La vita non è una competizione in cui a volte si vince, altre si perde.
Non c’è l’inno nazionale, alla fine, e neanche la medaglia e il bouquet di fiori.
Non si va dietro la lavagna, né si indossa il cappello con le orecchie d’asino.
Però è dappertutto, anche in ciò che mortifichiamo con un banale “questa non è vita”. E invece no. Proprio quella, lo è.
Tutto è vita e tutto è un soffio. Quanto ci mette un soffio a svanire, a non lasciare niente di sé?
Soltanto utilizzando la lente della caducità, ogni cosa assume contorni reali ed essenziali. Non è rassegnazione, né passiva attesa del fluire naturale del tempo. È un cribro da agitare con saggezza, per setacciare ciò che davvero ha importanza e ciò che, invece, soltanto abbaglia, distrae, inganna.
Uomini e cose, fatti e pensieri.
Stare bene, con noi stessi e con gli altri, con quanti più “altri” sia possibile, visto che anche a Gesù – che era Gesù – uno su dodici fagliò. Ovunque: nell’abbraccio delle metropoli, confinati in qualche periferia del mondo, sonnecchianti nella noia di quattro case e un forno.
Non esiste altra ricetta per la felicità. Se si vuole, è l’uovo di Colombo. Spesso inseguiamo miraggi utili soltanto per pompare il nostro ego, che non riescono però a riscaldare. Neanche un po’.
Si arriva ad un punto, nella vita, in cui non sai davvero cosa sia giusto fare, in cui le scelte non riguardano solo te ma anche chi verrà in futuro, in cui ti chiedi se una tua decisione potrà avere un giorno delle ripercussioni su altri oltre che su te stesso. Ti senti carico di responsabilità; ti senti in colpa verso chi ha fatto dei sacrifici per darti la possibilità di scegliere; ti senti in colpa verso te stesso perché ti procuri da solo una stupida sofferenza, che non ha senso, che porta solo insoddisfazione e non ti permette di fare le cose per bene; ti senti in colpa verso gli amici (che non sono 12, a Gesù è andata bene tutto sommato), costretti a sopportare le tue lamentele continue e magari accusati di non capire il tuo stato d'animo, quando il primo a non capirlo sei tu. In questo periodo penso spesso alla storia dei Malavoglia… E se per fare delle scelte migliori si finisce naufraghi e non c'è "Provvidenza" che tenga? In questi casi i pensieri sono tanti. E confusi. Forse inutilmente. Si vede tutto immenso quando si è appena diventati davvero adulti, si pensano cose che prima non erano minimamente contemplate. Forse ci vorrebbe qualcuno pronto a dire: devi fare così! In maniera tale da potersela prendere con lui se poi la scelta è sbagliata. Forse è il coraggio di scegliere che manca. O forse arriverà da solo, piano piano. Perché in fondo la scelta il cuore l'ha presa già e la testa ha paura di affrontarla. Ed è una cosa irrazionale… Ma se la paura fosse razionale nessuno la proverebbe…
Giusto Domenico tutto è vita…anche un soffio lieve di una piuma, la caducità è una nostra personale forma di interpretarla…dobbiamo dimenticare , dobbiamo ricordare ? Sempre , tutto?
@nella sto rivalutando l'atarassia come approccio alla vita.
In ogni caso, penso che non dobbiamo dimenticare nulla e che è bene ricordare tutto. Però ogni cosa, ogni persona, ogni sentimento anche, vanno considerati con razionalità: tutto ha un inizio e tutto ha una fine. O quanto meno bisogna metterlo in conto. Ogni cosa è fondamentale e di ogni cosa si può fare a meno. Per il resto, bisogna soltanto trovare un modo per riempire il tempo che ci è dato, possibilmente senza fare del male a nessuno e cercando di stare in pace con se stessi e con gli altri.
Capire cosa è veramente importante, il viaggio più che la meta, il dettaglio del quadro più della tela intera. La vita è davvero un'esperienza straordinaria, da consigliare a tutti!