Passeggiando in bicicletta

In due giorni ha superato le 30.000 visualizzazioni il video lanciato dal sito online di Repubblica che spiega come negli anni Settanta un vasto movimento di opinione pubblica riuscì a cambiare le politiche urbanistiche e dei trasporti dell’Olanda. L’onda emotiva degli “omicidi da traffico” (3.300 vittime nel 1971, tra cui 400 bambini) causati dalla motorizzazione di massa del decennio precedente e la crisi petrolifera del 1973 favorirono le politiche a sostegno dell’uso della bicicletta e proprio grazie all’impulso della società civile furono realizzate le prime piste ciclabili.
Il mini-documentario rientra tra gli strumenti di propaganda dei promotori della campagna di sensibilizzazione per avere città a misura di bici (“Cities fit for cycling”) iniziata una ventina di giorni fa a Londra, dopo l’incidente che ha mandato in coma una giornalista del Times, travolta da un camion mentre pedalava. Dall’Inghilterra, che ha pianto 1.275 ciclisti negli ultimi dieci anni, l’iniziativa si è rapidamente diffusa nel continente e, rilanciata da un gruppo di blogger, ha raccolto in Italia già oltre 20.000 adesioni. Alcuni punti del manifesto del movimento “Salva i ciclisti” – sottoscritto anche da qualche sindaco, tra cui Giuliano Pisapia – sono stati ora incardinati in un disegno di legge (“Interventi per lo sviluppo e la tutela della mobilità ciclistica”) presentato dal senatore del Pd Francesco Ferrante e sottoscritto da altri sessanta parlamentari, appartenenti trasversalmente a tutti gli schieramenti politici, ad esclusione della Lega.
La finalità della legge, fissata nell’articolo 1, è quella di “favorire la cultura del rispetto delle regole della circolazione stradale, dando maggiore tutela a chi utilizza la mobilità ciclistica, nonché ad incentivare e sviluppare l’uso della mobilità ciclistica”. Per raggiungere lo scopo, la legge prevede, tra l’altro, “la destinazione della quota del 2% del budget delle società dei gestori stradali e autostradali per la realizzazione di piste ciclabili” (art. 5), “l’obbligo del limite di 30 km/h di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili” (art. 7), la possibilità, per le aziende private o pubbliche e per le persone fisiche, di sponsorizzare “la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili anche attraverso l’attività di gestione di noleggi biciclette nelle suddette aree” (art. 8). Viene così riconosciuto il valore sociale della mobilità ciclistica, “parte integrante della moderna mobilità quotidiana”, ma anche “soluzione efficace e a impatto zero per gli spostamenti cittadini personali su mezzo privato”, da tutelare con provvedimenti che garantiscano una crescente sicurezza stradale.

[Un recente manifesto affisso a Londra e segnalatomi da Mario]

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