Ci hanno insegnato che tutti gli –ismi sono la degenerazione di idee buone. A parte il fatto che una simile affermazione è opinabile, è giustizialismo – quindi negazione della giustizia – indignarsi per quanto sta accadendo a Reggio Calabria e, più in generale, in Calabria?
Un altro facile e diffuso luogo comune accusa la magistratura di invadere lo “spazio” della politica e di fare, essa stessa, politica. Un’azione eversiva, al servizio di non meglio precisati “poteri forti”, contro l’ordine costituito, quello che una malintesa idea di democrazia considera legittimato a qualsiasi porcheria dal consenso popolare, che viene così caricato di un significato etico e populista contrario ad ogni principio democratico. Invece è vero il contrario. La magistratura occupa uno spazio vuoto, lasciato incustodito da partiti che non sono capaci di selezionare una classe politica degna di questo nome, e da una società civile tenuta al guinzaglio dal padrone di turno, oggi come 150 anni fa.
Il problema è uno solo e racchiude tutti gli altri. Se di notte tutte le vacche sono nere, se il magistrato è uguale all’avvocato, che è uguale al politico, che è uguale allo ’ndranghetista, che è uguale all’imprenditore, che è uguale al poveraccio che non sa come arrivare a fine mese nella regione più povera d’Italia; se tutto è uguale e immutabile, vinceranno sempre “loro”. Possono arrestarne 100 al giorno. Vinceranno sempre “loro”, perché ridurre tutto a una questione di ordine pubblico fa soltanto comodo a chi si sciacqua la bocca con l’antimafia da salotto e da convegno, con l’antipolitica, con le banalità qualunquiste. Perché qua – Calabria 2011 – questo sta succedendo. Che non si capisce più chi sta con chi. E per spiegarcelo, deve scendere un giudice da Milano.
Joe Sarnataro & Blue Stuff, Nisciuno! (dall’album E’ asciuto pazzo ‘o padrone, 1992). Venti anni dopo, le parole scritte da Edoardo Bennato per Napoli sono ancora attuali.