Montecarlo e la promessa di un posticino al governo per il suo partito (e, si intuisce, un paio di candidature alle prossime elezioni), persino Francesco Storace, di recente, si è prodotto in una difesa del premier imbarazzante, che lascia intendere come neanche la destra dura e pura trovi scandaloso derogare ai suoi tanto decantati valori.
Non penso che l’indignazione sia un sentimento snob e radical-chic. Non credo neanche che ci troviamo di fronte a due mondi antropologicamente diversi. La triste parabola dei parlamentari di Futuro e libertà che con la coda tra le gambe stanno facendo rientro all’ovile, dopo essersi accorti che la spallata di Fini non ha avuto l’effetto immaginato, dimostra proprio quanto l’opportunismo prevalga su ogni altra considerazione.
Ha ragione Roberto Vecchioni, fresco vincitore del festival di Sanremo: “questa notte dovrà pur finire”. Che poi è il convincimento (“ha da passa’ ’a nuttata”) di Gennaro Jovine/Eduardo De Filippo in “Napoli milionaria”, di fronte allo sfascio etico dell’umanità sopravvissuta agli orrori e alla miseria della seconda guerra mondiale. Aspettando che passi la nottata, teniamoci stretta e difendiamo la Costituzione repubblicana: se in tutti questi anni l’Italia ha retto e non è diventata una repubblica sudamericana o la Russia putiniana, grande merito va alla Carta scritta dai nostri Padri costituenti.
penso che l'alba si intraveda all'orizzonte….arriverà il tempo di rimboccarsi le maniche.
Le parole di Pietro Calamandrei sulla Costituzione italiana andrebbero fatte ascoltare a tutti: "Se volete, o giovani, onorare questa Carta, visitate, col pensiero, i monti e le valli dove i partigiani han dato la loro vita per la vostra libertà, e capirete chè è quanto di più prezioso abbiamo". Che differenza con questi quattro affaristi: allora non avrebbero trovato posto nemmeno per lavare scale, altro che dentro il Parlamento.